Sono cresciuta sentendo parlare continuamente dell’Incredibile India da mio padre che vi è stato per ben sette volte. Che cosa lo attraeva così tanto di questo luogo? Attraverso i suoi racconti mi sembrava un mondo fantastico, da Mille e una Notte.
Crescendo però non trovavo mai il coraggio di partire o forse stavo solo aspettando la persona giusta con cui intraprendere questa avventura.
Sapevo che non sarebbe stato un viaggio come tanti ma un’esperienza indimenticabile.
A gennaio del 2017, avevo da poco conosciuto il mio attuale compagno e parlando di sogni gli espressi il mio di andare in India. Lui, senza scomporsi, mi rispose: “Andiamo!”.
Prenotammo così a marzo un piccolo tour organizzato del Rajasthan di sette giorni.
Volavamo con Air India, c’erano molti indiani che tornavano a casa, un odore fortissimo di spezie aleggiava in tutto l’abitacolo, per cena mangiammo montone e riso basmati. Il viaggio era iniziato.
Atterrammo a Nuova Delhi all’alba.
Mentre scendevamo dall’aereo c’era, una fila di piccoli uomini in attesa con le casacche tutte lise, pronti a salire sul nostro aereo per pulirlo
Fu la prima immagine di questo paese straordinario che finalmente stavo per conoscere.
Finite tutte le pratiche burocratiche alla dogana, il sole era ormai alto e usciti dall’aeroporto ci aspettava la nostra guida, Manish, un ragazzo piccolino di statura, poco più che trentenne. Aveva un cartello in mano con i nostri nomi.
Ci avvicinammo e lui ci accolse con uno splendido sorriso e un mezzo inchino.
I sorrisi degli indiani sono più luminosi di ogni altro popolo che abbia mai incontrato, è uno splendore che arriva da dentro, ma questo lo capii meglio strada facendo. Per ora mi colpì solo questo suo sorriso dolce e rassicurante.
Ci accompagnò al nostro pulmino, dove avremmo conosciuto finalmente il resto del gruppo, per fortuna non numeroso, undici persone da tutta Italia; Torino, Bologna, Palermo, Genova e noi da Milano.
Al pulmino ci accolse il guidatore, un altro piccolo indiano con la pelle bruciata dal sole e un altro sorriso rassicurante e luminoso. Ci fece anche lui un mezzo inchino, a cui avevamo già imparato a rispondere, e ci mise al collo una splendida collana di fiori, poi di nuovo un mezzo inchino con le mani giunte pronunciando una semplice parola Namastè.
Mi spiegarono subito dopo che è il loro saluto, come il nostro “Ciao”. Letteralmente vuol dire “Mi inchino a te”, ma il significato più profondo è: “Le qualità divine che sono in me si inchinano alle qualità divine che sono in te”. Lo trovai un saluto straordinario, commovente. Racchiudere in un semplice saluto il riconoscere che ognuno di noi nasce dal Divino, ognuno di noi è un miracolo ed è per questo speciale.
L’India non è un paese solo da visitare, L’India è un mondo da conoscere e cercare di comprendere, racchiude in sé una filosofia di vita importante che tutti dovremmo ascoltare e imparare, in un mondo occidentale che ci divora.
Se riuscirete a intraprendere questo viaggio con il cuore e la mente aperti, allora coglierete la sua vera bellezza e capirete perché molti la chiamano L’Incredibile.
Manish fu una guida perfetta e ci affezionammo talmente a lui che, ancora oggi, siamo in contatto e sogniamo di fare presto un nuovo viaggio con lui.
In India i collegamenti sono lenti e vetusti. Non ho provato l’ebrezza del treno ma quella del pulmino. Non esiste autostrada, le strade sono di tutti e quando dico tutti intendo ogni essere vivente. Quindi troverete cammelli, mucche, scimmie e molte persone che non hanno un mezzo e camminano per km per arrivare a destinazione, ognuno di loro senza la minima fretta. Oltre a questo, ci sono una miriade di macchine, motorini, furgoni e ognuno, ogni volta che deve fare un sorpasso, suona il clacson per tutta la durata. Potete immaginare il concerto. C’è infatti un proverbio del guidatore molto divertente che recita così: “All you need is a good horn, good brakes and good luck…” (Tutto ciò di cui hai bisogno è un buon clacson, buoni freni e buona fortuna).
Negli interminabili viaggi in pulmino, Manish ci raccontava aneddoti sugli indiani, sulla sua famiglia, sulle loro usanze, sulle loro tante religioni.
Ne ricordo uno in particolare su di lui e sulla prima volta che arrivò in Italia. Era in auto con amici all’imbocco dell’autostrada, c’era moltissimo traffico, aveva fretta e poca voglia di stare seduto, decise quindi di fare due passi a piedi.
