L’estate è la stagione deputata delle letture disimpegnate: commissari, ispettori, avvocati, thriller anglofoni che promettono di mozzare il fiato ai loro lettori, gradazioni varie di grigi, rossi e neri.
Per me invece l’estate è la condizione psicologica privilegiata per lunghe e anche più complesse letture. Dopo aver saldato il mio debito annuale con la rilettura di uno dei tanti capolavori di perizia linguistica di Gesualdo Bufalino – quest’anno è toccato a Le menzogne della notte – sono approdato a un altro grande amore: Nietzsche. Non potete immaginare quanto mi sentissi importante a portarmi in spiaggia il mio Ecce homo nella prestigiosa edizione Adelphi. Ovviamente non se n’è accorto nessuno: che in spiaggia ci fosse qualcuno che con quaranta gradi sul capo se ne stava lì, placido, a leggere uno dei maggiori filosofi della storia non ha attratto nessuno. Come dargli torto.
A me però ha attratto molto la sorprendente germanofobia di Nietzsche. Ero abituato al suo sprezzante umorismo nei confronti del suo paese, ma in questo libro raggiunge vette di odio senza precedenti. A parte i molti passi dove critica, dei tedeschi, tutto quel che è possibile criticare – persino il modo di camminare – c’è un brano molto curioso:
[…] i Tedeschi, quando a cavallo fra due secoli della décadence apparve una force majeure di genio è volontà, forte a sufficienza per fare dell’Europa una unità, una unità politica ed economica, tesa a governare tutta la terra, hanno privato l’Europa, con le loro «guerre di liberazione», del senso, di quel miracolo di senso che l’esistenza di Napoleone rappresenta – e perciò essi hanno sulla coscienza ciò che poi ne è seguìto, ciò che esiste oggi, questa malattia, questa insensatezza, contrarie alla civiltà come null’altro, il nazionalismo, questa névrose nationale, di cui soffre l’Europa, questa perpetuazione di staterelli, di piccola politica: hanno privato l’Europa del suo stesso senso, della sua ragione – l’hanno spinta in un vicolo cieco.
Se non fosse per qualche vertigine stilistica di troppo sembrerebbe scritto in questi ultimi mesi di ossessione per lo spread, la moneta unica, la disgregazione dell’Europa e la questione greca. Leggendo questo testo del 1888, dove come in altri loda la maturità della civiltà greca, sembra che il filosofo tedesco ribalti la questione e proponga un misuratore di spread intellettivo; in questo caso non ci sarebbero dubbi: i tedeschi sarebbero oltre quota duemila dai greci.
«Con i Tedeschi, un po’ come con le donne, non si tocca mai il fondo, perché non c’è: ecco tutto»
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