18 dicembre 2017

"Il giuramento" di Claudio Fava

Il giuramento, claudio fava

Mario Carrara era uno dei più importanti medici legali italiani, i suoi libri e il suo insegnamento universitario erano stimati anche lontano da Torino, città in cui viveva. Pur essendo intriso delle idee lombrosiane che nei primi anni del ‘900 interpretavano l’aspetto fisico con la predisposizione criminale, non sembrava giudicare attraverso quelle idee il comportamento altrui. Egli amava la scienza e ad essa si atteneva, secondo uno scrupolo che non gli consentiva di prendere mai concrete posizioni politiche. Ma la morsa del fascismo si spandeva e mentre egli come tanti altri si voltava dall’altra parte, il tempo delle scelte era alle porte.

Pur essendo circondato da amici e colleghi che con varie modalità si opponevano al fascismo, il professore non intendeva affatto “sporcarsi le mani”, egli rimaneva sulle sue: indifferente. Sono queste le ricorrenti allusioni all’interno dell’opera: la vita che non viene mai morsa come il suo quarto di mela a colazione, il libro di un suo studente che reca come titolo Gli indifferenti di Alberto Moravia e persino l’incapacità di gettarsi in una storia d’amore con la sua cameriera sempre in attesa di un suo gesto concreto. 

Il fascismo però andava oltre, gli oppositori venivano gettati in carcere e pestati, come uno dei suoi studenti il cui cadavere viene esposto ai suoi allievi durante una sua lezione di anatomia. In fondo era quello il volto della “nuova Italia” che la gente comune ignorava inseguendo marce e canzoni patriottiche. La via più semplice, quella che consente di non prendere decisioni, quella che assoggetta tutti sotto un governo autoritario è la comodità di restare indifferenti. Questo è ciò che egli comprende quando giunge nell’autunno del 1931 la richiesta per tutti gli insegnanti universitari di prestare giuramento al fascismo. Il rettore lo considerava come una pura “formalità”, invece era un atto con cui tutti dovevano compromettersi: “Il fascismo ci vuole tutti compromessi” così in una delle battute. Una formalità che invece indurrà Carrara al rifiuto, il famoso rifiuto dei dodici insegnanti italiani che ebbero il coraggio di perdere tutto e di vedersi inevitabilmente negato l’accesso all’insegnamento e al lavoro.

Quest’ultima opera teatrale di Claudio Fava, messa in scena magistralmente da Ninni Bruschetta assurge ad un valore culturale ed etico molto alto e rinnova, nella rievocazione storica di quei giorni, l’indifferenza di cui siamo vittima anche oggi. L’autoritarismo dell’oggi non marcia il sabato mattina con le camicie nere, ma ti impone che il diritto che fino a ieri impediva d’essere licenziato senza una giusta causa venga cancellato senza resistenze. L’autoritarismo dell’oggi consente ad alcune aziende di minacciare ritorsioni salariali o il blocco della carriera a coloro che vogliano di aderire ad uno sciopero di protesta. O come quella legge dello Stato che impone un “trattamento sanitario obbligatorio” (i famosi dodici vaccini) che per una legittima prevenzione sanitaria che prevedeva però in prima battuta persino la perdita della patria potestà per chi non si fosse adeguato. Oppure il blocco senza il giudizio d’un tribunale dei siti e dei profili definiti vagamente (e con ampi margini d’interpretazione) di fake news, passando per la facile querela ai giornalisti o la schedatura indiscriminata di coloro che hanno avuto la “colpa” di viaggiare anche per mero svago in Iran, in Egitto e in altri paesi a rischio.

La voglia di non occuparsi dell’oggi, di mantenersi indifferenti di fronte all’involuzione del presente ci rende sempre più compromessi, finché giungerà presto un giorno in cui saremo costretti a giurare fedeltà... E in quel giorno, cosa faremo? Riusciremo ad avere il coraggio del professore Carrara, oppure sceglieremo “per ragioni politiche” (come afferma uno dei colleghi socialisti di Carrara) che giureranno perché “opporsi è una mera follia”? Forse lo è, ma è anche vero che l’opera teatrale Il giuramento celebra l’eroismo di un uomo che ad un certo punto non volle più voltarsi dall’altra parte.




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