Ieri. Era il 1908 quando a Faenza, nel pieno svolgimento dell’Esposizione internazionale dedicata al terzo centenario della nascita di Evangelista Torricelli, Gaetano Ballardini (direttore del museo fino al 1953) decise di realizzare il primo nucleo del museo internazionale delle ceramiche all’interno dell’ex convento di San Maglorio, grazie alle donazioni di artisti e collezionisti privati. Gli sforzi del direttore, delle istituzioni e di tutti coloro che ne parteciparono alla realizzazione, caddero in frantumi nel corso della seconda guerra mondiale, quando il museo fu vittima di un pesante bombardamento riportando danni sostanziali sia alla struttura sia alle collezioni. Nessuno si perse d’animo lavorando in prima linea per la riabilitazione degli spazi. Grazie agli interventi di restauro e alle nuove donazioni, il museo riaprì le sue porte nel 1949.
Oggi il percorso espositivo, sviluppato su due piani e organizzato in sezioni, si snoda tra le varie culture raccontando la storia della ceramica attraverso i manufatti conservati e i pannelli didattici.
L’inizio del "racconto", originale e curioso, parte dall’oriente. Le prime sale custodiscono le porcellane provenienti da Cina e Giappone. Serviti da tè, vasi ornamentali da esportazione con decori augurali, tokkuri, percorrendo la via della Porcellana, hanno raggiunto l’Europa, mostrando all’occidente la maestria dei suoi artigiani. Il vasellame, finemente decorato con motivi riferibili alla tradizione orientale, fa parte del repertorio culturale dei due paesi.
La sezione precolombiana cambia completamente stile. I materiali impiegati nella realizzazione dei prodotti artigianali sono l’osso, il metallo, il tessuto e la ceramica. La lavorazione rustica viene arricchita da ornamenti fitomorfi e zoomorfi. Statuette rudi ed espressive costituiscono non solo un elemento decorativo per vasi e bracieri, ma anche un richiamo alla tradizione liturgica.
I testimoni della produzione classica sono i famosi buccheri di origine etrusca, il vasellame rinvenuto nel Bacino del Mediterraneo e le anfore romane. Gli artigiani greci ed etruschi curavano nei minimi dettagli i propri manufatti con decorazioni realistiche (applicate, incise o a stampo); al contrario la produzione romana, come si può notare nella fabbricazione di utensili da mensa e i contenitori per il commercio, mirava per lo più alla funzionalità dell’oggetto.
Il percorso si conclude con le produzioni italiane, ed in particolare faentine, dal medioevo all’età contemporanea. La maiolica faentina primeggia nella metà del 500 con i "Bianchi di Faenza" esaltando i soggetti rappresentati con toni delicati ed essenziali. Nel corso del Medioevo e del Rinascimento l’iconografia si avvicina sempre di più all’aspetto religioso e devozionale. L’evoluzione dello stile e della tecnica si intreccia al volere dei committenti del tempo e della moda dando vita a creazioni del tutto diverse tra loro.
Diversi corpi stessa mente. L’intento dei maestri ceramisti, al di la del tempo del luogo e delle risorse a loro disposizione, è sempre stato lo stesso: creare per piacere e per dovere; unire l’utile al dilettevole. Ognuno a modo suo a saputo dar vita ad oggetti di valore unico, che preservano le memorie dei popoli, la diversità degli stili, delle tecniche e del gusto. La dissonanza di abilità, usanze e risorse si armonizza nella qualità del prodotto artigianale che ancora oggi viene fabbricato in tutto il mondo.
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