Prima che questo deprimente 2010 ci lasci, e si porti via, si spera, almeno un po’ di crisi economica, politica, morale e culturale, è doveroso ricordare un capolavoro che quest’anno festeggia quarant’anni. Era il 1970, infatti, quando usciva Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, coronamento della felicissima carriera cinematografica di Elio Petri.
Studenti che “occupano” il Colosseo, la torre di Pisa, la mole Antonelliana, ricercatori universitari sui tetti: i tempi che viviamo hanno una preoccupante assonanza col passato, e lo stato non sembra essere molto differente da quello che con precisione, non priva di connotazioni grottesche (alle quali Sorrentino ha sicuramente attinto per Il Divo) Elio Petri, con la collaborazione del sempre ottimo Gian Maria Volontè, incide sulla pellicola.
Una miriade di premi vinti: il premio speciale della giuria al Festival di Cannes, David di Donatello per il miglior film, un Nastro d’argento per la migliore regia, tre premi a Volontè (David, Nastro e Grolla d’oro) e l’Oscar come miglior film straniero. Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto rimane uno dei maggiori film impegnati politicamente mai realizzati dalla (gloriosa) cinematografia italiana, che, tra l’altro, in queste settimane è grandemente infervorata contro i tagli del governo.
«È l’aver rovesciato un tabù, l’aver, cioè, preso un poliziotto come emblema di criminosità, che ha fatto di Indagine… un film politico» ha detto Petri, e prosegue: «Ognuno ha la sua fetta di potere e tende a esercitarla in modo autoritario, poiché dentro di noi è disegnata una società repressiva che domanda continuamente una presenza paterna, facendo di tutti noi dei bambini».
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