Ukiyo-e di Toyohara Chikanobu
Una delle forme d'arte che ha reso celebre la vita e i paesaggi giapponesi sono senza ombra di dubbio gli ukiyo-e, le stampe giapponesi. Questa modalità espressiva nata in epoca Edo, cioè dal 1600, ha conosciuto un rapido sviluppo in tutto il paese per giungere poi in Europa dove ha influenzato la pittura degli impressionisti prima e l'art nouveau poi.
Il termine ukiyo-e significa letteralmente «immagine del mondo fluttuante» di un mondo in continua mutazione, impermanente. Sotto tale aspetto il senso estetico e iconico degli ukiyo-e rientra nei raffinati precetti della filosofia zen. Per comprenderne meglio il significato lo scrittore giapponese Asai Ryōi usa queste parole:
Contemplare gli spettacoli naturali della luna, della neve, della fioritura dei ciliegi e delle foglie di acero, il gusto di cantare canzoni, bere sakè e provare piacere soltanto nel fluttuare, lungo la corrente del fiume come un secco guscio di zucca.
Stampa buddista del 1590, pre ukiyo-e | Attori Kabuki di Ishikawa Toyonobu (1740 circa) |
Nel corso del XVIII secolo si sviluppano gli egoyomi, cioè le stampe per calendari più tardi sostituite dai surimono, vendute ai ricchi clienti che desideravano possedere un raffinato calendario che rappresentasse i giorni del calendario lunare. Nello stesso periodo subentra anche una forma di censura contro le shunga, cioè immagini esplicite di rapporti sessuali. Nelle shunga infatti gli amplessi avevano una valenza pornografica e potevano esprimere le diverse forme dell'amore, anche di natura omosessuale. Il genere a seguito della censura si è mantenuto nella clandestinità determinando una condanna a cinquanta giorni di ammanettamento ad uno dei più importanti maestri come Utamaro. Il divieto decadrà dopo ben due secoli di restrizione.
Surimono di Eisen Keisai datato tra il 1800 e il 1848
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Shunga di Utamaro (1799) |
Nello stile degli ukiyo-e non vengono mai disegnate le ombre, le sfumature di colore sono minime ed è anche assente la prospettiva, introdotta da Okumura Masanobu solo nel 1739, e diffusa da Utagawa Toyoharu dal 1750 attraverso i vedutisti italiani come Canaletto, Guardi e Paolo Uccello; da questo momento lo stile dell'ukiyo-e muta per sempre influenzando la tecnica dei nuovi artisti. In questa piccola rivoluzione colpiscono le affascinanti riproduzioni di Venezia e Roma, in un'epoca dove gli unici contatti che il Giappone aveva con l'Occidente avvenivano tramite i commercianti olandesi che giungevano nel porto di Nagasaki.
Teatro Kabuki di Okumura Masanobu stampa del
XVIII secolo, uno dei primi esempi di prospettiva giapponese. |
Veduta di Roma di Utagawa Toyoharu del XVIII secolo |
Sul finire del 700 l'ukiyo-e conosce il suo apogeo grazie alla presenza di sommi maestri come: Kitagawa Utamaro, Utagawa Hiroshige e Katsushika Hokusai.
Una stampa come La grande onda di Hokusai facente parte delle 36 viste del monte Fuji è un soggetto molto famoso, ma anche lo stile dei manga Hokusai (da non confondere con i moderni manga). Hiroshige invece riproduce le 53 stazioni del Tōkaidō dove rappresenta l'antico percorso che collegava Edo (l'antica Tokyo) con Kyoto, e le 100 vedute di Edo. Utamaro è conosciuto per le molteplici stampe femminili (bijin-ga). Tsukiyoga Yoshitoshi è uno degli ultimi maestri ukiyo-e cimentatosi nelle cosiddette "stampe insanguinate" cioè di soggetti sottoposti a violenza.
La grande onda di Hokusai (1831) |
Una delle 100 vedute di Edo di Hiroshige
(1856-58)
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Bijin-ga di Utamaro | Una delle stampe insanguinate di Yoshitoshi |
Il declino degli ukiyo-e comincia nel momento in cui il Giappone si apre all'Occidente, dal 1868 la liberalizzazione dei commerci determina l'introduzione della fotografia e dei colori all'anilina provenienti dalla Germania. Le certezze del passato vacillano, le tradizioni scompaiono così come l'antica società giapponese, sicché l'importanza e il valore degli ukiyo-e diminuiscono non solo per la concorrenza della fotografia, ma anche per un'inevitabile abbassamento qualitativo delle stampe e una crescente contaminazione con l'Occidente. Ma se nel paese questo genere perde valore all'estero acquisisce una fama crescente. Il fascino del Giappone entra prepotentemente nell'immaginario degli europei che ne favoriscono la presenza nelle Esposizioni Universali di Parigi e Londra. La vasta e profonda cultura orientale fa esplodere le mode e i commerci degli articoli tra cui appunto le stampe giapponesi.
Hayashi Tadamasa è uno dei più famosi mercanti d'arte che determina l'ascesa di questo interesse in Francia, paese che più di tutti esprimerà in arte questa influenza. Samuel Bing nel 1884 aprirà un negozio di arte giapponese molto frequentato dai parigini, ma soprattutto dai numerosi collezionisti tra cui lo scrittore Edmond de Goncourt e Zola. Questa pacifica invasione non lascia indifferenti gli impressionisti come: Monet, Manet, Degas, Gauguin e Van Gogh giungendo sino a Klimt e all'art nouveau.
A sinistra Pomeriggio di pioggia ad Atake e il gran Ponte di
Hiroshige. A destra una copia eseguita da Van Gogh
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Ritratto di Zola di Édouard Manet del 1868.
Da notare la presenza di diverse stampe
giapponesi nello studio dello scrittore.
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È notevole l'accostamento estetico e concettuale tra impressionismo e ukiyo-e, essendo entrambi l'espressione di un frangente, di un aspetto della vita che cambia; così come gli impressionisti contemplavano la luce e i colori in base all'ora del giorno, all'inclinazione della luce e alle condizioni meteorologiche, così gli ukiyo-e espongono il mondo giapponese attraverso i paesaggi, i volti e i mille soggetti che ancora oggi ci affascinano.
Madame Monet in costume giapponese
di Claude Monet (1876)
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Mandorlo in fiore di Van Gogh (1890) |
Oggi le stampe giapponesi sono pezzi da collezione di alto valore, la loro forza espressiva è stata sostituita dai manga e dalle anime che indubbiamente mostrano un debito culturale.
In Italia si è tornato a parlare degli ukiyo-e a seguito dell'affondamento della Costa Concordia poiché al suo interno oltre alle tantissime opere d'arte, vi erano presenti anche dodici stampe di Hokusai e tre di Utamaro. Non sappiamo ancora quale sia il loro reale destino. È un argomento di cui poco si parla forse perché anch'esse, nella loro scomparsa, possono essere considerate parte del vasto mondo fluttuante da cui sono state generate.
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