Mark Rothko, Orange, Red, Yellow, 1961 |
Il 2 maggio di quest’anno a New York, da Sotheby’s, per poco meno di centoventi milioni di dollari è stata venduta una delle quattro versioni (l’unica in possesso a privati) del celebre quadro L’urlo, di Edvar Munch: la cifra più alta mai pagata per un’opera d’arte.
L’otto maggio sempre a New York, con oltre ottantasei milioni di dollari Orange, Red, Yellow, di Mark Rothko è stato battuto da Christie’s, diventando l’opera d’arte contemporanea più pagata di sempre.
Il 9 maggio, ancora a New York, ancora da Sotheby’s, con 44, 8 milioni di dollari è stata venduta la tela Sleeping beauty, di Roy Lichtenstein, cifra record per un’opera dell’autore, e di molto superiore alle aspettative.
Molti, scioccamente, si chiederanno: «Ma come, proprio in un momento di crisi come questa circolano tutti questi soldi? Per dei quadri?» Il mio umile punto di vista è che tutti i soldi che questa crisi ci sta togliendo non evaporano ma, semplicemente, vanno a finire nelle tasche di alcune persone. Poche. Persone che in questo periodo fanno affari d’oro, e che per assicurare i soldi che hanno messo da parte investono in opere d’arte, certamente più sicure delle traballanti banche occidentali: «fare denaro è un’arte; lavorare è un’arte; un buon affare è il massimo di tutte le arti».
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