Il Sole a raggi X
Uno degli ambiti astronomici meno conosciuti eppure fondamentale per lo studio del cosmo è l’astronomia a raggi X, chiamata così perché opera nella banda dello spettro elettromagnetico compresa tra i 10 e i 0,01 nanometri: quella dei raggi X appunto. Questo settore ha conosciuto il meritato risalto grazie a due astronomi italiani noti come il “nonno e il padre dell’astronomia a raggi X”: stiamo parlando di Bruno Rossi e Riccardo Giacconi, loro è il merito di aver avviato questo fondamentale settore di ricerca che tutt’oggi mostra grandi sorprese.
Le emissioni di raggi X dallo spazio permettono di interpretare il comportamento della materia in certe condizioni, ottenendo così informazioni indirette sugli oggetti. Rilevando questa radiazione è possibile osservare il comportamento di molti oggetti “esotici” dello spazio come: pulsar, stelle di neutroni, buchi neri, lampi gamma, galassie attive, ma anche indagare l’origine dell’universo attraverso la radiazione X di fondo.
La scoperta dei raggi X risale al 1895 quando Wilhelm Röntgen compiendo esperimenti col tubo di Crookes* notò che tutte le volte che accendeva lo strumento lo schermo fluorescente posto vicino si illuminava: l’episodio evidentemente era legato a dei raggi provenienti dal tubo! Dopo aver eseguito altre prove Röntgen comprese l’esistenza di una radiazione invisibile in grado di attraversare gli oggetti; utilizzando successivamente una pellicola fotografica poté eseguire la prima radiografia di una mano meritando pochi anni dopo il premio Nobel. Studi successivi mostrarono come i raggi X fossero una radiazione elettromagnetica con lunghezze d’onda molto piccole, in grado anche di “fotografare” indirettamente gli atomi di un cristallo di solfato. Ma oltre alle applicazioni nel campo della chimica e della fisica, essi potevano avere una grande importanza nello studio dei fenomeni astronomici.
Nel 1949 riutilizzando un razzo V2 tedesco, un team di americani scoprì emissioni di raggi X dal Sole in grado di interagire con la ionosfera terrestre (e di disturbare le comunicazioni radio). Nel 1962 utilizzando un razzo perfezionato, Bruno Rossi e Riccardo Giacconi scoprirono per la prima volta che dei raggi X avevano una provenienza cosmica e venivano interamente assorbiti dall’atmosfera terrestre. Questa scoperta destò molto scalpore perché apriva la strada all’osservazione di molti oggetti del profondo cielo dapprima solo ipotizzati.
I primi oggetti X scoperti con queste osservazioni emettevano mille volte più energia che nel visibile, il contrario del Sole. Inizialmente si pensò che l’energia X fosse prodotta termicamente, ma per avere i 10 milioni di gradi necessari per produrre raggi X termici, una stella doveva avere un diametro di 10 Km circa: ossia un diametro estremamente piccolo e dunque anomalo per una stella! Tuttavia negli anni trenta due scienziati avevano ipotizzato l’esistenza di stelle che dopo essere esplose come supernovae espellevano gli strati esterni mantenendo un piccolo nucleo di neutroni. Il riscontro a tale teoria avvenne nel 1966 con Scorpio X-1, una sorgente X che possedeva anche una controparte ottica blu e presentava delle variazioni di luminosità. In pratica si trattava di una coppia di oggetti, una stella blu e una stella di neutroni: quest’ultima a causa della sua enorme massa strappava materia emettendo raggi X. La stella blu invece ruotando attorno alla stella di neutroni determinava le variazioni di luminosità.
Nel 1967 Jocelyn Bell e Antony Hewish scoprirono un oggetto che emetteva impulsi radio con regolarità. A parte l’ipotesi iniziale ventilata da una parte della stampa, ossia di impulsi di origine extraterrestre, si pensò più seriamente alla possibilità che si trattasse di una stella di neutroni in rapida rotazione e che l’energia emessa, essendo collegata alla sua rotazione, col passare del tempo avrebbe mostrato un rallentamento: le previsioni infatti furono confermate da successive osservazioni. L’emissione di raggi X provenienti da questo nuovo oggetto celeste che verrà poi chiamato Pulsar, sono determinati dalla presenza di un elevatissimo campo magnetico che strappa neutroni dalla superficie dell’oggetto e li accelera producendo fasci intermittenti di raggi X.
