Abbiamo parlato, in un precedente articolo, della differente interpretazione escatologica del tempo menzionando anche René Guénon, forse uno dei più accesi sostenitori del tradizionalismo e della critica alla società moderna. Molti dei suoi testi si riferiscono proprio agli aspetti insiti nel degrado progressivo della civiltà umana nell’epoca del cosiddetto kali yuga. Guénon ovviamente si riferisce all’interpretazione ciclica induista del tempo (vedi articolo menzionato). Tuttavia ciò che impressiona nel leggere i suoi libri sull’argomento, soprattutto in ciò che è il testo più rappresentativo ossia Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi del 1945.
Bisogna necessariamente dire che la descrizione delle conseguenze del kali yuga, per quanto possano sembrare una mera interpretazione adatta alla cultura e alla religione induista, se rapportate alla presente situazione politica e sociale dell’Occidente, mostra un’impressionante rispondenza a ciò che avviene a tutt’oggi, ma soprattutto a ciò che si sta schiudendo nel futuro prossimo.
Nel raccontare queste rispondenze ci siamo limitati ad alcuni aspetti, considerandoli solo come una parziale chiave di lettura rispetto a tantissimi spunti e idee. Molti passaggi sono in chiave esoterica e filosofica e in molti casi risultano non del tutto adatti a questa descrizione, per tale ragione verranno volutamente ignorati.
Quantità e qualità
Egli distingue due aspetti essenziali per poter procedere nella trattazione, ossia la necessaria differenza da quantità e qualità. Se la qualità presuppone un impegno, una conoscenza e uno sviluppo interiore importante, la quantità rappresenta l’esatto contrario. Proprio la quantità sembra essere il fattore culturalmente più presente nella società odierna, che adotta il principio della velocità e della crescente improvvisazione in ogni campo della vita; la quantità a scapito della qualità appare fin troppo rispondente nei campi: dell’economia, dei processi produttivi, finanziari e nell’idea stessa di società dei consumi.
Si pensi ad esempio alla produzione industriale che nella sua larga diffusione necessita anche di un abbassamento qualitativo dei prodotti in funzione di una maggiore commerciabilità. Laddove il fattore qualitativo risiedeva nelle piccole quantità prodotte dalle sapienti mani dell’artigiano, si è avuta una sostituzione con la produzione di massa che standardizza e produce numero, ossia prodotti in quantità.
Potremmo anche associare il ricorso alla quantità anche nel campo scolastico dove si predilige un sapere nozionistico che aumenta le materie e i programmi di indirizzo a scapito della qualità propria della conoscenza. Di pari passo anche le istituzioni politiche stanno perdendo il fattore qualità con l’eliminazione del percorso politico costruito nel tempo a vantaggio degli exploit odierni che producono leader grossolani, ignoranti e incapaci di governare la complessità delle scelte. A ciò si unisce la produzione di leggi sempre più pasticciate, spesso in contrasto con i dettami costituzionali e persino inapplicabili: insomma, laddove regna la quantità inevitabilmente la qualità declina.
«Infine, una terza osservazione: poiché lo svolgimento discendente della manifestazione, e quindi del ciclo che ne è un'espressione, si effettua dal polo positivo od essenziale dell'esistenza verso il suo polo negativo o sostanziale, ne consegue che tutte le cose devono prendere un aspetto sempre meno qualitativo e sempre più quantitativo; ed è per questo che l'ultimo periodo del ciclo deve tendere, in modo del tutto particolare, ad affermarsi come il “regno della quantità”.»
Uniformità e unità
Nel dominio della quantità viene meno la differenziazione qualitativa che in passato si traduceva in individualità distinte e ben caratterizzate e che producono un numero smodato di individui uniformi e conformisti: si noti infatti la crescente omologazione nelle mode, i fenomeni di massa, i trend virali e la preoccupante spersonalizzazione delle nuove generazioni prive di un reale pensiero critico.
