Geoffrey Rush in La migliore offerta
Ho visto al cinema La migliore offerta, l’ultimo film di Giuseppe Tornatore. Ne avrete già ampiamente sentito parlare in TV: è la storia di un importante esperto d’arte molto refrattario ai rapporti umani (in particolar modo femminili) alle prese con una giovane e misteriosa donna.
Non ho potuto fare a meno di pensare a questo film forzando una metafora sull’Italia di quest’ultimo anno. Sono assolutamente certo che Tornatore, alla spericolata metafora che vi proporrò, risponderebbe con l’affettuoso sorriso che si riserva agli imbecilli. E avrebbe ragione. Però io mi diverto con poco… lasciatemela dire questa sciocchezza.
Dunque, un signore molto distinto, colto, elegante, freddo nei rapporti umani, che non riesce a concepire altro modo di comunicare che non sia un forbito lessico burocratico. Chi vi fa venire in mente? Ovviamente Mario Monti. Geoffrey Rush/Mario Monti viene contattato da una donna che deve vendere all’asta il suo patrimonio di opere d’arte. Lei, Sylvia Hoeks, è l’Italia, una donna molto bella ma molto problematica (ben oltre i limiti del patologico), che contatta il tecnico per farsi dilapidare il patrimonio: sembra un film sceneggiato dai vertici della BCE.
Ovviamente, nel rapporto fra l’anziano e la fanciulla, qualcuno potrebbe vedere riferimenti anche al “ducetto” di Arcore, ma l’incapacità di Geoffrey Rush di gestire il rapporto con la donna fa cadere qualsiasi attinenza.
Il finale (del film) ovviamente non lo svelo, anche perché ho già raccontato fin troppo.
Perdonami Peppuccio!
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