6 agosto 2017

La vita in un bagaglio a mano. Consigli per l’uso di Gabriele Romagnoli


Si può iniziare a raccontare una storia, una vita, mentre si è stesi ancora vivi in una cassa da morto? Il racconto, suddiviso in brevi capitoli dal sapore realistico-moderno, narrato da Gabriele Romagnoli è una narrazione che ha inizio proprio da lì, da una cassa da morto, o anche, dalla fine della vita per raccontare la vita. Il viaggio prende le mosse dal desiderio di comprendere il tanto ricercato “senso della vita”, il peso delle cose e, soprattutto, arrivare a capire il nocciolo della propria esistenza, o almeno avanzare elucubrazioni, ipotesi soddisfacenti sullo stato della propria esistenza. Metodi estremi in un tempo di estrema razionalità. L’agenzia della morte, con sede nella Corea del Sud, offre alla popolazione con il più alto tasso di suicidi la possibilità di diventare attori coscienti di un evento ineluttabile. In Occidente parlare della morte è tabù, nella terra del tramonto sono preferibili atteggiamenti meno riflessivi e goderecci. La cultura occidentale è un continuo invito alla notte del pensiero abbagliato dalle folgori dell’edonismo più sfrenato. Anche questo, in fondo, è un modo per morire.

Per spiegare il metodo di viaggio narrato, Romagnoli utilizza una metafora che colpisce noi tutti, uomini in continuo movimento nel flusso liquido dell’esistenza: partire sempre, ma senza ingombri, alleggerendo il peso dello spostamento portando con sé solo il bagaglio a mano. “I bersagli mobili” sono i più facili da colpire, questa è la lezione che l’autore ha imparato in un viaggio a Kigali, capitale del Ruanda. Muoversi con poco peso facilita il cambio di rotta, e la mutazione del percorso, lungi dall’essere un atto di debolezza, è una spinta a considerare nuovi punti di vista, l’occasione di vivere lo spazio ed il tempo in maniera relativa. Il sabato, sacro giorno di liberazione dei paesi occidentali, è così un giorno irrilevante in quei paesi in cui è il venerdì a sancire l’atto del riposo. Viaggiare nello spazio è muoversi nel tempo, e ogni spazio nuovo rivoluziona la suggestione imposta del momento. Unica certezza: muoversi con poco peso: anche “i Kamikaze dell’11 Settembre viaggiavano con bagaglio a mano”, ricorda Romagnoli, strategia vincente nel perseguire anche gli eventi più tragici. 

Il parallelo tra la strage dell’11 Settembre e il caso italiano del delitto Parolisi, corre tra gli antipodi tematici per eccellenza, ossia la morte e l’amore, mentre in mezzo sta la menzogna. Prima della partenza verso un aereo da dirottare, o verso l’uccisione della madre dei propri figli, si raccolgono una serie ininterrotta di bugie alle persone care, un “ti amo” detto prima di salire sull’aereo e una promessa all’amante alla quale si giura una nuova vita. Ma nel bagaglio a mano non c’è spazio per troppe vite, una sola esistenza, peraltro straripante, è già un peso superiore ai chili consentiti. Così, portare con sé più vite, squilibra i conti con se stessi, con risultati le cui conseguenze incidono sulle persone care, fino a sfociare in veri lutti mondiali.

La cultura dell’alleggerimento è per Romagnoli non solo un pratico manifesto per turisti che amano viaggiare scevri da pesi eccessivi, è anche un pensiero contro-moda, un viaggiare contro la cultura postmoderna che asseconda atteggiamenti volti all’accumulo materiale e allo svuotamento interiore. “Avere” e non “Essere” è un modo di vivere i cui tratti salienti si evidenziano nelle mode del momento, nella prospettiva in cui le parole esprimono la profonda differenza che c’è nel mondo della comunicazione via Facebook, tra “avere” un contatto ed “essere” un amico. Abituati all’accumulo, anche nel collezionare rapporti umani dalla profondità dubbia, viviamo le relazioni interpersonali come avventori in un grande fast-food: fila veloce, cibo scadente e a poco prezzo. Siamo gli uomini del “tutto e subito”, uomini del segno più, direbbe Romagnoli. Il segno meno, quello che detrae, che decurta e snellisce ciò che si ha, non è in voga nel nostro Zeitgeist, eppure è dall’esperienza della mancanza, della sottrazione che può anche ferire, che si possono scoprire doti sconosciute e, al contempo, si impara a dare valore ai pochi amici da portare al ristorante, e non al fast-food, alle parole che si possono ascoltare e agli oggetti da portare con sé.
Il bagaglio perfetto, riassume Romagnoli, è essenziale fuori e dentro. Non bisogna lasciarsi incantare dal design incantevole e dai materiali solidi, una valigia dal materiale robusto e pesante non permette di trasportare con sé molto peso. Sarebbe necessario optare per un’estetica semplice ma funzionale, un bagaglio flessibile per esistenze in movimento, contenente al suo interno scomparti e cerniere, da aprire nei casi di emergenza. Questi accorgimenti non fungono solo al manuale del buon viaggiatore in aereo, bensì è una metafora esistenziale a tutto tondo, un invito a prediligere l’autenticità all’estetismo vuoto e inefficiente. Prima della partenza sarebbe altresì auspicabile munirsi di una duffel bag, una pratica borsa ripiegabile da usare nei casi di emergenza, da riempire e svuotare all’occorrenza. Fuor di metafora la duffel bag è il famigerato piano b, un misto di fermezza e leggerezza dell’essere per non perdersi nei meandri sconosciuti delle prove non superate della vita, magari da tenere protetto in una cerniera ben nascosta del bagaglio. 

Così il bagaglio da portare a mano, una volta aperto, mostra luoghi più estesi di ogni valigia, è l’interno di ogni vita piegata in spazi ridotti per consentire ad essa un passaggio più fluido e leggero in spazi che sono più grandi di noi. Comprendere la vita e ri-trovarne un senso nella lezione narrativa dell’autore bolognese, è un percorso individuale immenso, una perenne ri-costruzione del sé alla ricerca del superamento di ogni limite imposto. “Dovremmo imparare da Sting” il noto cantante, chiosa Romagnoli, che ha deciso di non lasciare ai propri figli alcuna eredità economica, affinché essi possano imparare a contare solo sulle loro capacità. É questo il buon decalogo dei viaggiatori di vita, tra un piano b e una borsa ripiegabile, tutti un po’ figli di Sting ed ognuno, a suo modo, un inaspettato viaggiatore con bagaglio a mano. 

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