Che il quotidiano della famiglia Berlusconi «Il Giornale» non brilli per autorevolezza e buone maniere sen'erano accorti tutti prima ancora della disastrosa direzione (direzione?) di Feltri. Quella che si è resa protagonista della vergognosa vicenda Boffo e di reiterate altre che ad enumerarle si perderebbe il conto e ci porterebbero sulle sabbie mobili della politica. Ma quello che Massimo Bertarelli ha osato scrivere sul quotidiano (che fu una creatura di Montanelli) il 14 gennaio supera anche le più nere previsioni. Con l'articolo Arriva «Nine» ma «8 e 1/2» era una barba, il nostro irride il capolavoro di Fellini definendolo «un guazzabuglio della memoria in cui si salvano solo i costumi», così come irride due dei più autorevoli critici italiani, Mereghetti e Morandini, rei di avere lodato un film «noiosissimo».
Che possa trovarlo noioso passi, è un'opinione personale, ma che possa sorprendersi dell'appellativo di capolavoro che chiunque scrive di cinema (capendoci qualcosa) ha adoperato, è difficile accettarlo. Che poi faccia passare Mereghetti e Morandini come i prototipi di critici di sinistra che lodano volontariamente il film più noioso per darsi arie di intellettuali («Più il popolo bue sbadiglia, più loro vanno in estasi») denota profonde lacune cinematografiche. Ma Bertarelli non si ferma qui e riassume la trama del film a beneficio di quanti «si sono assopiti dopo la primissima scena» e conclude con: «Rob de matt, direbbero a Milano. Infatti se l'avessero proposto Carlo Vattelapesca o Giovanni Chissacchì, avrebbero chiamato subito la Croce Verde, figurarsi invece un soggetto siglato Fellini, con la complicità di Ennio Flaiano».
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