Quando sono giunto presso l’area archeologica di Sparta ho sentito un fremito. Non so bene spiegare per quale ragione, ma quell’area somigliante più a un parco senza visitatori, ombreggiato da ulivi e interrotto dai pochi reperti affioranti mi riempiva di gioia. Ero sulla mitica acropoli dei Lacedemoni e da qui si potevano scorgere le cime ancora innevate del Monte Taigeto. Fu in quel momento che mi resi conto di respirare la forza evocativa di una storia che coinvolge una parte cospicua del nostro modo di pensare e di essere.
Provenendo dall’“isola plurale” di Sicilia, come amava definirla Bufalino, ma soprattutto da una città come Siracusa che esprime grecità in ogni dove. L’itinerario dei luoghi della grecità, costruito secondo l’esigenza di toccare con mano laddove la civiltà occidentale ebbe inizio, ha richiesto la volontà di ricercare alcune specificità nascoste nel mare vasto della storia greca antica. Di quei luoghi visti spesso in un documentario o citati in un libro o in un passo chiarificatore di Tucidide, ne ho tratto un mio reportage. Mi si perdoneranno i rimandi al luogo natìo con ingenui e spesso ripetuti campanilismi, chiedendo al lettore di seguirmi nei vari articoli in cui ho suddiviso questa lunga (ma necessaria) esposizione.
Atene
Non ha senso parlare di Atene rievocando semplicemente i fasti della polis, essendo un concetto noto a tutti sin dai banchi di scuola. Meno noto è forse il fatto che il suo declino è strettamente collegato agli esiti dell’infausta Spedizione in Sicilia condotta tra il 415 e il 413 a.C. e che distrusse l’imponente flotta navale Ateniese presso le acque del porto di Siracusa.
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Il Teatro di Dioniso ad Atene |
Al di là dell’ineguagliabile potenza evocativa concessa dalle pietre dell’acropoli, sembrano aleggiare anche le tematiche immortali del teatro di Eschilo, Sofocle, Euripide o Aristofane. Le prime opere venivano messe in scena presso il Teatro di Dioniso (V sec a.C.) all’interno delle celebrazioni religiose delle dionisie, ricevendo in molti casi gli onori degli agoni tragici o comici e donando agli autori una fama imperitura. In questo clima che unisce la celebrazione religiosa della divinità e l’impeto competitivo, si situa il monumento coregico di Lisicrate (335 a.C.) eretto a seguito della vittoria del primo premio in una prova di danza e coro drammatico.
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Stoà di Attalo |
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Ostrakon col nome di Temistocle |
Ma non si può anche dimenticare che ad Atene avevano avuto un ruolo importante sia Platone, il cui legame (ancora una volta) con la polis di Siracusa si realizza nella speranza di fondarvi la repubblica ideale e ovviamente Aristotele. Del loro insegnamento restano fisicamente solo poche pietre, le vestigia dell’Accademia di Platone e del Liceo di Aristotele oggi poco frequentate anche dai turisti. A quelle poche pietre però contrasta la possanza di altri edifici dell’antica Atene, ristrutturati e ricostruiti secondo un processo di recentissima anastilosi che in Italia potrebbe essere vista come sacrilega. In alcuni casi la ricostruzione assume le sembianze monumentali, come per i propilei dell’acropoli, in altri come un mero scandalo in cui i marmi bianchissimi paiono un’aggiunta fin troppo forzata rispetto al senso antico della pietra esposta da secoli alle intemperie. La stoà di Attalo ad esempio, ricostruita negli anni ’50 del secolo scorso, per quanto impressionante nel fasto visivo, sembra più che altro un’attrazione da parco giochi (forse perché l’anastilosi è stata finanziata dagli americani?). Tuttavia al suo interno vi sono dei reperti interessanti come gli ostrakon, ossia dei pezzi di ceramica in cui veniva inciso il nome del soggetto da ostracizzare. L’ostracismo avveniva attraverso un voto ed era rivolto a quei cittadini sospettati di aspirare alla tirannia: ciò comportava un esilio di 10 anni. Il nome più famoso che compare in parecchi cocci è quello di Temistocle figlio di Neocle, politico Ateniese durante le pericolose campagne persiane in terra greca. Ma c’è anche la curiosa forma di un antico vasetto in terracotta per bambini, per non parlare delle numerose bambole snodabili della stessa epoca, a conferma del fatto che certe creazioni sono molto più antiche di quanto si pensi.