Guénon ci tiene a sottolineare che questa uniformità delle masse ovviamente non è da confondere con l’unità o unificazione* essendo in questo caso insito un fattore quantitativo a discapito di quello qualitativo. Egli rappresenta figurativamente questa distinzione immaginando un triangolo con la punta in alto, dove nella punta si situa l’Unità mentre alla base la molteplicità. Man mano che ci si allontana dalla punta si scende di livello e ci si allontana dall’Unità qualitativa aumentando la molteplicità quantitativa. Diventa così evidente anche la rappresentazione figurata della caduta dell’umanità verso la materia e il materialismo.
Questa uniformità prevede anche una tendenza all’appiattimento che livellerebbe gli individui. In ciò si innesta anche la critica egalitaria alla democrazia tipico degli ambienti tradizionalisti: l’esempio più classico di questa critica è la paradossale eguaglianza data al voto espresso da Umberto Eco e da una persona semi-analfabeta. L’altro aspetto è relativo all’educazione pubblica che applicherebbe il principio di un’istruzione uniforme e priva degli elementi qualitativi che possano valorizzare le differenze e le capacità.
Un altro esempio relativo all’uniformità è ovviamente la produzione di massa che standardizza ogni cosa e conduce all’annullamento delle differenze. Allo stesso modo la crescente importanza data ai censimenti e alle statistiche, è per Guénon l’emblema di come tutto venga trattato secondo parametri quantitativi, finendo col considerare gli individui come numeri da trattare allo stesso modo. Ciò rappresenterebbe una valutazione grossolana da parte di questi campi di studio.
Accelerazione del tempo
Nell’ambito della suddivisione dei quattro yuga, i quali formano un ciclo completo detto manvantara, l’induismo considera la durata di ogni yuga via via decrescente secondo un rapporto 4, 3, 2, 1. Oltre alla variazione della durata si avrebbe anche una progressiva contrazione del tempo che determinerebbe un’accelerazione degli eventi. Se ci si rapporta a ciò che viviamo quotidianamente si avverte, oggi molto più di settant’anni fa (per non parlare qualora si paragoni a due o tre secoli addietro) un’accelerazione degli eventi, delle mode, dei gusti e della storia in generale. Se un tempo gli imperi mantenevano la loro egemonia per secoli, nell’epoca moderna la decadenza avviene secondo ritmi più rapidi. Ma non solo questo, si pensi anche all’alternarsi frenetico degli stili artistici e dei movimenti, in precedenza ancorati ad una diffusione di secoli oggi non riescono a rimanere in piedi neanche un decennio. Per non parlare dei cosiddetti fenomeni dell’epoca contemporanea come #metoo (contro le molestie sessuali alle donne) o la sciocca campagna di sensibilizzazione contro la SLA portata avanti con secchiate d’acqua fredda (ice bucket challenge) durata appena una stagione, le canzoni la cui scarsa qualità si riduce a un motivo riprodotto da tutte le radio per mesi finché piombano nel completo dimenticatoio.
«Il Cammino dell’umanità attuale assomiglia in realtà al percorso d’un corpo in movimento lanciato in una discesa, e che accelera sempre più quanto più si avvicina al basso.»
I nuovi strumenti di comunicazione e di trasporto amplificano questo processo in maniera fattiva. Tale accelerazione viene evidenziata anche in tutti gli altri aspetti della vita: nella frenesia esistenziale, lavorativa e persino di pensiero, laddove il vecchio concetto di lenta conoscenza e acquisizione di qualità viene trasformato oggi in un’inesauribile fretta di raggiungere lo scopo. L’accelerazione come fattore correlato al kali yuga trascina con sé tutta una serie di elementi che evidenziano il venir meno della qualità.
Il ruolo della scienza
In questa particolare interpretazione degli eventi cosmici Guénon afferma che si imporrà anche il problema dell’ignoranza generale in merito alla comprensione delle cose del mondo. Non c’è solo la questione del venir meno della cultura e dei metodi di approfondimento, anch’essi in declino. C’è anche il ruolo della scienza, così come di buona parte del pensiero filosofico occidentale distante da tale punto di vista. Gli aspetti spirituali descritti da Guénon e facenti parte della tradizione esoterica, pur essendo una forma di sapere antico, rientrano agli occhi dello spirito moderno in mere credenze superate dall’oggettività della scienza. Tale cesura determina ovviamente una visione paradigmatica diversa che interpreta i fenomeni alla luce del principio di riproducibilità che è ad oggi il cardine stesso della scienza. A causa di questo punto di vista l’autore considera la scienza fortemente limitata, un limite che egli definisce senza mezzi termini “miopia intellettuale”.
