24 maggio 2020

Cancro infantile e coronavirus

giovane maschera

Apparentemente non c’è alcuna connessione fra i bambini e i ragazzi malati di cancro e il Coronavirus, se non che questi rientrano sicuramente fra le categorie a rischio. 
Del resto, però, loro sono abituati a portare la mascherina, usare gel igienizzanti e trascorrere settimane o mesi in isolamento, a farsi continue domande sul futuro, che ciò che ha spiazzato noi non ha davvero colto impreparati loro. La paura, semmai, è quella di contrarre il Covid-19 perché spesso i loro corpi sono indeboliti dalle terapie e quindi devono stare in guardia dal prendere qualunque infezione o virus. 

C’è anche un’altra paura, però. Una paura a cui pochi pensano, che però per me è così evidente. La paura che, una volta terminata la pandemia o quando le cose saranno tornate a una (nuova) normalità, ci dimenticheremo di questi bambini e ragazzi. Ci dimenticheremo del fatto che ogni giorno in Italia ci sono migliaia di famiglie che convivono con le mascherine, la distanza sociale, la paura, l’incognita per il futuro e che per molte di queste la situazione non cambierà quando la minaccia del Covid-19 sarà minore o sarà svanita del tutto. 

Prima di fondare la mia Associazione di volontariato Adolescenti e cancro, nel 2014, non sapevo granché sul cancro infantile. Parliamo poco di quest’argomento e quando lo facciamo è spesso in maniera semplicista. In questi anni ho scoperto come il cancro infantile sia considerato “raro” e per questo riceva pochissimi fondi per la ricerca scientifica. Si preferisce investire su tumori che colpiscono un numero più elevato di persone, ovvero gli adulti, perché ciò porta un maggior ritorno economico. Questo fa sì che molti bambini e ragazzi siano trattati con terapie vecchie di decenni, pensate per gli adulti, che spesso non salvano loro la vita e, anche quando lo fanno, possono lasciare effetti collaterali, anche gravi, a breve o lungo termine (infertilità, tumori secondari, problemi cognitivi, ecc…). 

Da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 mi sono chiesta più di una volta perché dare così tanta attenzione e così tanta urgenza al Coronavirus e voltarsi dall’altra parte quando parliamo di cancro pediatrico. Apparentemente, il Covid-19 può colpire tutti e questa può sembrare la ragione ma non dimentichiamo che anche il cancro pediatrico può colpire tutti. Nella maggior parte dei casi, la parola “prevenzione” non significa niente quando parliamo di cancro infantile. Esso non guarda in faccia niente e nessuno; a un tumore pediatrico non importa il sesso, l’età, il Paese di un bambino o ragazzo e non gliene importa neanche dei suoi sogni, delle sue passioni, delle sue capacità, dei suoi affetti. 

Allora, perché non ci accorgiamo che l’emergenza da cancro pediatrico esiste da ben prima del Coronavirus e continuerà a esistere anche quando il Covid-19 sarà solo un ricordo? 

Parlare di cancro pediatrico fa paura ma purtroppo non basta voltarsi dall’altra parte e fingere che non esista per proteggere i nostri bambini e ragazzi. Così facendo, lasciamo queste famiglie da sole, a combattere per quelli che dovrebbero essere diritti basilari dell’essere umano, primo fra tutti quello alla salute. 

Quindi forse è vero, non c’è un collegamento diretto fra cancro pediatrico e Coronavirus, se non nelle mascherine, nei gel igienizzati e nella distanza sociale, ma pensiamo ai bambini e ai ragazzi che oggi sono sottoposti alle terapie e sono più vulnerabili al rischio di contrarre virus e pensiamoli anche quando saremo tornati alle nostre vite di sempre, o ci saremo in qualche modo adattati a un ritorno alla vita forse un po’ diverso ma che comunque sa di libertà. 

Perché i nostri bambini e ragazzi meritano terapie meno aggressive, pensate appositamente per loro, e meritano la stessa attenzione che sta ricevendo quest’emergenza. 


Maricla Pannocchia è fondatrice e Presidente dell’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro. E’ anche scrittrice. 

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