Giorgio Caproni, poeta, critico letterario e traduttore nacque a Livorno il 7 gennaio 1912 e morì a Roma il 22 gennaio 1990.
La sua poesia è semplice, chiara, spesso provocatoriamente ispirata dai temi fondamentali dell'esistere, espressa in forma esclamativa ed immediata, turbata dall'impossibilità di descrivere e fissare il senso di un'esistenza mutevole, ingannevole, sfuggente.
In un'intervista, il poeta, alla domanda sul senso della poesia, rispondeva che essa è la ricerca dell'essenza dell'uomo per la scoperta di un fondo comune a tutti.
In quel fondo, spesso si agitano una preda ed un cacciatore infaticabili: si rincorrono da sempre.
La preda
che si morde la coda...
La preda
che in vortice si fa preda
di sé...
La preda àtona
e instabile...
La preda
che sull'acqua friabile
del monte (sulla parete
incrinata del lago) esplode
vitrea nell'occhio e - nera -
rende cieca la mira...
La preda che si aggira
nel vacuo...
La pantera
nebulosa (felis
nebulosa), che attira
chi la respinge, e azzera
chi la sfida...
La preda
monstruosa...
La preda
che in continuo suicida
in continuo colpisce
(fallisce) la sua ombra...
La preda
(un letame? una rosa?)
che tutti abbiamo in petto, e nemmeno
le febbri di dicembre (i campi
morti d'agosto) portano
sotto tiro...
La preda
evanescente...
La preda
mansueta e atroce
(vivida!) che nelle ore
del profitto (nelle ore
della perdita) appare
(s'inselva) nella nostra voce.
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