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Un bassorilievo circolare del Museo Archeologico di Atene |
Ma è il Museo Archeologico Nazionale di Atene a riservare le maggiori emozioni, soprattutto per la qualità dei reperti come: statue, bassorilievi, erme e vasi attici. Se si osservano con attenzione le forme della statuaria prodotta in loco e la si confronta con le sculture a noi più famigliari, ossia quelle di epoca imperiale, ci si rende conto di quanto i romani non riuscissero a competere con i greci in questo ambito. L’espressività, unita alla gestualità e alla perfezione plastica delle forme, è ineguagliabile, anche rispetto a molte altre città di cultura greca. Il museo inoltre riserva qualche sorpresa, come ad esempio certe statuette di epoca romana che mostrano divinità egizie in divisa imperiale, traccia d’un interessante sincretismo con i culti orientali; d’altronde è pur vero che molti culti mediorientali ed egiziani giunsero a Roma, basti pensare a quello mitraico proveniente dalla Persia o il simbolo della svastica spesso presente nelle case romane.
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Mappa dei reperti micenei |
Troviamo anche la Maschera di Agamennone scoperta da Schliemann a Micene, che è in realtà una maschera mortuaria appartenuta ad un uomo di alto rango. Ed è proprio l’abbondanza di oro a colpire di questa civiltà, tanto florida da lasciare tracce di sé un po’ dappertutto: fa impressione vedere una mappa che mostra i vari reperti micenei trovati in Egitto, in Mesopotamia e persino in Polonia!
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Fodero di pugnale miceneo |
In alcune vetrine sono esposti dei sigilli in oro che rappresentano il fiore della vita, un simbolo che già allora doveva emanare significati profondi, per non parlare di uno straordinario fodero di pugnale con placca in oro che mostra una maglia di triscele che si riducono di dimensione mutando il loro motivo interno: una finezza decorativa che richiama alla mente le moderne bizzarrie compositive di Hescher.
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Scultura cicladica |
Particolare fascinazione la trasmettono gli idoli cicladici dalle forme semplici, oserei dire minimali, che noi moderni potremmo accostare alle opere di Brancusi o di Modigliani, un primitivismo che diventa archetipo per l’arte dei secoli successivi.
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Un bassorilievo ittita |
Tra i reperti trovati in Grecia vi erano esposti dei bassorilievi assiri, segno di uno scambio proficuo tra i due popoli con conseguenze di sincretismo stilistico. La stilizzazione di queste figure richiama alla mente quelle provenienti dalla medesima zona, stiamo parlando delle aree assire oggi ricadenti nei territori della Turchia. La somiglianza ai bassorilievi di Gobekli Tepe, ben più antichi rispetto a quelli assiri, sembra plausibile. Ma c’è anche un dettaglio che mi ha colpito, ed è quello relativo alle spirali. I motivi spiraliformi sono molto diffusi in varie aree del mondo, è un simbolo archetipo su cui non è il caso di soffermarci troppo per non uscire dal tema. Tuttavia mi ha colpito una doppia spirale che somiglia parecchio a quella del portello in pietra della Cultura preistorica di Castelluccio nel siracusano. Il portello rappresenta un atto sessuale, l’unione del maschile con il femminile, ma è anche simile al simbolo dell’Assemblea Regionale Siciliana che proviene in realtà dalla decorazione di un vaso della Cultura di Serra d’Alto del V millennio a.C. presente in alcune aree del sud Italia e in Sicilia.
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Bassorilievo ittita
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Olla della Cultura di Serra d'Alto
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Eleusi
Non ci sarebbe alcuna vera ragione per fermarsi in questa cittadina posta ad una ventina di chilometri da Atene se non fosse dipeso dall’importate funzione che essa ha svolto in epoca antica. Eleusi era collegata alla polis Attica tramite una via sacra, la iera odos, oggi scomparsa per fare posto ad una omonima strada a scorrimento veloce. La iera odos cominciava presso il cimitero del Ceramico di Atene. Nei periodi previsti, gli iniziati ai Misteri Eleusini percorrevano la via a piedi, seguendo un percorso a piedi oltreché interiore che li predisponeva al rito finale compiuto poi nell’edificio del Telestrion di Eleusi. Le tappe di questo percorso prevedevano delle soste in alcuni templi, come il tempio di Apollo là dove oggi c’è il Monastero di Daphni, passando anche dal santuario di Afrodite ancora oggi riconoscibile dalle nicchie in cui venivano lasciati dei doni alla dea. Quando vi sono giunto è stato curioso vedere come qualcuno avesse lasciato della frutta fresca sulla recinzione: forse una scaramantica richiesta, proprio come riscontrato nel tempio di Afrodite lungo le pendici dell’Acropoli in cui i turisti ripongono a tutt’oggi dei sassi e persino dei messaggi augurali.
