Lucio Piccolo (1901-1969) era un poeta siciliano tra i più raffinati e arcani, il cui gioco sottile delle parole a volte stenta d'essere compreso. Cugino di Tomasi di Lampedusa trascorreva il proprio tempo nella dimora di Capo d'Orlando.
Di lui pubblichiamo due poesie che fanno parte della raccolta Canti Barocchi, che come dice lo stesso titolo hanno una struttura e una forma linguistica del tutto articolata e sovrabbondante.
Mobile universo di folate
Mobile universo di folate
di raggi, d’ore senza colore, di perenni
transiti, di sfarzo
di nubi: un attimo ed ecco mutate
splendon le forme, ondeggiar millenni.
E l’arco della porta bassa e il gradino liso
di troppi inverni, favola sono nell’improvviso
raggiare del sole di marzo.
Scirocco
E sovra i monti, lontano sugli orizzonti
è lunga striscia color zafferano:
irrompe la torma moresca dei venti,
d’assalto prende le porte grandi
gli osservatori sui tetti di smalto,
batte alle facciate da mezzogiorno,
agita cortine scarlatte, pennoni sanguigni, aquiloni,
schiarite apre azzurre, cupole, forme sognate,
i pergolati scuote, le tegole vive
ove acqua di sorgive posa in orci iridati,
polloni brucia, di virgulti fa sterpi,
in tromba cangia androni,
piomba su le crescenze incerte
dei giardini, ghermisce le foglie deserte
e i gelsomini puerili – poi vien più mite
batte tamburini; fiocchi, nastri…
Ma quando ad occidente chiude l’ale
d’incendio il selvaggio pontificale
e l’ultima gora rossa si sfalda
d’ogni lato sale la notte calda in agguato.
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