Ma poi di nuovo, dopo aver riconosciuto l'esistenza di Dio, tornavo all'analisi davanti il Dio ben noto, nostro creatore, l'unico Dio in tre persone distinte, che ci ha inviato suo figlio, il redentore. E di nuovo quel Dio, così remoto dal mondo e da me stesso, si fondeva sotto i miei occhi come un blocco di ghiaccio al sole, e di nuovo non mi restava più nulla tra le mani, e si disseccavano le fonti della vita, ricadevo nella disperazione e sentivo che non mi restava altro che uccidermi. E per giunta - la qual cosa era la peggiore di tutte - sentivo di non poter neppure uccidermi.
In questa meravigliosa confessione - un'opera esistenziale a tutti gli effetti - leggiamo il racconto profondissimo e assolutamente penetrante di una rivoluzione interiore, di una conversione religiosa. Il giovane Tolstoj, infatti, persa la fede impartitagli sin da bambino, in un cammino disperato, angoscioso, alla fine trova Dio.
Libertino, orgoglioso, abbandonato alla crapula e ai delitti, beato in una condizione di esaltazione morale, ben presto il giovane Tolstoj coglie, in verità non spiega in cosa consista, un'essenza di marcio in quella vita di eccessi. Sente dentro di sé un bisogno estremo di risposte alle innumerevoli domande che l'esistenza gli pone. Tolstoj non può ammettere che l'esistenza non abbia un senso; deve esserci necessariamente (anche se non spiega perché debba esserci necessariamente) qualcosa che spieghi il perché della vita e della morte. E in questa ricerca di significato, in questa lotta disperata, che con l'avanzare degli anni lo corrodono fino al midollo, fino a portarlo quasi al suicidio, trova Dio. Un Dio, dunque, che nasce non dalla ragione, quanto dal bisogno di avere una pace duratura. Prima di Dio, infatti, trova nella scienza, nella fede in essa, un appiglio. Ma questo è un sostegno effimero, illusorio, incapace di dare risposte durature e consolatorie. Capisce che non è la ragione a dare un valore all'esistenza, ma è la fede, la rinuncia alla ragione che può dare un senso. Ed è in questa consolazione, in questa fede irrazionale e paradossale che l'umanità trova un significato, una possibilità dell'esistenza (quanto Kierkegaard in queste pagine...).
Ma Tolstoj non si ferma solo accettando una fede verso qualcosa di superiore. Brama di cogliere anche la Fede con la maiuscola. Stanco delle dottrine contraddittorie delle diverse fedi cristiane, la trova nella religiosità degli umili, in chi sopporta le privazioni e le sofferenze, vedendo in esse il bene (sic.). Ecco trovata la via, il sentiero strettissimo, soprattutto per i dotti, della rinuncia, dell'autoannullamento a beneficio degli altri; ecco il senso della vita.
Libro straordinario, intimo fino a dentro le ossa, che, seppur partorisca un feto morto, un fantasma impalpabile, molti dovrebbero leggere, soprattutto molti uomini di fede...
Le foto e i post, se non diversamente specificato, sono state realizzate da Salvatore Calafiore e si possono trovare, insieme ad altro, su: http://salvokalat.blogspot.com/
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