26 febbraio 2018

La vita sospesa della Crimea

Sebastopoli
Memoriale al soldato e al marinaio a Sebastopoli

Quando si atterra all'aeroporto di Sinferopoli si ha subito la sensazione d'essere giunti in un luogo sospeso dove sembra di dover trattenere il fiato per respirare il più tardi possibile.
Appena aperte le porte dell’aeromobile il mio primo pensiero è stato quello di verificare se fosse vero il fatto che la mia SIM non avrebbe ricevuto alcun segnale di rete: il mio smartphone in effetti mostrava degli strani asterischi al posto del nome e delle tacche del gestore di telefonia locale, a conferma di quanto detto. Questo blackout del roaming per i gestori occidentali vige in tutta la Crimea, salvo non volerla aggirare acquistando una scheda locale. Tutto ciò mi pone nella spiacevole sensazione di sentirmi un fuorilegge, come una persona che non rispetta i dettami delle sanzioni internazionali imposte alla penisola. Questo particolare status faceva temere ai miei parenti a casa l’idea che la regione fosse pericolosa, magari per la presenza dei militari “invasori” per le strade, con posti di blocco e sacchi di sabbia a protezione dei punti sensibili… E invece nulla di tutto ciò era vero.

La distorsione dei fatti e la rappresentazione errata della realtà sorta più che altro dalla frammentazione delle notizie provenienti da questo angolo di mondo, collega questa terra alle violenze nel Donbass tra i separatisti russi e gli ucraini. I fatti purtroppo vengono messi in un unico calderone dopo la svolta politica filo-occidentale dell’Ucraina post piazza Maidan; entrambe le questioni vengono poste sullo stesso piano, ma non sono la stessa cosa. Il Donbass è entrato in armi per separarsi dall’Ucraina, mentre la Crimea ha semplicemente votato la sua annessione alla Russia evitando di far scoppiare un’inutile zuffa. Ufficialmente è stato il Parlamento Autonomo della Crimea a chiedere l'annessione tramite un referendum mai riconosciuto dalla comunità internazionale, e in questo colpo di mano ai danni dell'Ucraina si sono scatenate le frizioni contro l’orso russo, ma soprattutto contro la penisola di Crimea. Per questa ragione il roaming, le carte di credito, la posta, i voli aerei e i servizi turistici occidentali sono bloccati in tutto il territorio. 

Putin slogan Crimea
Uno dei cartelli di Putin sulla costruzione del ponte di Kerč'

Questo repentino cambio geopolitico della Crimea si evidenzia ancor più nei mutamenti di pelle di tutti i giorni: tutti i prefissi, le targhe e i siti internet sono cambiati, e in pochi mesi la mia Lonely Planet sembrava una guida che descriveva una nazione uscita dall’oggi al domani, dalla morsa dei regimi comunisti dell’Est. Molte attività indicate non esistono più, altre si sono aperte e altre ancora sono migliorate. Nonostante le pesanti sanzioni che impediscono alle attività commerciali di insediarsi senza troppi problemi, la Crimea sta comunque conoscendo una stagione nuova. Ai bordi delle strade campeggiano gli slogan del presidente Putin, che ricorda i benefici in atto per la penisola: dall’imponente ponte di Kerč' che collegherà a breve la Crimea alla Russia, passando per tutti gli investimenti atti a rimarcare il fatto che le inefficienze e gli errori del passato sono finiti. Ma nell’immediato presente gli unici che riempiono gli alberghi e le strade di Jalta o di Sebastopoli sono i turisti russi alla ricerca del sole e di un clima mediterraneo, famoso sin dai tempi dell’Unione Sovietica. Pochi, pochissimi gli occidentali, salvo qualche gruppetto di sparuti asiatici dallo scatto facile.


