L’evento teatrale si basa su due elementi principali che sono l’attore e lo spettatore e più precisamente sulla relazione che li lega: la relazione teatrale. Dunque si fa coincidere il fenomeno teatrale con un genere letterario che è la drammaturgia, in quanto si considera il teatro più da un punto di vista dell’istituto sociale rinchiuso nell’ambito di un ristretto edificio: la gradinata, la massa del pubblico, uno spazio, una narrazione, gli attori. Il regista, lo scenografo e così via, tutte forme di teatro occidentale che fonda le sue origini nel teatro classico dell'Atene del V secolo a.C.
Ma in realtà il concetto di teatro può comprendere non solo gli aspetti espressivi, linguistici e culturali del fenomeno, ma anche quelli sociali e organizzativi: una grande festa collettiva. Presso molti popoli, prevalentemente presso quelli agricoli, le manifestazioni teatrali sono legate al ricorso dei cicli stagionali. Questa connessione assume un chiaro significativo rituale e propiziatorio, la rappresentazione che celebra il rinnovarsi del ciclo alla cui regolarità è legata la sopravvivenza della comunità.
Presso i Nahuatl, un popolo oggi estinto dell’America centrale, il ritorno dell’estate era celebrato con uno spettacolo che rappresentava e propiziava il rinnovarsi della fertilità: al centro del villaggio veniva piantato un palo alto quindici metri, sulla cui sommità era posta l’immagine colorata del dio della fertilità, e sotto, in una piattaforma stavano due ragazzi legati ad una corda avvolta al palo. Nello spiazzo sottostante si svolgeva una frenetica danza condotta da sette uomini, una parte dei quali vestiti da donna. Ad un tratto la danza si interrompeva e due giovani si gettavano nel vuoto per scendere con acrobatica lentezza fino a terra dove la danza riprendeva gioiosa: la fertilità era tornata dei campi.
Non sono solo i popoli agricoltori a legare al ricorso stagionale le loro manifestazioni spettacolari, lo fanno anche i popoli cacciatori che celebrano la fine della lunga notte polare, come ad esempio gli Eschimesi in cui tramite un narratore gli attori agiscono mimicamente insieme ad un coro femminile.
La periodicità delle feste teatrali può essere legata ad altri ricorsi, gli Yamana, popolazione autoctona della Terra del Fuoco anch’essa estinta, allestivano i loro spettacoli in occasione delle feste di iniziazione della gioventù, ma essendo pescatori dispersi in piccoli nuclei familiari, gli incontri erano rarissimi e casuali.
Per i pigmei Barbuti, abitanti del Congo, al contrario il gioco teatrale era una forma di intrattenimento quotidiano, con cui esprimevano il piacere di stare insieme. I pigmei del Gabon invece ricordavano i morti riproducendo mimicamente i fatti salienti della loro vita. E non si trattava di una commemorazione, quanto del bisogno di restituire al presente ciò che può sembrare passato. Per molti popoli, infatti, il teatro era uno strumento per collegare i diversi momenti della vita, per abolire la distinzione tra passato, presente e futuro, che coinvolgeva la storia e il destino del gruppo a cui l’individuo apparteneva. Così se da un lato gli Aranda dell’Australia centrale, dipingendosi il corpo ed adornandosi con copricapo e compiendo un’azione mimica si identificavano con gli eroi del sogno, gli esseri mitici; dall’altro i pigmei del Gabon e quelli Kivupy (altra popolazione del Gabon) prefiguravano in un’azione mimica e naturalistica attraverso la caccia all’elefante o al sole. Le prospettive delle due esperienze erano tra loro molto diverse; gli Aranda intendevano raggiungere con l’azione teatrale la sfuggente dimensione del sogno; una delle funzioni primarie del teatro australiano è quella di trasmettere agli iniziandi sia il patrimonio mitologico, sia le norme del comportamento morale: presso i Kulin, popolazione australiana, nel corso di cerimonie di iniziazione, gli anziani mostrano agli iniziandi cosa potranno o non potranno fare nel corso della loro vita. I pigmei invece sono i maestri dell’imitazione sia fonica che mimica degli animali: l’anziano mostra al giovane come si comportano gli animali e come sono fatte le piante con un’azione mimica dettagliata e molto complessa. Questi riti possono avere sia una durata breve che a cicli di molti anni con tre momenti essenziali: le prove fisiche e psichiche, la manifestazione degli spiriti e la rivelazione. Quando il teatro non è connesso a cerimonie di iniziazione, esso può svolgersi nel villaggio con gli spettatori che fungono da coro. Non mancano neppure le rappresentazioni in ambienti chiusi allestite nella casa del capo il quale personifica diversi spiriti, in altri casi l’unico interprete può essere lo sciamano il quale tende verso una vera e propria immedesimazione, uno sdoppiamento della personalità, limite estremo tra personaggio e attore.
Anche la danza è molto rappresentativa soprattutto tra i Bororo, gruppo etnico del Brasile, in cui i danzatori-attori coperti di foglie si esibivano in due quadriglie una di fronte all’altra correndosi incontro, successivamente si inserivano le donne a cui non era concesso il possesso e l’uso delle maschere in quanto strumento di potere. Nelle regioni interne della Costa d’Avorio esiste ancora oggi un villaggio abitato esclusivamente da donne. Le giovani che vengono accolte nella comunità femminile partecipano da protagoniste ad un rito-spettacolo cui sono ammessi anche i turisti. Il rito consiste in una danza circolare in cui si scuote ripetutamente la testa fino a perdere i riferimenti spaziali, in quella dimensione di mezzo sogno le giovani ricevono le forze magiche che potranno usare per indovinare o per guarire.
Queste forme teatrali danno una diversa prospettiva del teatro, non è lo spettatore che osserva un’azione e la decifra attribuendole dei significati, ma ci si trova davanti ad una prospettiva soggettiva, nel punto di vista dell’attore, di colui che compie l’azione. Nel momento in cui l’individuo diviene altro da sé, egli è anche più libero, più sé stesso, e questo rappresenta anche il grande problema del teatro occidentale, l’attore come soggetto e oggetto.
Il teatro dei primitivi non rappresenta l’origine del teatro, ma forme diverse da esso che ci permettono di comprendere patrimoni di cultura e di umanità lontane dalle nostre, che esercitano il teatro per esercitare la vita, per affermarsi come individuo, in un rapporto con gli altri e con la divinità.
Cristina Dipietro
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