Ho appena terminato la lettura del monumentale volume (758 pagine, compresi gli appendici) che Adelphi ha dedicato a (quasi tutti) i racconti di Vladimir Nabokov, dal titolo Una bellezza russa e altri racconti. Non è questa la sede - né io sarei all'altezza - per un'analisi sulla produzione narrativa breve di un "gigante" come Nabokov.
È evidente come lo scrittore russo naturalizzato americano, oltre ad essere un prestigiatore della parola, usava i racconti come officina di sperimentazione. Alla maniera di Pirandello (ch'egli amava) sperimentava tecniche ed effetti: una sorta di palestra.
Nel racconto L'aureliano c'è l'atmosfera immota e stantia di alcuni dei perdenti di Simenon, in particolare de Il piccolo orologiaio di Archangelsk, e il desiderio di evasione de L'uomo che guardava passare i treni; entrambi i romanzi scritti dall'autore belga oltre dieci anni dopo il racconto di Nabokov. In Terrore, v'è anticipata La nausea di Sartre. Lo stesso Nabokov ne parla: «precedette di almeno una dozzina d'anni La Nausée di Sartre, con cui condivide certe sfumature di pensiero, ma nessuno dei difetti fatali di quel romanzo».
«[...] non avevo in mente nessuno "scopo" quando scrivevo racconti - li scrivevo per me stesso, per mia moglie, per una mezza dozzina di cari amici defunti e ridacchianti.»
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