Una forma di pensiero che va oltre il linguaggio. Forse il genio sta in questo: il pensiero senza tempo. Il pensiero matematico esiste a prescindere dalle parole, non credo che il pensiero sia qualcosa di verbale, le parole sono incidentali, si può farne almeno.
(dal film Stephen Hawking, il genio della fisica)
Parto dal presupposto che la letteratura umanistica intesa come salvezza e conforto dalla condizione umana è, come la religione, sintomo di credenze irrazionali e speranze infondate. Se siete lettori facilmente suscettibili od incalliti religiosi, evitatemi. Una forma di pensiero libera dal linguaggio è certa, la matematica non mente, se così non fosse lo spazio-tempo non esisterebbe, tutto ciò che vedete, aldilà del cielo ed aldiquà delle nostre cellule, non sarebbe mai esistito. Miliardi di stelle, galassie, quasar, buchi neri, esistono a prescindere dalle parole. Il nostro più ardito pensiero, così come la nostra scoreggia, sono solo rumori sordi nel silenzio dell'universo. Ora, avendovi confortato quel tanto che basta, dilaniati dal pensiero del nulla, siete pronti per addentravi in un campo tanto affascinante quanto orrendo.
La matematica, difficile per i principianti ed i non addetti ai lavori, appare complicata ed astratta, ma la realtà di cui facciamo parte parla il linguaggio matematico, a volte accessibile, altre volte inaccessibile anche per i matematici più geniali. La matematica è estremamente sintetica, il suo linguaggio è compresso, una scienza pura incredibilmente complessa nella sua semplicità di forma. Basti pensare a parole come o e solo che hanno precisi significati, più che nella lingua corrente. Il gergo matematico è eccessivamente tecnico, certo, questo costituisce un problema per molti profani, tuttavia l'uso di determinati termini tecnici richiede più precisione del linguaggio quotidiano. Per questo nella vita quotidiana mi trovo spesso in difficoltà, il rigore è antipatia, il positivismo è noioso, estremamente cinico nel giudicare le azioni degli altri vengo avvicinato con diffidenza, non siamo numeri siamo persone! è la critica principale che sostengono ignorando le basi genetiche e i meccanismi logici che li governano, senza contare la matematica che governa i computer dai quali scrivono molte amenità spirituali, ma a discapito di molti per qualcuno potrei addirittura sembrare simpatico.
Noi tutti abbiamo un debito storico nei confronti di Galileo, il quale riconobbe la potenzialità intrinseca del linguaggio matematico. Oggi è riconosciuto da tutti che la matematica è il linguaggio della natura. Il fatto sorprendente, ed al quale chiunque dovrebbe rendere merito, è la capacità propria del linguaggio matematico, così astratto ma tanto preciso nel descrivere in modo efficace i processi del reale. I risultati ottenuti in fisica a partire dal linguaggio matematico hanno trovato e trovano conferme sperimentali di stupefacente precisione.
Il linguaggio matematico ed il linguaggio letterario sono inconciliabili per la quasi totalità dei letterati. Non solo la matematica ma anche la fisica, la biologia, la chimica, materie scientifiche completamente ignorate o sottovalutate dalla maggioranza degli scrittori, filosofi, letterati, soprattutto di casa nostra. A sentir parlare loro mi rendo conto dell'arretratezza culturale nella quale vivono ogni giorno, guardando il cielo ancora come lo si guardava mille anni fa, come lo guardava Dante, sono teologi mancati per i quali l'universo è rimasto quello che era ai tempi del medioevo. Credo abbiano tutti una sorta di patologia, si sentono spirituali, leggeri come il loro bagaglio culturale scientifico, una beata ignoranza rispetto a quello che sta avvenendo nell'astronomia, nell'antropologia, nella genetica. Mi domando spesso se la letteratura sia importante per la conoscenza o se sia puro intrattenimento, ma guardandomi intorno, ascoltando e leggendo sono sempre più propenso a rispondermi che sia intrattenimento, ma mi risollevo quando leggo Joyce, Musil, Beckett, Kafka e persino Leopardi che già allora scriveva sulla solitudine del cosmo e sulle illusioni umane.
L'editoria è asfissiante, produce di continuo storielle da leggere e buttarle via o la cosiddetta letteratura impegnata, una trama accattivante che dovrebbe deliziarci e saziarci, cambiare il mondo, ignorandone le proprietà fisiche ed una storia di miliardi di anni dello spazio silente. Quando leggo la storia della vita raccontata dalla Scienza capisco quanto la Storia umana è sopravvalutata dagli artisti, dai filosofi e dagli scrittori. Si fanno i conti con scale temporali dove un milione di anni è uno scarto irrisorio e si rimane affascinati e turbati quando si apprende che per il novantanove per cento del tempo biologico l'uomo non c'era. Molti scrittori quindi, come George Eliot e Marcel Proust, sentirono il dovere intellettuale di trarre conseguenze dalle scoperte scientifiche. Oggi abbiamo la fortuna di leggere scrittori di casa nostra a noi contemporanei ma già postumi come Antonio Moresco, Massimiliano Parente, Aldo Busi, hanno scritto opere letterarie dirompenti e lapidarie in mezzo a tutta questa carta narrativa da parati. E chissà se, leggendo loro e i grandi del passato, non vi appassioniate alla fisica, alla biologia, all'astronomia, all'antropologia, alla genetica e, magari col tempo e senza remore, alla matematica.
Non solo la matematica è reale, ma è l'unica realtà.
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