12 febbraio 2013

Il papa moderno

Ratzinger
Ha ragione Ezio Mauro quando parla della vicenda dell'ancora Papa Ratzinger definendola una vicenda moderna: “la modernità irrompe nelle stanze vaticane”. Il rifiuto del papa tedesco a proseguire il suo ruolo di pastore potrebbe avere diverse chiavi di letture, non ultima una chiave “debole” del pensiero dominante, ove l'individuo sfinito da un sé che non ha modo di sbocciare perché schiacciato dalla “forza” di regole alle quali piegarsi, decide di imporsi ad ogni costo, in ogni modo. Mettendo da parte le parole che hanno servito da scudo a una patata bollente di queste dimensioni e che richiamerebbero una stanchezza fisica del papa, che non si intende qui mettere in discussione, vi è una nota stonata, qualcosa che non torna.

È il ruolo dell'uomo, la capacità di essere uomini eppure al contempo di entrare nella leggenda, di essere aghi della bilancia di un assetto che ha bisogno dei più “forti”. Ratzinger lascia, e ripercorrendo indietro la storia passata, è il primo caso in cui il pastore fa retro front e lascia il gregge in preda al vuoto esistenziale. Già, è una questione esistenziale, è una questione del ruolo degli “Oltreuomini” in una società in controtendenza, ove si predica bene ma si razzola male, molto male. Le stanze del vaticano, la potenza di una Chiesa che ha sempre luccicato per ricchezza e contraddizione, risalta ora per aderire pienamente al ridimensionamento della figura dell'individuo, nella sua tracotanza l'uomo moderno abbandona perché non ha mai imparato a lottare, mai ha imparato ad aspettare, dunque abbandona. 

Nietzsche aveva predetto che il genere umano, complice la tecnica, avrebbe smarrito quella forza interiore che tutto sopporta ma che trova la potenza nel silenzio salvifico che distacca dallo stordimento illusorio e povero della vita agiata, ove ci si smarrisce più velocemente e più  facilmente si ascolta il nemico, il gregge. Quel gregge nietzschiano andava salvato ma Nietzsche non permette al superuomo di inquinarsi, sa che l'uomo deve sopperire prima di rinascere. Il gregge viene abbandonato ma ancora non lo sa, perché il potere dà sempre nuove forme di “padrone” che piacciono e alle quali asservirsi. Quando l'ultimo degli uomini se ne va non fa rumore, il gregge non lo nota. Quando durante la seconda guerra mondiale gli ebrei furono sterminati, polverizzati e sparsi nell'etere, loro non fecero rumore. Quando il simbolo della debolezza, gli ebrei, portarono la loro croce a mo’ di immagine biblica, Ratzinger incontrava Günter Grass nel pieno dei combattimenti nazisti, e si parlarono. Grass raccolse questa immagine che passò nei libri di storia con il romanzo Sbucciando una cipolla, mentre l'epurazione giudaica continuava a pieno ritmo. Quale gregge e quale pastore? ci si chiede qui. Chi è il gregge e quale il pastore? La guida è colei che non abbandona mai oppure è il silenzio “debole” di chi non ha abbandonato andando incontro alla storia della morte, al desiderio di sangue del gregge. Questo gregge che toglie la frustra al padrone per frustrarsi da solo, è il gregge che ha bisogno di un pastore o di un nuovo mattatoio? Sono domande al quale solo il tempo potrà rispondere, in modo moderno.


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