L’epoca attuale nel suo distacco da una visione più spirituale, interpreta i fenomeni con gli strumenti adatti al tempo, ossia in chiave prettamente razionale e meccanicistica. In questa interpretazione paradigmatica dei fenomeni appare evidente una curiosa sostituzione di credenze dogmatiche. Laddove in passato i fenomeni erano considerati come il frutto degli umori della divinità, oggi sono il risultato di un’interpretazione scientifica. Un’interpretazione che però sfocia in un rigido paradigma se non in fede anche laddove la scienza appare inadatta a descrivere gli eventi (ad esempio in certi fenomeni del paranormale), in questo caso emerge la stessa ostinazione con cui l’uomo del passato considerava plausibili i fulmini scagliati da Zeus o le presunte azioni del maligno.
«Non a caso abbiamo parlato di dogmi poiché, per il moderno spirito antitradizionale, si tratta proprio di qualcosa che deve opporsi e sostituirsi ai dogmi religiosi; un esempio fra i tanti, quello delle teorie evoluzionistiche, non può lasciare alcun dubbio a questo proposito; e l'abitudine della maggior parte dei “volgarizzatori” di disseminare i loro scritti con declamazioni più o meno violente contro qualsiasi idea tradizionale è altrettanto significativa, e mostra anche troppo chiaramente quale funzione essi siano incaricati di svolgere, sia pure inconsciamente in molti casi, nella sovversione intellettuale della nostra epoca.»
Sono frequenti gli articoli che esaltano la scienza anche quando l’argomento necessiterebbe di più cautele, spesso si leggono titoli come: “Sette motivi scientifici per non avere figli”, “I single sono più felici degli sposati, lo dice la scienza”, “Gli uomini che sposano le donne in carne sono più felici secondo uno studio” oppure “I figli invecchiano il DNA di 11 anni”. Molti di questi titoli si basano su presunti studi scientifici, su cui si potrebbe anche aprire un dibattito metodologico (non adatto a questo articolo), ma che dimostrano come anche i siti web meno qualificati e persino quelli farlocchi, utilizzino la scienza per veicolare un messaggio e renderlo veritiero se non assoluto agli occhi della gente comune.
La scienza inoltre, tende a ridurre tutto alla quantità e al numero. Tipicamente essa confina tutti quei settori che non possono essere raggiunti da un preciso calcolo matematico nell’ambito di teorie (non può fare altrimenti). Anche il principio della riproducibilità degli eventi, alla base della scienza, mostra grandi limiti di applicazione. Basti pensare all’impossibilità di riprodurre esattamente gli stessi risultati in ambito biologico o in meccanica quantistica, dove per far “tornare i numeri” (e quindi la quantità) si è introdotta giocoforza la statistica. Ed è proprio la statistica l’oggetto principale di critica in questo ambito, considerata solo come un tentativo di rendere scientifiche delle comparazioni numeriche tra dati da cui poi interpretare i fenomeni. Egli taccia questo approccio di mero “semplicismo”, che è poi la modalità con cui si ragiona in scienza: ridurre i fenomeni a fattori semplici per poterli comprendere e interpretare. Ma la semplicità è più vicina al concetto di quantità e distante da quello di qualità, da ciò si torna alla critica di fondo.
È anche interessante notare come la scienza odierna esprima un principio opposto a quella manifestata nel passato laddove si partiva dai principi per poi ottenerne dei riscontri, oggi avviene l’esatto contrario, ossia dai riscontri e dai dati si costruiscono poi principi e teorie.
Il meccanicismo cartesiano con cui la scienza interpreta i fenomeni è alla base di un approccio che tende soprattutto alla descrizione e alla misura degli eventi, mancando però di interpretazioni sulle ragioni. Si intende che la scienza non indaga le cause prime, si ferma sempre un passo indietro demandando al campo della speculazione filosofica tutti i processi ontologici. In questa caduta nella materia, la scienza mostra effettivamente la morbosa attenzione per essa e il disinteresse verso i fattori sottili.
