Quando Zygmunt Bauman alla richiesta di scegliere tra l'inno nazionale polacco e quello britannico per la cerimonia di conferimento della laurea honoris causa all'Università Carlo di Praga optò per l'inno europeo, decise di non essere né vittima della città natale che lo allontanò, né di quella che lo adottò. Questo aneddoto, che lui stesso ha raccontato, apre infinite riflessioni che toccano certamente una parte importante della biografia del pensatore, ma che, d'altra parte, ispira un pensiero piú articolato ed esteso, una riflessione di piú ampio respiro: la questione dell'identitá. Nel caso di Bauman ci troviamo di fronte una soluzione umanissima, egli decide di annullare le differenze tra le due differenti identitá che lo hanno costituito in quanto uomo. Eppure nel superamento della differenza di identità si cela un tacito assenso all'assenza di identità stessa. Essere uomo e non appartenere né a questa né a quella società. Essere uomo e appartenere solo a se stessi, si potrebbe affermare secondo una chiave più spiritualista analizzando la situazione. Ma quanto é permesso oggi a noi uomini essere veramente uomini, situarci fuori dalle parti e giocare al contempo il ruolo di chi, sempre in movimento, - per scelta o per costrizione - é legato a se stesso senza, dunque, lamentare l'assenza di appartenere a qualsiasi classe, a qualsiasi denominazione geografica ed antropologica?
Come lo stesso Bauman sottolinea, l'episodio da lui citato mette in luce il dilemma dell'identità e il rapporto tra le identità umane: «L'immagine di fratellanza è la sintesi della quadratura del cerchio: differenti eppure uguali, separati ma inseparabili, indipendenti ma uniti.», scrive Bauman.
Identità tra simili che sono differenti e che per natura tendono ad annullare l'identità, ma che pure la ricercano ossessivamente nel complesso quadro di appartenere, in gruppo, allo stesso cerchio.
Non a caso é il filosofo stesso ad affermare che il problema che egli ha vissuto sulla sua pelle, é perno del suo pensiero, radice del suo filosofare.
La questione dell'identità in Bauman é già strettamente connessa, oltre che alla condizione personale, a un problema attuale, quello dell'immigrazione. Per questo motivo le riflessioni personali del sociologo si fondono con uno scenario moderno, in cui la questione dell'alterità persa in una identità che non le appartiene, é punto dal quale aprire un dibattito che nella sua modernità é in work in progress.
Le ondate migratorie alle quali oggi stiamo assistendo, interviene Bauman, sono conseguenza di una Europa sempre più libera e aperta ma il fattore economico gioca qui un ruolo fondamentale: rischi di eterofobia e di nazionalismo coincidono con una situazione economica non florida. Da una crisi economica si genera così un problema sociale che investe l'intero mondo europeo apertosi eppure incapace di gestire la libertà delle identità in movimento, non più relegate in spazi ad hoc.
Sebbene la società moderna si fondi sul mito di valori quali la libertà di scelta, il concetto di democrazia e sulla possibilità di essere cittadini globali, ossia del mondo e non meramente di una sola realtà culturale di provenienza, oggi la realtà sembra mostrare per lo più solo le conseguenze di una illusione mal gestita, basata sulle sole regole capitalistiche ed economiche di un obiettivo, quello di apertura non solo in senso geografico bensì umano, la cui grandezza non si é riusciti a gestire.
Ecco allora che la società diviene" liquida" come l'individuo, e l'identità non é più scheletro, ossatura ferma che tende alla base, ma fragile meccanismo in un sistema (modernità) in cui non vi é più nulla di certo, ove nessuna strada é sicura e ogni individuo é abbandonato a se stesso. Secondo Bauman interprete dell'incertezza del moderno é l´opera d´arte. L'opera d'arte moderna, infatti, non permette la catarsi. Quel processo di riequilibrio promosso dall'arte mediante l'atto scenico dell' "anormale" in cui l´aspetto dionisiaco, una volta rappresentato, si risolveva nel ritorno al bell'apollineo, alla norma non é oggi più rappresentabile. Oggi l'arte «[...] non svolge il ruolo di catarsi per la semplicissima ragione che gli artisti contemporanei non ritengono vi siano un "normale" in quanto differente da una condizione umana anormale; [...] Ciò che sperimentiamo come una situazione difficile, un'incertezza, non é un'anormalità, ma una condizione umana permanente» Tutto appare fluido.
Come a dire che non esiste più alcuna normalità e con essa svanisce o diviene irriconoscibile la possibilità di camminare su un sentiero sicuro, di riconoscere un codice etico universale al quale gli individui possono rifarsi. In questo si intravede la perdita d'identità di un individuo, la quale pure scaturisce da un confronto con l'esterno in quella base comunemente accettata e riconosciuta da tutti come realtà.
Ma ai confini sempre meno netti e incerti di una modernità la cui bellezza é la libertá di scelta che essa offre, a essere fatale all'individuo é la libertà di scelta stessa. La realtà dell'epoca moderna non é soltanto il realizzarsi di molteplici possibilitá in termini di spostamento e di sviluppo, bensì, giocoforza, di un allentamento delle strutture sociali tradizionali dissoltesi in favore di un modo di esistere la cui flessibilità ha ridotto l'individuo a un anonimo cittadino globale senza identità.
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