Il Mediterraneo non è un mare, il Mediterraneo è uno specchio che riflette l'immagine di chi lo guarda proiettandolo indietro nel tempo tra le navi che lo hanno attraversato, gli uomini che vi hanno combattuto e le civiltà che qui, floride, sono germogliate creando il più grande lago aperto della cultura. La storia di questo mare un tempo limite e confine del mondo potrebbe avere inizio da qualsiasi punto temporale della storia, allo stesso modo geograficamente parlando da molto lontano arrivarono i primi colonizzatori che sparsero il seme di una civiltà di cui ancora oggi siamo partecipi e che regge, come la colonna di un tempio tra le rovine, la nostra memoria.
Furono gli Eubei di Calcide i primi ad intraprendere il viaggio verso le coste del Mediterraneo fondandovi qui la prima colonia, Pitecusa, viaggio che sarebbe toccato successivamente in sorte a molti altri loro connazionali e che avrebbe portato sulle nostre terre la nascita di altre colonie come Taranto, Crotone, Sibari, Messina e decine di nuove ancora. Ma perché un popolo o almeno parte di esso avrebbe dovuto lasciare tutto quello che aveva per intraprendere una spedizione che per quei tempi aveva quasi dell'impossibile, sia per le condizioni di viaggio che per le imbarcazioni all'epoca ampiamente inadeguate? I motivi erano molteplici, siamo agli inizi dell'ottavo secolo e la vita delle popolazioni lasciava molto a desiderare, ma probabilmente il motivo cardine che spinse i primi coloni alla partenza fu quello della sovrappopolazione sul territorio. Si decise dunque di scegliere i giovani di ogni famiglia provenienti da ogni rango sociale (per evitare ovviamente i tumulti dei ceti più bassi) preferendo i nuclei familiari che avevano più di un figlio, in questo modo guidati dal famoso Ecista colui che avrebbe portato la fiamma del focolare della città fino alla nuova colonia e a cui veniva affidata ufficialmente la fondazione di quest'ultima si dava il via alla spedizione.
I Greci erano navigatori abilissimi secondi probabilmente solo ai Fenici, i più grandi mercanti del mondo antico, commercianti di porpora e fondatori della colonia di Cartagine nel 816 a.C. Chi partiva come colonizzatore doveva intraprendere un viaggio tutt'altro che di sicuro approdo
le imbarcazioni erano solite viaggiare vicino alle coste orientali del Peloponneso cosi da avere sempre un punto di riferimento visibile anche nella notte (nonostante molto spesso ci si orientava usando le stelle come bussole) e luoghi dove sostare in caso di emergenza, ci si lasciava dunque sulla destra le isole Cicladi, arrivati però presso il promontorio di Capo Malea iniziavano i primi problemi. I pirati per sorprendere i viaggiatori si nascondevano dietro l'isola di Citera, non restava dunque che navigare nella strettoia del promontorio e avviarsi poi verso le isole ionie continuando il viaggio lungo il Canale d'Otranto.
Eppure quasi per paradosso, secoli prima, il più abile dei navigatori greci non riuscì a ritrovare la strada di casa, dopo una guerra durata dieci anni il vento lo spinse in un viaggio della medesima durata consacrandolo all'immortalità.
Ulisse il demagogo, Ulisse l'eversore di città, Ulisse dal multiforme ingegno quanti aggettivi hanno camminato a fianco di colui che ancora oggi è il protagonista della letteratura per eccellenza e non è un caso che i tre giganti di quest'ultima, Omero, Virgilio e Dante lo abbiano inserito unilateralmente nelle loro opere in modi ovviamente differenti. Ma la forza di Ulisse è quella di aver fatto del suo viaggio un topos millenario il suo bagaglio permanente che ha creato nella cultura occidentale la concezione non di partire come azione per arrivare ma partire per un continuo perdersi e domandarsi senza accontentarsi delle risposte, è in questo modo che il signore di Itaca ha toccato le coste del Mediterraneo senza mai lasciarle.
Secondo alcuni Ulisse non è mai esistito per altri non fu il re di Itaca ma un semplice mercante come tanti che navigarono nel Mediterraneo prima della colonizzazione, altri studiosi invece come Lorenzo Braccesi affermano che Ulisse fosse esistito realmente ma le vicende che lo hanno relegato all' immortalità letteraria non si svolsero sulle coste mediterranee bensì in quelle greche, soltanto dopo i mercanti e i coloni che iniziarono a vivere sulle nostre sponde spostarono geograficamente le vicende dell'eroe omerico nei luoghi dove vi si insediarono per cercare di ricreare un clima familiare e dunque di sentirsi a casa.
Sardegna, Campania, Sicilia, stretto di Gibilterra queste sono per altri le mete che raggiunse Ulisse e non solo. Armin Wolf studioso di storia antica e non solo da quasi un trentennio porta avanti le sue ricerche sulle rotte che l'eroe di Itaca avrebbe intrapreso, avanzando una tesi che fino a qualche tempo fa poco veniva presa in considerazione. Ulisse prima di fare ritorno a Itaca si ferma presso l'isola di Scheria terra dei Feaci che per molti coincide con l'isola di Corcira, in realta per Wolf la terra di re Antinoo e della principessa Nausicaa dove Ulisse naufragò fu invece l'istmo più stretto della nostra penisola nonché il golfo di Lamezia Terme in Calabria. Ulisse risalì il fiume Amato nei pressi di una piccola località tra Tiriolo e Marcellinara in provincia di Catanzaro dove (sempre secondo Wolf) sul punto più alto era posizionata la reggia di re Antinoo e non a caso Omero racconta: "ammirò i due golfi e le navi".
Dunque attraversò tutto l'istmo fino a raggiungere le sponde di Squillace così da poter fare ritorno a Itaca senza dover attraversare nuovamente i mostri di Scilla e Cariddi. Ovviamente questo tipo di ricerca pone un volto completamente nuovo all' Odissea che può quindi essere considerata la più antica trattazione geografica della storia e non solo poesia in versi.
Finito il lungo periodo dell'egemonia greca e delle sue colonie il Mediterraneo, dopo la prima guerra punica, passò nelle mani di Roma, la Sicilia nel 221 a.c divenne la prima provincia e prima esportatrice di grano dell'impero, le colonie greche vennero sostituite dagli avamposti romani, la greca Skylletion divenne Scolacium, Poseidonia si trasformò in Paestum e allo stesso modo Sybaris e Taranto in Thuri e Tarentum Neptunia ponendo cosi fine ad una cultura millenaria e aprendone un'altra.
Guardando oggi il "Mare Nostrum" (così lo chiamarono i romani) inteso come comunità delle popolazioni che vi si affacciano lo vivono e lo respirano, verrebbe da dire che nulla sia rimasto di quello che è stato e di quei modi antichi , diversamente più che un lago di cultura viene visto come un lago di morte eppure oggi muoiono i migranti che cercano di fuggire da condizione inumane, ieri scappavano i coloni per motivi che cautamente possiamo definire simili, ma così come questo "ieri" non svalorizzava la grandezza del Mediterraneo così oggi si deve almeno tentare di proteggerlo ritrovando quei baluardi di antichità e civiltà che si trovano oltre i templi di Selinunte più in alto delle colonne di Paestum o degli anfiteatri di Siracusa, ma molto più vicini di quello che pensiamo, noi.
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