Romanzo rivisto nel 1976, frutto di una decantazione della memoria e dunque di una riflessione scevra da eccessive pulsioni emotive. È il racconto disincantato di un gruppo di amici, con le idee dietro la nuca e l'arditezza sotto il cuore, che si organizzano e si improvvisano agguerriti combattenti per affrontare e resistere al fascismo e ai tedeschi occupanti. L'io narrante, lo stesso autore, incantato dalle suadenze della memoria e al contempo disincantato dal tempo trascorso, ricorda quasi con malinconia i fatti di guerra successivi all'8 settembre fino alla liberazione. Dunque un romanzo resistenziale, tuttavia senza quella patina abietta di eroismo e retorica che in qualche modo ha falsato verità e riflessioni.
I protagonisti, per lo più giovani studenti universitari e di vita, sono ragazzi improvvisati eroi (perché la storia così l'ha definiti) ma che di guerra, guerriglia e imboscate sapevano solo dai libri di storia e da brevi e inadeguati corsi addestrativi. Sono sbandati alla ricerca di una nuova strada, però attenti a snidare, tra le insidie di una coscienza che si trova di fronte gli orrori dell'odio e della guerra, la costruzione di una nuova Italia. Un romanzo di formazione se vogliamo; il racconto dell'evoluzione delle coscienze, ma, come si scriveva, senza retorica, senza esaltazione.
Le pagine scelte riflettono questo momento di contraddizione, di smarrimento, che caratterizzano il racconto.
Le pagine scelte riflettono questo momento di contraddizione, di smarrimento, che caratterizzano il racconto.
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