Sulle rive della Havel, verso la metà del sedicesimo secolo, viveva un mercante di cavalli di nome Michael Kohlhaas, figlio di un maestro di scuola, uno degli uomini più giusti e insieme più terribili del suo tempo.
Iniziamo col dire che quest'ultima è stata una lettura lagnosa, quasi irritante direi. Del romantico tedesco, e in particolare del romanticismo tedesco in generale - filosofico e letterario -, non ho molta stima. La mia ammirazione nei loro riguardi è pressoché trascurabile. E questi racconti, di certo, non hanno contribuito ad aumentarla.
Il primo racconto, La marchesa di O..., ha un solo pregio: un 'montaggio' narrativo pregevole, con flashback e incastri di una certa levatura. Ma la storia tende al ridicolo. Già dall'incipit, non male a dire il vero, ci catapultiamo in un mondo grottesco. La marchesa di O. pubblica sui giornali il suo desiderio di conoscere l'artefice della sua impossibile gravidanza. Il racconto diventa via via però tragico. Una tragicità che tuttavia presto muta e ritorna comica: coinvolta in uno scontro militare e salvata da un conte russo che presto si innamora di lei, la scoperta di essere incinta, il successivo ripudio da parte del padre, l'assurda verità sullo stato di gravidanza (mentre beatamente dormiva, la giovane donna era stata inavvertitamente posseduta da un cacciatore!), il ritorno agli affetti della famiglia e infine il matrimonio con il conte russo. Come si vede, il racconto appare buffissimo, inoltre è straripante di lacrime mielose e svenimenti avvilenti. Un tipico racconto romantico, ma di certo non la descrizione di emozioni e sentimenti che si avvicinano al vero. Altro che realismo kleistiano, qui si sfiorano le vette più alte dell'assurdo!
Con il secondo racconto, invece, i momenti di potenza espressiva e meditazione non mancano. Specialmente nella prima metà della storia. Siamo nel '500, Michael Kohlhaas, un onesto e giusto mercante di cavalli, per un estremo senso della giustizia diventa un rivoltoso e persino un assassino. Un'ingiustizia subita (uno scherzo maligno più che altro), una giustizia formale che non funziona, una catena di altri eventi nefasti e il desiderio estremo di ottenere verità e imparzialità, porteranno il mercante di cavalli a vendicarsi dei torti subiti. Diventa così un ribelle, assolda addirittura altri uomini, e al comando di un piccolo esercito mette a soqquadro una regione tedesca e cerca vendetta. Poi, prima di ottenere soddisfazione, la calma. Si inseriscono nella storia altri personaggi minori (persino Lutero) e il racconto diventa un lungo e noioso preparativo al processo che alla fine vedrà il protagonista condannato a morte.
Solo un rigo sullo stile: la sintassi è verbosa, ricolma di incisi non sempre equilibrati; anche questo ha contribuito...
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