Sono molte le ragioni per cui ieri sera la Conversazione su Tiresia di Andrea Camilleri ha assunto i connotati di uno spettacolo che resterà nella mia memoria. L'eccezionalità di poter assistere all'ideatore di Montalbano recitare a teatro, nonché la confusa veste di recitante e recitato, unita abilmente dallo scrittore agrigentino. Egli divenuto ormai cieco, sembra tuttavia a suo agio nei panni del veggente che vede il futuro pur non potendo vedere fisicamente. A evidenziare questa veste sarà proprio una delle sue battute finali in cui afferma che il personaggio e la persona si sono finalmente ricongiunti.
Il monologo è una sorta di racconto del mitico personaggio che spesso si "Camillerizza" con battute come "Chiamatemi Tiresia, o se preferite Tiresia sono!", o quando richiama il suo ruolo attivo dicendo d'essere lui di "persona personalmente"... Un Camilleri in ottima forma nonostante il peso dell'età, un affabulatore elegante, piacevole e colto.
Il lungo excursus tra scrittori e poeti che hanno parlato di lui, lui Tiresia, mentre commenta piccato le assurdità scritte nei secoli in merito al suo cambio di sesso per cui qualcuno aveva affermato che s'era accoppiato con se stesso, o che fosse ermafrodito... Col tono ironico e scanzonato egli ci richiama all'ordine e alla logica delle vicende. Ma lo stesso personaggio si manifesta anche quando racconta d'aver realmente incontrato Ezra Pound alla RAI per pochi istanti, o d'essersi confrontato varie volte con Pasolini, mischiando realtà e finzione cui il personaggio ci conduce.
La sensazione d'aver assistito ad un evento per cui potrò dire "io c'ero", sta nell'unicità della serata e nella prima assoluta di questo testo che uscirà per Sellerio. Nonostante i suo prossimi 93 anni, Camilleri rappresenta quel monumento culturale rassicurante che l'Italia ha tutto il bisogno di coccolare e di scoprire.
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