"Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo."
E' in un frangente come questo che pesa l'assenza di figure come Sciascia e Pasolini, non solo per la naturale mancanza di voci autorevoli che diano uno spirito critico all'Italia, ma ancor più per i principi morali del processo a Erri De Luca.
Da mesi si sta svolgendo un processo contro lo scrittore per il semplice fatto di aver detto che la TAV in Val di Susa va sabotata perché un'opera dannosa. Noi non vogliamo entrare nel merito della TAV ma vogliamo entrare in quello del processo. Le sue parole sono state prese come un'istigazione alla violenza per il solo fatto d'essersi schierato in maniera così netta.
Questo atteggiamento, se visto con gli occhi del Potere, trova tutta la sua legittimità essendo in difesa di un'opera importante; ma trattandosi di una causa che in molti (me compreso) ritengono giusta, la difesa ad oltranza del diritto alla salute e alla sicurezza dei cittadini va compreso. De Luca nelle interviste cita anche Gandhi, che proprio in virtù di un principio di legittimità contravvenne più volte la legge, ma si potrebbe aggiungere anche Martin Luther King, che sfidò la segregazione razziale violando la legge. Queste figure possono sembrare eccessive se paragonate a questa circostanza e a Erri De Luca, ma il principio è il medesimo.
L'aggravante di questa vicenda non è il fatto in sé, in quanto le dinamiche del Potere e degli interessi superiori sono note, semmai c'è la triste constatazione dell'assenza di solidarietà. Nessuno scrittore, a parte Roberto Saviano, ha dichiarato con forza il suo appoggio a Erri De Luca, ma anche negli altri ambienti culturali, nei movimenti politici e civili tutto tace. La stagione delle proteste contro ogni violazione di principi più o meno giusti sembra essere finita. C'è un diffuso pessimismo ma anche un'erosione dell'integrità delle idee che solo De Luca sembra avere il coraggio di portare avanti.
Nel nostro piccolo la redazione di Elapsus, con questo post, manifesta la propria solidarietà perché la voce di uno scrittore e di un uomo di cultura non va fermata attraverso un processo alla parola.
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