Se si pensa alle forme di governo sperimentate dall'uomo fino ad oggi non ci sarebbero dubbi nel far confluire la risposta nei due grandi tentativi a riguardo, si parlerebbe di dittatura fascista o di comunismo, forma di dittatura egualitaria. La risposta non comprende la democrazia, forma moderna della maggior parte dei paesi di governo occidentali, il cui successo si alterna alle ombre oramai non più così oscure, che gettano in crisi l'intero costrutto del sistema democratico.
Un caso emblematico della democrazia a ombre, o anche a intermittenza, potrebbe essere rappresentato dall'Ungheria. Budapest è la capitale ungherese crocevia di odori e sapori, una cultura che ha impresso su di sé una storia di separazioni territoriali e di alternanze di diversi sistemi di governo applicati, il cui risultato è il flair ungherese comunista, mutato successivamente in democrazia. La struttura della capitale mostra i segni di una linearità che ne agevola i percorsi in strada, mentre gli edifici alternano la loro maestosa tradizione classica ai casermoni grigi e tristi del periodo comunista. La legge dell'uguaglianza a tutti i costi e della distribuzione equa è viva più del ricordo, perché è fatta di oggetti che rappresentano la storia di un comunismo prossimo a fallire. Mentre la Germania era divisa in due parti, spartita tra Occidente ed Oriente le cui differenze sono sentite ancora oggi, in America si giocava già a Monopoly, il noto gioco da tavola nato dall'esigenza di una donna di spiegare la teoria economica di Henry George. Monopoly, ovvero il monopolio, il potere nelle mani di una sola persona, riassume l'essenza di un gioco che con il tempo si trasformerà in una realtà ineluttabile, con la sola eccezione che a dominare la scena economica non vi è una sola persona economicamente potente, ma un solo potere di forza dei pochi. A Budapest il comunismo, intanto, è il potere di nessuno che assicura quel tanto che basta a tutti: in fila per lo stesso pezzo di pane, stesse divise, stessi pensieri e stessa condizione economica. Nella Budapest comunista non c'è spazio per le villette a schiera o per i comfort americani, a Budapest non si gioca a Monopoly, bensí a “Gazdálkodj okosan!”. Nella versione comunista-ungherese del Monopoly capitalista-americano, i giocatori si muovono per le strade di Budapest, attraversando i suoi ponti e godendo della sua cultura culinaria e di uno stile di vita salutare. La base del gioco è caratterizzata da una carta spessa e semplice e lo scopo non consiste nel racimolare la potenza in forma di denaro, ma è quello di riuscire a costruire una casa dotata delle forniture essenziali. Un bagno, una cucina e un mobile equivalgono agli hotel e alle ricchezze in denaro accumulate nel mondo parallelo della società capitalistica del Monopoly. La banca appartiene a un solo giocatore, i giocatori possono decidere di andare a teatro, al cinema e inoltre la città comunista del gioco in scatola offre anche negozi di tabacco. Questi ultimi, nell'Ungheria moderna e democratica di Orbán, sono stati al centro di un importante rivoluzione “educativa” che ha comportato lo smembramento dei “Tabacchi” dagli usuali negozi. A differenza del gioco, i tabacchi sono nascosti in negozi scuri, ricoperti da una tenda bianca che dovrebbe, secondo la tattica educativa del primo ministro ungherese Orbán, difendere i bambini dall'interesse verso le sigarette. Si pensa, però, ad integrare questi negozi vietati ai minori con le vendite di dolciumi. Gioco o realtà? Orbán non lascia spazi a dubbi e rafforza la teoria della democrazia ad ombre che include una forte dose di assurdità.
A Budapest il malcontento dei bambini che giocavano al Monopoly comunista diventa sempre più lacerante e a questo senso di frustrazione esasperante la democrazia ungherese risponde togliendo ai lavoratori le sicurezze basilari, gettando il paese nella insicurezza totale. Nel calderone delle ombre democratiche spiccano leggi che ammettono il licenziamento immediato senza giusta causa, mentre le leggi cambiano dalla notte al mattino seguente. La costituzione è stata più volte riscritta mentre è di casa in Ungheria perpetuare j'accuse contro l'Unione Europa, tacciata di voler addentrarsi troppo nel meraviglioso mondo delle ombre ungheresi. I comunisti, si diceva un tempo, “mangiano i bambini”, ma oggi divenuti adulti in democrazia, si nutrono di hamburger, passeggiano per Budapest ma a loro vengono gradualmente tolti tutti i diritti di quell'eguaglianza comunista, che oggi in democrazia pesa più di una dittatura rivelata.
Tra le ombre democratiche l'Ungheria svela il plagio di una tesi di dottorato di un importante esponente politico, segue lo scandalo della compagnia aerea di bandiera e una insolita imprecisione nei progetti stradali e dei servizi pubblici. Queste inquietanti ombre democratiche appaiono in un irriverente e agghiacciante manifesto artistico, dove il Monopoly ungherese “Gazdálkodj okosan!” si è tramutato in democratico e corrotto. Non vi sono più case da arredare, ma scandali e corruzioni da collezionare.
Gli ungheresi che giocavano a “Gazdálkodj okosan!” non sono più i comunisti del passato, dopo la caduta del muro di Berlino e il ridimensionamento del successo comunista la democrazia ha preso piede anche all'est, dove resta, tuttavia, forte la sensazione di essere bloccati tra le pedine del Monopoly anni ´60. Terminato il gioco la scatola viene richiusa, il cartone pesante ripiegato e riposto in uno sgabuzzino, e le pedine libere di scendere in strada nella beata democrazia di cartone.
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