Nel 1967 Jocelyn Bell e Antony Hewish scoprirono un oggetto che emetteva impulsi radio con regolarità. A parte l’ipotesi iniziale ventilata da una parte della stampa, ossia di impulsi di origine extraterrestre, si pensò più seriamente alla possibilità che si trattasse di una stella di neutroni in rapida rotazione e che l’energia emessa, essendo collegata alla sua rotazione, col passare del tempo avrebbe mostrato un rallentamento: le previsioni infatti furono confermate da successive osservazioni. L’emissione di raggi X provenienti da questo nuovo oggetto celeste che verrà poi chiamato Pulsar, sono determinati dalla presenza di un elevatissimo campo magnetico che strappa neutroni dalla superficie dell’oggetto e li accelera producendo fasci intermittenti di raggi X.
Nel 1970 Rossi e Giacconi organizzano il lancio (da una base italiana) del satellite Uhuru, il primo satellite interamente dedicato all’astronomia X. Tra le molteplici sorgenti X Uhuru individuò un oggetto, Cygnus X-1. Di questo oggetto venne individuata la controparte ottica ma anche una variabilità non regolare delle emissioni X. Non appartenendo a nessun altro tipo di oggetto conosciuto si pensò d’aver scoperto per la prima volta un buco nero. I buchi neri erano stati ipotizzati già dal ‘700 e poi studiati con maggiore interesse grazie alle implicazioni possibili della teoria della Relatività, molti li consideravano una mera teoria astronomica in mancanza di strumenti per osservarli; di essi si sapeva che potevano risucchiare la materia circostante e persino la luce, rendendoli degli oggetti “neri” e quindi invisibili. Tuttavia alcuni teorici russi pensavano che la materia cadendo verso il buco nero potesse emettere raggi X termici in maniera discontinua a causa del riscaldamento della materia in caduta, e che essi quindi potevano sfuggire alla gravità del buco nero. Grazie ai dati di Uhuru questa ipotesi straordinaria venne avvalorata: Cygnus X-1 era un buco nero che strappava materia da una stella vicina emettendo raggi X irregolari, segno che in quel punto c’era proprio un buco nero!
Cygnus X-1.
Dopo anni di studi e progetti, Giacconi riuscì a mettere in orbita il primo telescopio a raggi X denominato Einstein. La tecnologia era davvero innovativa e anche la disposizione degli specchi al suo interno non era come quella dei normali telescopi a causa del piccolo angolo di incidenza di cui hanno bisogno i raggi X per essere riflessi e non assorbiti. Il telescopio Einstein oltre ad aver osservato il cielo come mai prima di allora, riuscì a “vedere” anche la radiazione di fondo X, ossia quella radiazione ancora presente nell’universo dal big bang. Da allora sono seguiti molti altri telescopi a raggi X come il BeppoSax, che ha osservato raggi X provenienti dai Gamma Ray Burst**, Chandra che ha osservato direttamente la presenza di materia oscura in alcune regioni dello spazio, oppure il ROSAT che ha scoperto emissioni X persino dalle comete.
L'ammasso di galassie Bullet ripreso da Hubble e Chandra.
Il futuro dell’astronomia X, dopo in passi da gigante degli ultimi anni verte nell’osservazione del più grande dei misteri dell’astronomia, quello della materia oscura, materia che non emette in nessun campo dello spettro elettromagnetico e che può essere rivelata solo attraverso la sua influenza gravitazionale sugli oggetti circostanti. Tuttavia esistono delle emissioni X legate all’azione gravitazionale della materia oscura. Con questo principio nel 2006 è stata fotografata per la prima volta la materia oscura dell’ammasso di galassie Bullet. Unendo le riprese del telescopio Hubble (nel visuale) e di Chandra (raggi X) si è ottenuta un’immagine che mostra col colore rosa la materia barionica (quella conosciuta) e in blu quella oscura. E’ un inizio che fa ben sperare anche perché la posta in palio è davvero alta, la materia oscura probabilmente riempie il 90% dell’Universo: significa che oggi le nostre conoscenze fisiche sono una minima parte di ciò che esiste nel cosmo.
* Il tubo di Crookes è un tubo sotto vuoto su cui in cui vi è inserito un catodo (di carica positiva) e un anodo (di carica negativa). Facendo passare dell’energia elettrica gli atomi nell’anodo schizzano verso il catodo generando un raggio catodico progenitore della TV a tubo catodico.
** I Gamma Ray Burst o GRB, sono dei lampi gamma fortemente energetici della durata variabile di frazioni di secondo sino a qualche minuto. Essi provengono dalle regioni remote dell’Universo (ossia a miliardi di anni luce dalla Terra) e ad oggi costituiscono un mistero perché poco si conosce riguardo la loro origine e la loro formazione.
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