Femminista ante litteram, Suor Juana Inés de la Cruz nasce nei pressi di Città del Messico nel 1648. Figlia illegittima, dedica la sua vita alla letteratura ed allo studio in genere, trovando l'ideale nella vita del convento che, pur affrontato con serietà e dedizione religiosa, è la scelta strategica che gli consente un "libertinaggio" letterario altrimenti negatole in quanto donna.
Si rammarica della sorte, confessa la sua avversione per i vizi e spiega la sua attrazione per le Muse
A tormentarmi, mondo, hai interesse?
In che ti offendo, quando solo tento
di dar bellezze al mio intendimento,
e no il mio intendimento alle bellezze?
Io non stimo tesori né ricchezze;
sicché sempre è maggiore il mio contento
se do ricchezze al mio intendimento
e no il mio intendimento alle ricchezze.
E non stimo avvenenza che, asservita,
sia una spoglia civile delle età,
né ricchezza mi abbaglia malgradita,
prediligendo, in ogni verità,
consumar vanità della mia vita
a consumar la vita in vanità.
Prosegue con lo stesso tema, e sentenzia che deve prevalere la ragione sul piacere
l'amante che mi segue, lascio ingrata;
costante adoro chi il mio amor maltratta;
maltratto chi il mio amor cerca costante.
Chi tratto con amor, per me è diamante,
e son diamante a chi in amor mi tratta;
voglio veder trionfante chi mi ammazza,
e ammazzo chi mi vuol veder trionfante.
Soffre il mio desiderio, se a uno cedo;
se l'altro imploro, il mio puntiglio oltraggio:
in ambi i modi infelice io mi vedo.
Ma per mio buon profitto ognor mi ingaggio
a esser, di chi non amo, schivo arredo,
e mai, di chi non mi ama, vile ostaggio.
Entrambe le poesie sono tratte da: M. Canfield (a cura di), Poesia straniera. Spagnola e Ispanoamericana, Gruppo editoriale L'Espresso S.p.A., Roma, 2004, (supplemento al quotidiano «La Repubblica»), traduzione A. Morino.
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