palazzo del Khan a Bachčysaraj
Il palazzo del Khan a Bachčysaraj

A Bachčysaraj l’antica capitale del Khanato di Crimea mi sono sentito come in uno dei sobborghi di Sarajevo, forse per la presenza dei monti che cingono il paesino da tutti i lati e che mi ricordavano le tremende immagini della città sotto l’assedio serbo. Probabilmente la mia evocazione è dettata dall’alternarsi dell’architettura slava a piccole moschee ottomane, per non parlare delle suggestioni del palazzo del Khan. Per secoli qui i Tatari musulmani di Crimea sono vissuti in un’enclave simile a quella bosniaca, circondati da cristiani ortodossi la cui convivenza non ha mai prodotto problemi, salvo le deportazioni in Asia Centrale (soprattutto in Uzbekistan) a causa di un’infame accusa di collaborazionismo con i tedeschi costruita da Stalin a caccia di “nemici del popolo”. Così anche oggi il cibo e i sapori mantengono un filo conduttore con le lontane steppe asiatiche, grazie a coloro che sono tornati alle terre di origine.


Monumento delle navi affondate sebastopoli
Lungomare di Sebastopoli e il Monumento delle navi affondate

Per capire le ragioni geopolitiche delle mire russe sulla regione, bisogna necessariamente visitare Sebastopoli. In questa bella e orgogliosa città militare, la flotta navale russa è parte integrante dell’economia e della storia locale. La presenza del porto militare infatti risale all’epoca zarista, e neanche il precedente schiaffo dell’Ucraina alla Russia ha mai allontanato questa solida presenza. In effetti scalzare la flotta russa da Sebastopoli significava limitare fortemente l’azione militare di Mosca, che qui ha un avamposto fondamentale per l’accesso al Mediterraneo. Ma c’è un’altra ragione da considerare, in Crimea, ma soprattutto a Sebastopoli, la stragrande maggioranza dei cittadini è russa e non ucraina. E per quanto sia indicativa la battuta stizzita d’una ragazza che nella foto non voleva inquadrata la bandiera russa, de facto la bandiera sventola anche per chi si ritrova oggi governato da una nazione non più amata come un tempo. 
Sebastopoli possiede un’identità militare sin dalla Guerra di Crimea quando anche i soldati piemontesi vi giunsero grazie al fiuto politico di Cavour che, intervenendo in quel luogo lontano, preparava il terreno all’Unità d’Italia. E poi c’è l’eroica resistenza contro l’avanzata tedesca durante la seconda guerra mondiale, che ha suggellato il sacrificio di tanti soldati e patrioti sovietici ampiamente ricordati nei molti monumenti della Guerra Patriottica.


Balaclava
Balaclava
base segreta dei sottomarini sovietici
La base segreta dei sottomarini sovietici

Poco lontano da qui c’è un tranquillo porto di mare pieno di piccole imbarcazioni, barche a vela e pescherecci che in estate fanno la spola per portare i bagnanti nelle vicine spiagge. Questa tranquilla località si chiama Balaclava, oggi meta turistica, ma sino a pochi anni fa non esisteva neanche nelle mappe ufficiali, essendo una delle cosiddette “città chiuse” dell’Unione Sovietica. Qui nessuno poteva entrare, eccetto i residenti e i militari che affollavano la base segreta che si nascondeva sotto il monte. La segretezza era necessaria perché durante la guerra fredda questa era una base che ospitava i sottomarini nucleari sovietici. Oggi la base è stata dismessa ed è diventata un museo molto visitato, forse perché ricorda con un velo di nostalgia il passato o forse perché mostra da vicino come si viveva in un contesto da film di spionaggio.


