Finalmente il grande George Romero giunge al Festival di Venezia con il nuovo film Survival of the Dead, affermando la sua supremazia sull’argomento dei Morti Viventi. Confermando l’indiscussa preminenza nel gestire delle creature che oltre il loro biascicante passo si muove un’idea di critica e terrificante metafora sulla società americana.
Preferendo questa volta un make-up molto più asciutto e una fotografia più realistica, si spinge con decisione verso una precisa e lucida concatenazione d’intuizioni. Restando inamovibile il suo stile compenetrante, nonostante un badget non formidabile, e dei limiti superati con l’ingegno. Una delle intuizioni riguarda l’ambiente in cui si svolge il film: un’isola circondata dal mare, quindi, possibile ostacolo contro il male, gremita da umani che si rivelano orridi più degli stessi mostri. Dando per alcuni versi uno spazio maggiore agli umani, per far crollare le certezze fintamente abbaglianti rispetto la realtà dei Morti Viventi. Tutto entro un’ambientazione che vuole esplicitamente fare l’occhiolino ai western, con personaggi costruiti intorno alla loro stessa virilità che non prescinde da una rudezza cieca. Ri-velando senza filtro alcuno la corruttibilità della natura umana e l’alto egoismo sempre presente nel tessuto sociale.
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