8 novembre 2010

The Walking Dead: la serie televisiva sugli zombi

The Walking Dead

Negli ultimi anni (sperando non sia una moda o un terreno fertile a cui attingere in mancanza d’idee) ci sono state delle felici trasmutazioni di graphic-novel in film, videogiochi e serie tv. Non fa eccezione la graphic-novel The Walking Dead, da cui è tratta una serie televisiva al cardiopalma, fascinosa e superbamente realizzata (attualmente in onda in America e in Italia su FOX TV) dedicata agli zombi, in cui i morti impongono la loro avanzata verso la vita, infrangendo la dilemmatica soglia fra la vita e la morte. Dove in questo caso la morte è incarnata nell’incisiva fisicità di esseri zombificati, fra i cui lineamenti devastati è possibile rintracciare quelli che prima erano dei nostri amici, mogli, fidanzate, figli, colleghi di lavoro, vicini di casa. Identificazione del ruolo nell’orrendo, divenendo, questa, la forza stessa della serie televisiva, intessuta in quel quotidiano di volta in volta deframmentato, sorta di prigione a cielo aperto, quando i personaggi si trovano di tra i grattacieli, fra gli isolati, sul giardino prospiciente a belle villette a schiera; o al chiuso, come in grandi saloni, scantinati, ospedali, persino nell’opprimente vano di un carrarmato, quando non v’è altro luogo ove tentare di fuggire dall’orda di affamati non-morti. Luoghi che inevitabilmente si rivelano sempre a portata di zombi, con un incedere magnificamente lento (gradito ritorno alla caratterizzata andatura degli zombi Romeriani, dopo una miriade di film con morti viventi dal passo fulmineo, con rimandi agli zombie-movie del maestro, come l’uomo di colore, etc.), sembrano consapevoli di poter comunque arrivare prima o poi al loro pasto più amato: i vivi!


La storia si snoda in uno scenario post-apocalittico dove l’invasione degli zombi diviene un incomprensibile ma decisivo problema per quei sopravvissuti alla ricerca d’un agognato luogo sicuro dove stabilirsi, anche se di sicuro v’è davvero poco. Il personaggio cardine è l'agente di polizia Rick Grimes, risvegliatosi dal coma proprio qualche settimana dopo gli eventi che hanno causato la catastrofe. Significativo il suo ritorno alla vita, anch’esso, quindi, un ‘ritornante’, ma in senso lato, conoscitore della morte, o quantomeno, portatore d’un ricordo assimilabile, per gusto, alla morte stessa. Ma il gruppo dei sopravvissuti capitanati da Grimes, scoprirà presto che oltre i morti viventi il terrore cieco può sopraggiungere da chi ancora morto non è. Sicché le problematiche si raddoppiano, incidendo nella psicologia di ogni sopravvissuto che con difficoltà e rabbia deve lottare per la propria vita, ora, vestita da un’essenza a cui in passato non si era data importanza. Quindi, come Robert Kirkman nella graphic-novel ci parla d’una globale inviolabilità spezzata, così pure il regista Frank Darabont prosegue su questa scia, ampliando gli eventi e aggiungendo personaggi che tramite flashback ci racconteranno dei loro eventi passati, palesendosi come a voler reclamare qualcosa… ma invero usati per chiarire allo spettatore il passato di ogni personaggio che in fuga fra i morti viventi spera nientaltro che in altri giorni da poter ancora vivere.


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