I piani di attacco nucleare statunitensi contro l'Unione Sovietica

La base poteva ospitare sette sottomarini riforniti di armi e siluri attraverso un sistema di tunnel. Questi tunnel comunicavano con l’esterno e permettevano di far passare dalle imbarcazioni ormeggiate nel porto sino all’interno, le armi e i viveri su delle casse opportunamente camuffate. I sottomarini potevano essere manutenzionati in ogni sua parte ed erano sempre pronti ad intervenire, ma la cosa più impressionante di questa base è che era stata costruita per resistere allo scoppio ravvicinato di una bomba atomica. Quando si entra nei freddi corridoi dei lunghi sotterranei, tra le prime cose che la guida ci ha mostrato vi era un pannello che spiegava le ragioni di quella struttura. Nell’agosto del 1945 erano scoppiate le due bombe atomiche in Giappone e terminata la seconda guerra mondiale il nuovo obiettivo degli Stati Uniti era il gigante sovietico. Più di qualunque parola racconta l’immagine della propaganda americana che mostra un’ipotesi di attacco aereo nucleare combinato sul suolo della Russia. Quegli obiettivi, distribuiti sui principali centri abitati del paese, devono certamente aver raggelato il sangue ai dirigenti sovietici e allo stesso Stalin, tanto da indurli ad accelerare i piani del riequilibrio militare e nucleare con gli USA. Così, rovesciando per una volta la prospettiva, vedendola con gli occhi dei nostri ex nemici, si umanizzano tutte le ansie vissute anche oltre cortina da quei “cattivi” che per la nostra propaganda antisovietica amavano cibarsi dei bambini…


Jalta
Lungomare di Jalta

L’atmosfera si rilassa quando lasciata Balaklava ci dirigiamo verso Jalta. Lungo la strada statale superiamo l’insegna di un cimitero militare tedesco, mentre la costa del Mar Nero mostra tutto il suo carattere “mediterraneo” attraverso un rigoglìo di verde interrotto dalle bianche facciate delle ville super lusso e dagli alberghi a cinque stelle, finché dopo un’ora e mezza giungiamo del vasto agglomerato della città. 
Dopo aver lasciato le valigie in albergo prendiamo un lento e affollato marshrutka (un mezzo di trasporto collettivo tipico dei paesi a lingua russa), in questi mezzi è affascinante osservare le dinamiche comportamentali dei passeggeri. Le corse infatti non hanno un costo standard ma variano in base alla fermata che avviene in ogni punto del percorso. Se possibile il passeggero paga subito al conducente, ma se il mezzo è affollato può succedere di entrare dalla porta posteriore e non avere alcuna possibilità di raggiungerlo. In questi casi, all’approssimarsi della fermata il passeggero comunica la destinazione alla persona davanti dandogli i soldi per il conducente. Questi vengono passati di mano in mano sino a raggiungere l’autista che controllato il quantitativo ritorna il resto indietro finché di mano in mano il passeggero ottiene il resto. Non c’è bisogno di aggiungere nulla sul fatto che questa modalità è inattuabile in un paese come l’Italia, dimostrando quanto lo spirito collettivo della popolazione, ereditato dall’epoca sovietica sia in parte vivo nei russi. 


Nido di rondine
Il Nido di rondine al tramonto

Scendiamo quindi ad Alupka proprio di fronte al cosiddetto Nido di rondine, una costruzione dei primi del ‘900 in stile neogotico. Questo castello in miniatura posto su di uno spuntone di roccia è una delle attrattive più famose della Crimea, seppur, a parte la bellezza del panorama non abbia in sé nulla di particolare. Da qui prendiamo una barca per tornare a Jalta via mare, godendo dei meravigliosi colori del tramonto e della costa con le sue ville di lusso e le spiagge di settembre ormai vuote. Una delle costruzioni a ridosso del mare era la dacha presidenziale di Michail Gorbačëv divenuta famosa perché l’ex presidente fu tenuto in ostaggio per tre giorni, durante il tentato colpo di stato dell’agosto del 1991.
Jalta ha il sapore di una città vanitosa, la cui atmosfera un po’ chic si manifesta anche nei prezzi maggiorati nei menu di qualsiasi locale; d’altronde da qui passano tutti i russi che adorano la bella vita a base di caviale, champagne o vodka. Non è infatti difficile incappare in arroganti arricchiti in giacca e cravatta trattare i sottoposti con disprezzo, se non con cattiveria. 

Il viaggio si sarebbe concluso l’indomani col rientro in Italia passando obbligatoriamente da Rostov sul Don, e mentre le tacche dello smartphone tornano a segnare come di consueto la rete locale, nonostante sia ancora lontano da casa il mio respiro torna ad essere normale. Nonostante tutto in Russia mi sento più a mio agio che in Crimea.


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