20 dicembre 2010

Due racconti inediti di Oscar Wilde

Oscar Wilde

Continua a stupire il più noto affabulatore irlandese tornato alla ribalta a poco più di 110 anni dalla sua morte, con una serie di racconti inediti recuperati in antichi libri francesi degli anni ‘30 e finalmente tradotti in italiano. Può suonare strano ma stiamo parlando di Oscar Wilde
Questo nome ci riporta immediatamente alla memoria immagini evocative come quelle suggerite dal Ritratto di Dorian Gray o quelle paradossali da L’importanza di chiamarsi Ernesto. Come è risaputo durante i suoi viaggi in Francia egli era aduso intrattenere rapporti culturali con altri letterati del suo tempo deliziandoli con straordinarie parabole mai trascritte e affidate alla memoria dei suoi contemporanei, storie che dalla tradizione orale sono state raccolte in un volume dal titolo Le parole del Giglio. Riportiamo due racconti inediti tratti dalla seguente raccolta...



Il bracconiere

Il bracconaggio è un mestiere pieno di belle prospettive. Gli antichi baroni della vecchia Inghilterra non erano forse degli illustri bracconieri? Questa era l’opinione del buon irlandese Jim Connel il quale non disdegnò di scrivere un libro intero sulla nobile arte del bracconaggio che, con i suoi piccoli segreti  e le sue gioie può spingersi sino alle prestigiose forme del brigantaggio, come quello attuato dai baroni della finanza.
Un mattino Jim Connel, appostato nei pressi di un bosco, incontrò il nobile proprietario del bosco stesso.
Ebbe appena il tempo di nascondere il suo armamentario che il signore, avendo probabilmente visto il suo gesto, gli si avvicinò con affabilità.
“Buongiorno Jim”.
“Buongiorno milord. Milord è venuto per sorvegliare le sue terre?”
“No Jim, semplicemente, su consiglio del dottore, faccio del movimento per cercare di trovare un po' di appetito per il pranzo. E voi, Jim?” domandò allora il gentiluomo indicando sarcasticamente quello che l'altro voleva nascondere.
“Oh! Io signore?” rispose Jim Connel con tono gioviale “io cerco di trovare il pranzo per il mio appetito”.

Il ritratto che mente

Un tempo vi era un re; essendo il re più ricco del mondo, egli si credeva anche il più bello, poiché l’oro risveglia gli adulatori e l’arte sa trasformare un profilo qualunque in un profilo da medaglia.
Un giorno, mentre faceva una passeggiata senza il suo solito seguito, questo re incontrò per la strada un mendicante che una guarnigione negligente aveva dimenticato di allontanare dal castello.
“Signore, sono povero e ho fame. Mi dareste qualcosa da mangiare?”
Il re frugò nelle tasche del corpetto del suo abito, e vi trovò solo una moneta d’oro con la sua effige.
“Non ho con me che il mio ritratto. Tieni”.
Il mendicante, con gli occhi spalancati dalla meraviglia, prese la moneta e la soppesò, ma dopo averla esaminata a lungo, dichiarò: “Signore, quando vi ho detto di essere povero, vi ho detto la verità; perché dunque voi volete farmi credere che questo sia il vostro ritratto? Il vostro è un dono da re, e vi ringrazio, ma questo re vi somiglia quanto io somiglio al nostro Santo Padre il Papa!”
Per la prima volta, il re apprese così di non essere né giovane, né bello.
In quel momento, fu raggiunto dai suoi cortigiani che volevano mandare via l’audace mendicante; questi, capito che si trattava veramente del re, tutto tremante si buttò in ginocchio gridando: “Pietà, grande re! Non fate tagliare la mia testa perché io non ho riconosciuto la vostra. I miei vecchi occhi stanchi hanno sicuramente visto male. La vostra effige è bellissima; a ben guardarla penso che voi siate ancora più bello”.
“Fermati!” disse il re “prima che la paura ti renda bugiardo come gli altri. Tieni la mia moneta e io terrò le tue parole, poiché tu, brav’uomo, mi hai dato qualcosa che neanche tutto l’oro del mondo può pagare: la verità”.


Oscar Wilde. Le parole del Giglio
a cura di Gianni Di Noto Ascenzo
Verbavolant Edizioni


Gianni di Noto Ascenzo

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