L’anonimato e i mestieri
In passato l’opera degli artisti medievali era sostanzialmente anonima, ragion per cui spesso nella storia dell’arte medievale e antica vengono adottati degli pseudonimi o si parla di attribuzioni di opere. In effetti buona parte dell’arte antica mantiene questo principio, come se l’individualità fosse considerata un aspetto deteriore in funzione del collettivo. Solo nelle epoche successive l’artista ha cominciato a lasciare testimonianze del suo lavoro apponendo sempre più spesso la firma o rilasciando documenti. La ragione che Guénon espone si lega sostanzialmente al fatto che gli artisti e gli artigiani medievali svolgevano il loro lavoro non solo come mestiere per vivere, ma anche e soprattutto come un modo per attuare una forma di realizzazione spirituale.
«L’essere che ha conseguito uno stato sovraindividuale è per ciò stesso liberato da tutte le condizioni limitative dell’individualità, dà delle determinazioni di “nome e forma” che costituiscono l’essenza e la sostanza di questa individualità come tale; egli è dunque veramente “anonimo”, perché in lui l’“io” si è cancellato ed è completamente sparito di fronte al “sé”.»
Questo “sé” che egli cita è ovviamente l’espressione superiore delle proprie idee ed esperienze, poste ad un livello più alto rispetto alla propria individualità.
Un altro esempio di come sia mutato l’uomo nei secoli risiede in tutti gli anonimi scalpellini che hanno decorato le chiese e le cattedrali gotiche. In tutte quelle sculture essi anno espresso la loro arte e le capacità, ma hanno nel contempo manifestato una sapienza ermetica, alchemica e simbolica, indice di un retroterra culturale di certo non paragonabile oggi a quello di un comune artigiano. Ciò evidenzia la grande differenza rispetto la società attuale che esprimendosi nella quantità rende il ruolo dell’artigiano privo di qualità, simile a ciò che compie il singolo operaio che partecipa alla costruzione meccanica di un’automobile. Egli infatti è in questo caso un mero esecutore di un progetto a cui presta la propria forza, l’abilità e il tempo di lavoro. L’industria in tal senso è l’espressione più vera della modernità, un’espressione che rende anonimi gli individui, dissolti nel mare magnum dell’uniformità del molteplice.
La religione
L’attuale regressione distorce ciò che nel tempo ha svolto un ruolo importante, ossia la religione. Guénon afferma che oggi questa parola andrebbe meglio sostituita con “religiosità”, cioè un vago sentimentalismo senza qualità. La prospettiva del sentimentalismo è una delle prerogative dell’avanzamento nel kali yuga che determina una facile emotività che fa perdere di vista il giusto equilibrio, ne è un esempio la facilità con cui i politici fanno leva sulla pancia della gente che s’accalora con argomentazioni spesso deboli sul piano razionale. Oppure le lacrime facili dei talk show anche in circostanze dove normalmente nessuno vi ricorrerebbe, ma divengono funzione del coinvolgimento emotivo verso lo spettatore: tutto questo fino a pochi anni fa era impensabile, se non ridicolo.
Tornando alla religione la regressione rispetto allo spirito tradizionale consiste anche in una “spiritualizzazione” religiosa, ossia una religione svuotata dai contenuti ritualistici e sacrali e tenuta in piedi quasi come una “scatola vuota”, dove tutto diventa una mera formalità. Un esempio evidente sono le “scatole vuote” spirituali dei sacramenti: battesimi, cresime o matrimoni ridotti ad eventi mondani privi di interesse e attenzione, se non il piacere d’aver celebrato il rito in una bella chiesa.
In questo avanzamento della spiritualizzazione religiosa, Guénon critica aspramente le Chiese sorte dal protestantesimo (Luterani, Anglicani, Calvinisti ecc.) che a suo dire sono delle Chiese svuotate dei contenuti teologici e ritualistici (ancora parzialmente preservati nella chiesa romana e ortodossa). Egli associa tale epurazione contenutistica alla degenerazione dello spirito moderno che ingloba in sé una volontà di estrema semplificazione. Una semplificazione che oggi coincide anche con l’esigenza di portare il messaggio pastorale a tutti indistintamente (il che avrebbe anche un valore positivo), ma con il contrappasso dell’estremo declino del contenuto teologico.