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Il santuario di Afrodite |
Ci sono importanti elementi caratteristici che riguardano i Misteri Eleusini. Innanzitutto erano considerati dei saperi iniziatici che permettevano di accedere ad una consapevolezza superiore. I misteri avevano un grande successo in epoca antica contando grandi numeri, tanto che l’edificio del Telestrion (lo vedremo) era molto grande, proprio per accogliere folle di iniziati. Di questa conoscenza ne erano intrise le più alte personalità greche come Platone, Alcibiade ed Eschilo che subì persino un processo per aver rivelato alcuni aspetti dei Misteri nelle sue opere, o l’imperatore Adriano, mentre a Marco Aurelio fu concesso di entrare nella parte sacra, l’anaktoron.
I misteri si collegano al culto di Persefone e Demetra attraverso delle ritualità legate alla fecondità della terra e alle conoscenze antiche dell’uomo in funzione della ciclicità naturale. La leggenda si collega anche alla Sicilia, precisamente alla zona di Enna dove risulta essere più forte la tradizione come luogo del rapimento da parte di Ade. Il mito infatti racconta che Persefone passeggiava in una collina del nisseno quando giunse il dio per rapirla. La scomparsa della figlia fece disperare Demetra che iniziò la ricerca in ogni dove, in questa ricerca la dea viene spesso raffigurata con la torcia in mano, uno dei simboli dei misteri. Sicché giunse ad Eleusi in forma di vecchia che stanca decise di riposarsi nei pressi di un pozzo, il pozzo Kallichoron o pozzo delle vergini, ancora oggi presente a Eleusi. Qui la donna venne accolta presso la corte del re Celeo e successivamente in segno di riconoscenza Demetra insegnò i segreti dell’agricoltura a Trittolemo, figlio di Celeo. La dea però ancora furiosa nei confronti di Zeus che aveva avallato le nozze di sua figlia con Ade procurò una grande carestia sulla terra, inducendo il dio ad intervenire. Si giunse ad un accordo e la figlia venne liberata per sei mesi l’anno, mentre per altri sei sarebbe rimasta con Ade. In questo mito è evidente la rievocazione dei cicli naturali delle piante e delle messi; la semina che richiede un periodo di incubazione sotto la terra e il germogliare nei mesi primaverili. Il mito di Demetra e Kore (Persefone) è anche un mito di rinascita periodica, la stessa che viene attuata agli iniziati ai misteri i quali dovranno perdere la loro precedente vita per acquistarne una nuova tramite l’iniziazione. Una delle feste ad esso collegate erano le Tesmoforie, celebrate a fine ottobre in tutto il mondo greco: ad Atene come in Sicilia, dove il culto era molto presente. A Siracusa la festa durava addirittura dieci giorni. La cosa interessante da dire è che questa festa era tutta al femminile, difatti erano esclusivamente le donne a festeggiarla, un aspetto importante per una società maschilista come quella greca…
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Il Telesterion e il porto di Eleusi |
Quando si accede al sito di Eleusi ci si accorge di come la modernità abbia plasmato il luogo con una ferita mortale. La sonnolente cittadina è stretta dal porto commerciale e dalla presenza di una raffineria che ne ha cancellato il paesaggio naturale. Il sito archeologico a cui si accede superando i propilei e i vari monumenti eretti anche in epoca romana, ha come monumento importante il telesterion, la grande sala, un tempo coperta ove avvenivano le iniziazioni. A evidenziare il filo conduttore con la civilizzazione preellenica c’è proprio il termine anaktoron (la stanza sacra cui poteva accedere solo lo ierofante) che per i micenei, i primi a scoprire le qualità sacre del luogo, rappresenta anche il palazzo più importante della città.
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Il Kallichoron |
Presso il Kallichoron del VI secolo a.C. si svolgevano delle danze eseguite da delle fanciulle che rievocavano le figlie di Celeo che per prime avevano incontrato la dea in forma umana accogliendola in casa.
Osservando i bassorilievi del sito e i pochi reperti del piccolo museo di Eleusi si possono riscontrare i simboli dei misteri: le torce che richiamano la ricerca di Demetra, il grano dall’ovvio significato, il maialino (che veniva sacrificato dagli iniziati) e il cesto sulla testa della cariatide che faceva parte del rito eleusino tramite la frase: “Ho digiunato, ho bevuto il ciceone, ho preso dalla cesta e dopo averlo lavorato l’ho rimesso nel càlato (un cesto aperto).”
Il ciceone era la bevanda che Demetra aveva usato durante la ricerca della figlia per rifocillarsi, essendo rimasta a digiuno; lo stesso digiuno rituale parte dei misteri eleusini. La bevanda era un miscuglio di farina d’orzo, menta, acqua e forse vino che probabilmente aveva effetti allucinogeni, favorendo così gli stati alterati.
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Le spighe e il calato, simboli dei Misteri Eleusini |
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