Dal 10 Marzo 2018 è stata allestita nel salone del Nicchio, all’interno del Museo Archeologico Firenze, la mostra intitolata L’Arte di Donare. Soffermandosi sul significato del titolo, è possibile riflettere su quanto l’azione del dono abbia permesso la conservazione di reperti di natura artistica, archeologica, e storica determinando una pubblica fruizione del patrimonio culturale. Collezioni di dipinti, sculture, reperti archeologici e molto altro, lasciate in dono da personaggi influenti, hanno acconsentito ad una ricostruzione del contesto storico, ideologico e artistico del nostro paese, evidenziandone non solo gli aspetti generali ma anche le particolarità e le diversità.
In Italia il patrimonio nazionale è gestito in primis dal Ministero, che con l’aiuto di Soprintendenze, Enti, Istituti pubblici e privati e Associazioni, ne assicura la salvaguardia e la pubblica fruizione. I contatti con enti esterni vengono regolati dagli stessi, attraverso una serie di accordi, che consentono l’esposizione all’interno delle strutture italiane, di opere d’arte o intere collezioni provenienti dall’estero.
Gli oggetti esposti nel salone provengono in parte da donazioni ed appartengono ad un ampio arco di tempo che va dall’Antico Egitto al Medioevo. La pratica del dono ha quindi da sempre influenzato le menti dei proprietari, che se non spinti da cause di forza maggiore (morte, furto, esproprio) hanno fatto appello al loro senso civico, mettendo a disposizione del popolo “bellezze di proprietà privata”.
La tradizione greca, magnogreca, etrusca, italica e romana, legata a pratiche riguardanti la produzione di cibi e bevande, realizzava manufatti per il traporto e il consumo di questi. Crateri, onichoai, coppe, brocche [...] venivano decorate con elementi iconografici che richiamavano insegnamenti filosofico-religiosi del tempo, acquisendo quindi una doppia funzione: essere utili per l’usufrutto delle pietanze; essere belli e istruttivi. In occasione di banchetti o ricevimenti era buon uso portare in dono oggetti di questo tipo.
Sulla superficie di un cratere a campana apulo, esposto nel salone, viene raffigurata la Dea Atena mentre suona l’aulos (il doppio flauto), inventato da lei stessa. Il mito narra che specchiandosi, la dea avesse notato come le sue guance si gonfiassero nel far suonare il flauto e rendessero il suo volto malformato . Da qui la decisione di gettarlo.
Affiancati a questi si trovano monete greche e romane in uso nelle pratiche di compravendita. Esse venivano spesso decorate con emblemi araldici collegati a città o a cariche di potere. Prendiamo ad esempio un quartino bronzeo di Pisa, esposto in una vetrina del salone. Riporta da un lato la P e dall’altro l’aquila (i due simboli della città).
Di grande interesse sono anche i reperti egizi. Gli amuleti erano oggetti magici che collegavano il mondo spirituale con il mondo reale. Essi venivano donati come portafortuna e utilizzati per attirare forze positive sia nella vita terrena che ultraterrena. Nella sezione dedicata ad essi, all’interno del salone, ne possiamo ammirare alcuni realizzati in faïance ( terracotta smaltata con materiale vetroso), raffiguranti la dea Toeris, la dea Sekhmet e il dio Path.
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