L’odio per il segreto
Per chi come Guénon faceva parte di sette iniziatiche e logge massoniche questo argomento è confacente alla sua sensibilità. Legittimamente, da persone immerse della nostra epoca, l’idea di mantenere qualcosa segreto agli altri appare sospetto e contrario ai principi basilari dell’etica. Non a caso con lo sviluppo di internet si sono moltiplicati video e articoli che approfondiscono tutte quelle tematiche che fino a ieri erano considerate segrete. La voglia di svelare i retroscena contagia, e laddove si evidenziano trame nascoste la prima cosa da fare sembra quella di svelare tutto portandolo alla luce, sia che si tratti di segreti di Stato o persino di libri un tempo banditi.
Il punto di vista dell’autore è innanzitutto quello di considerare tale aspetto come una conseguenza nefasta del kali yuga in quanto la diffusione incontrollata di queste informazioni può essere pericolosa. Dall’altro uno degli effetti è quello di rendere il messaggio originale diluito e persino distorto, essendo utilizzato da persone che non sono addentro all’argomento e non ne sanno comprendere neanche le giuste interpretazioni. Se ci si riferisce alle società del passato questi segreti avevano soprattutto una valenza iniziatica e pertanto la segretezza aveva il fine d’essere rivelato nel momento più adatto, ossia quando si era in grado di comprendere davvero il messaggio, ma soprattutto di saperlo gestire. Un paragone può essere fatto con il celare ai bambini la realtà della vita sessuale, raccontando la storia della cicogna che porta i bambini o qualsiasi altro espediente possa evitare lo shock di rivelare ciò che solo ad un’età più adatta potrà essere svelato.
La ragione messa in campo dai propugnatori della diffusione dei segreti è quella di considerare le masse più acculturate rispetto al passato e quindi più pronte. Guénon vede in questa convinzione solo un livellamento medio senza qualità, nonché la sparizione progressiva anche di quelle élite che nel passato mantenevano i segreti più importanti (sovrani, capi spirituali ecc.). Se rapportiamo ad oggi il concetto di sparizione delle élite, sostituite nel campo della politica da figure del tutto inadeguate istituzionalmente, comprendiamo bene come il livellamento a ribasso sia avvenuto nel giro di 20-30 anni. I leader politici di un tempo erano e rappresentavano bene il senso di una élite che oggi appare dissolta, a torto o a ragione.
Uguaglianza e democratizzazione
La mentalità tradizionale a cui si ispira Guénon e altri autori dello stesso filone considera i processi attuali di uguaglianza e “democratizzazione” delle masse come una sciagura. Senza voler entrare nel merito della questione che di per sé nasconde un’evidente conflitto con lo spirito contemporaneo e persino con il buonsenso, ci atteniamo alla mera descrizione del pensiero.
L’attuale tendenza democratizzante, che è uno degli aspetti della visione egalitaria, conduce anche alla scarsa tolleranza nei confronti dei privilegi (oltre che ai suddetti segreti), percepiti solo come un mero vantaggio. L’idea che un Capo di Stato, un leader e persino di un capo religioso abbiano dei privilegi, oggi più che ieri, vengono considerati del tutto ingiusti oltreché ingiustificati. Ciò nasce dal non considerarli come individui dotati di un’autorevolezza e di una posizione che, pur nel vantaggio in termini di rango, dovrebbero sostenere il peso delle scelte quotidiane.
Un fattore che mostra una tendenza alla democratizzazione della società odierna è la standardizzazione. Questo processo appare sempre più evidente tanto che una Coca Cola può essere bevuta da Obama o da una persona qualsiasi nel mondo, oppure l’uguaglianza apportata dalla sanità pubblica, dalla scuola ecc. Ovvio che se è vero che tutti hanno oggi uno smartphone, è anche vero che non tutti possono permettersi una vacanza alle Hawaii. Pertanto è necessario dire che questa tendenza è aumentata rispetto al passato ma non totalmente eliminata.
