16 gennaio 2018

Montanari vs Franceschini ovvero idealismo e realpolitik

montanari e franceschini

Ieri sera è andata in onda una puntata (per me) più interessante del solito su Otto e mezzo condotta dalla solita Lilly Gruber. Gli ospiti erano il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e lo storico dell'arte ed editorialista Tomaso Montanari (di cui ricordo le splendide puntate su Rai 5 dedicate al Bernini). 

E' sotto gli occhi di tutti come la gestione Franceschini, tra luci e ombre, ha prodotto dei risultati: i nuovi direttori nominati con concorso internazionale, una riorganizzazione degli enti e dei musei e le famose domeniche gratis. Sono dati che rispetto al solito niente degli anni passati risulta essere un cambiamento e un segno di attenzione. 
Tra i più critici rispetto a tali scelte vi è appunto Montanari che entra nel merito delle questioni più che altro seguendo uno schema ideologico: le domeniche gratis non vanno bene perché troppa folla che limita la godibilità dei musei, l'ossessione per il numero dei visitatori a scapito della qualità, la volontà di fare cassa senza una reale presa culturale e via discorrendo. Gli argomenti di Montanari sotto certi aspetti sono impeccabili e onesti, ma sono fermi ad un'idea poco realistica dell'odierno.

I beni culturali sognati dallo storico dell'arte non esistono, non solo perché i Ministri della Repubblica non si prodigano in quella direzione ma perché l'onda lunga dei tempi ci sta conducendo fin lì. I modelli culturali di riferimento sono, purtroppo, le mostre ad effetto e prive, magari, di contenuti ma spettacolari dei fatti. Sono queste cose a fare presa perché la cultura e il pubblico oggi è questo. L'intento educativo delle istituzioni è stato volontariamente cancellato per condurci ad un appiattimento, per certi versi, quasi imposto dal segno dei tempi. E se Montanari avrà le sue ragioni per tirare in ballo lo svuotamento delle Sovrintendenze o l'abbassamento delle tutele favorito dalla cosiddetta legge "Sblocca Italia", la realtà è che tutto va in quella direzione, non solo perché siamo in Italia ma perché persino all'estero la direzione è questa.



In conclusione, a parte la difesa d'ufficio tipica della Gruber (interrompere la controparte critica o minimizzare il merito delle questioni) un dato emerge in questo scontro di visioni interpretato dai due ospiti della serata: che ci piaccia o no la società scivola verso questo approccio grossolano, pop e superficiale. Ogni difesa nel merito, per quanto legittima, intelligente e arguta, non trova spazio né grandi sostenitori. Il buonsenso non è di questo tempo, perché questo tempo applica dei valori altri e l'unica cosa possibile è adattarsi: magari evitando di fare troppi danni.


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