La razionalità
Un effetto evidente della decadenza della sensibilità spirituale è certamente l’enfasi posta alla razionalità, una razionalità che per ovvie ragioni tende a ridurre tutto ad una spiegazione priva di mistero. La critica più aspra che Guénon pone è relativa alla tendenza a condurre tutto ad un riduzionismo che dalle parti essenziali (ossia un mero aggregato di unità quantitative) cerca di dare una spiegazione del fattore complessivo. Nel corpo umano ad esempio si studiano le cellule ponendo l’enfasi sui singoli meccanismi biochimici, minimizzando nel contempo l’azione collettiva delle stesse. Allo stesso modo si studiano le particelle sud-atomiche, le quali andrebbero considerate più che altro come unità facenti parte di una molteplicità che agisce all’unisono. Per questa ragione molti scienziati di frontiera sostengono la teoria quantistica dei campi che contrasta proprio tale approccio riduzionista.
La razionalità porta anche a valutare gli stimoli del mondo secondo un’interpretazione che si basa solo su ciò che è visibile e misurabile. Tutto quel che è definito “sovrumano” viene considerato irreale, privo di un riscontro scientifico e pertanto escluso. Guénon infatti fa notare come oggi si usi il termine “vita reale” per designare il fatto che oltre ad essa non ne esistano altre possibili. Il razionalismo così, nella tendenza alla semplificazione persegue una comprensione limitata delle cose, divenendo parte della critica definita come regno della quantità.
Deviazione e sovversione
Guénon inquadra la tendenza del kali yuga come un moto che porta il genere umano verso una deviazione rispetto ai caratteri tradizionali che per lungo tempo hanno scandito l’ordine della società umana, il cui prodotto attuale è il materialismo. Man mano che si avanza nel tempo emergono anche dei caratteri di sovversione che si trasformeranno successivamente nel rovesciamento totale verso il disordine o “spiritualità alla rovescia”. La sovversione produce il sovvertimento degli ordini tradizionali i quali finiscono col divenire un fattore di vita ordinaria. La sovversione mostrerebbe i segni tangibili nella tendenza alla contraffazione degli aspetti originali e persino della parodia degli stessi. Tutto quindi diventa innaturale, feticcio e artificiale.
«Di fatto balza all’occhio, da qualunque punto di vista si osservino le cose, che nell’insieme di quanto costituisce propriamente la civiltà moderna si deve immancabilmente constatare come tutto appaia sempre più artificiale, denaturato e falsificato.»
Sotto questo punto di vista potremmo citare come sovversione degli ordini tradizionali le nuove forme di famiglia omosessuale (tipico campo di scontro tra tradizionalisti e progressisti), la pratica dell’utero in affitto, lo sdoganamento della sessualità un tempo relegata come fatto privato, ma anche la sovversione della vita intima sbandierata sui social (relazioni, viaggi, pensieri e idee), per non parlare dell’artificialità del mondo dello spettacolo e della chirurgia plastica. L’elenco potrebbe includere molti fenomeni attuali che rientrano in queste categorie e il discorso potrebbe allargarsi a dismisura.
In tali aspetti Guénon intravede delle caratteristiche “sataniche” in quanto archetipi della sovversione ma anche della parodia**, evidenziando come ciò che all’apparenza ha natura rispettabile ed elevata, in realtà diventa una scimmiottatura del fattore originale. Un esempio di tale scimmiottatura sono i “riti civili”, ossia una contraddizione di fatto, perché i riti non sono mai laici ma di natura religiosa e persino misterica. Oppure la new age in cui si ricerca una spiritualità da supermercato in cui si mescola tradizione e concetti banalizzati privi di qualità, divenendo così un surrogato di idee.
Conclusioni
Se si accetta la chiave di lettura dell’autore francese, tutti i punti descritti trovano grande rispondenza e in alcuni casi sembrano persino profetici, rispetto ad una società che negli anni ’50 del secolo scorso non aveva ancora espresso i grandi sconvolgimenti successivi: le rivoluzioni studentesche, la scristianizzazione della società e la sovversione odierna. Eppure la sensibilità, la capacità di leggere la società, nonché il perseguimento di principi spirituali forti, gli hanno permesso di anticipare le rispondenze attuali. Ciò a beneficio di una visione lucida, ma anche difficilmente comprensibile, in virtù di un’identità ormai fortemente mutata rispetto al passato.
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