Senza che gli amici si rendessero conto di cosa stesse accadendo, Manish scese dalla macchina e superò il casello a piedi. Ovviamente fu fermato e si innervosì parecchio perché non ne capiva il motivo, perché non era libero di andare a piedi? In India si fa così, la strada è di tutti.
Durante tutto il viaggio non riuscivo a staccare gli occhi dal finestrino, osservavo paesaggi indimenticabili e animali di ogni tipo.
Sembravo in estasi, avevo costantemente un sorriso sul volto che non riuscivo a staccarmi di dosso.
Non è per tutti così l’india, bisogna essere spiritualmente preparati, aprire il proprio cuore e lasciarsi trasportare.
Una ragazza del nostro gruppo ad esempio non riusciva a notare altro che la sporcizia, io invece non la vedevo, vedevo solo i sorrisi dei bambini, delle donne e degli uomini che non avevano nulla, vivevano in una povertà estrema, spesso con tende ai margini delle strade, eppure con una serenità negli occhi che non avevo mai visto e ancora oggi non ho più rincontrato.
Un’ altra cosa che vi sorprenderà dell’India sono i colori. I colori della terra, dei palazzi, come il rosso del palazzo del vento a Jaipur contro il blu del cielo,
o il bianco accecante del Taj Mahal ad Agra.
I Sari delle donne indiane e i nei rossi che si dipingono al centro della fronte, vicino alle sopracciglia.
I colori delle spezie e dei mercati.
Ma se volete vivere un’esperienza davvero indimenticabile andate, nel periodo della festa dei colori.
Le città e le persone si tingono di tutti i colori, i mercati vendono sacchi di polvere colorata che durante la festa le persone si lanciano addosso. In giro vedi i volti sporchi di colore e di felicità.
Le città si riempiono di un’energia ancora più forte del solito, le persone ballano per strada, canti e suoni invadono le vie e tu non puoi non farti trascinare da questo turbine di gioia.
Altra tappa immancabile, ma ce ne sono una infinità, è il tempio delle scimmie a Galta, vicino Jaipur. Non era nel nostro itinerario, ma il buon Manish ci ha fatto fare una piccola deviazione. Scimmiette di ogni misura, dalle più piccole alle più grandi che la fanno da padrona in un tempio abbandonato.
Sei tu l’ospite e ti guardano male se non offri loro un po’ di noccioline; condividono il loro regno solo con le bellissime donne indiane che vanno lì a far fare il bagno ai loro piccoli o a lavare il bucato. La convivenza è abbastanza pacifica, almeno fino a quando qualche scimmietta dispettosa non ruba loro qualche capo di abbigliamento e le donne e i bambini scattano all’inseguimento.
Vedrete anche molte mucche che per la religione induista sono sacre, e loro, le mucche, lo sanno.
Per le strade non si scompongono, si siedono dove più gli aggrada e lì restano finché vogliono. E’ divertente vedere i poveri autisti indiani, quando se le ritrovano davanti, che scendono dai loro mezzi e chiedono alle vacche gentilmente di spostarsi, ma la mucca si gira dall’atra parte muovendo la coda infastidita e l’autista non può fare altro che aggirarla o attendere, con la pazienza che li contraddistingue.
Per quanto riguarda il cibo, se non vi piacciono le spezie, potreste avere qualche problema. I piatti sono colorati e spesso anche molto piccanti. Ogni spezia da un sapore tutto particolare al piatto.
Se penso però al cibo mi viene in mente la visita al tempio Sikh chiamato Gurudwara a Delhi. Mi sembrò di entrare in un microcosmo. All’ingresso ci fecero lasciare le scarpe, restammo tutti a piedi nudi e con il capo coperto, noi donne.
Entrammo in questo bellissimo palazzo bianco che si stagliava sul blu del cielo, sulla sua sommità spiccava una cupola dorata. Dentro il palazzo c’erano mercati di fiori, fontane, piccole piscine per le abluzioni. Entrando nella zona dove si pregava rimanemmo a bocca aperta, ci ritrovammo in un luogo completamente dorato, con odore di incenso e persone inchinate a terra che intonavano canti e preghiere. L’oro era accecante e l’incenso e i canti quasi ti stordivano come a portarti in estasi.
Ma la parte più interessante fu visitare le immense cucine dove moltissimi uomini cucinavano per il pranzo comunitario. Ricordo pentoloni che sembravano tratti dal fumetto di Asterix, i piccoli uomini indiani avevano bisogno della scaletta per arrivare ad alcuni di loro.
L’India e gli indiani hanno un cuore grande e lo dimostrano in questi grandi gesti e progetti, un luogo, questo, dove chiunque trova un pasto caldo e tutti mangiano seduti per terra e insieme, uno accanto all’altro.
C’è un libro molto bello che parla della storia dell’India ed è Stanotte la libertà di Lapierre e Collins che vi suggerisco. La storia parte dalla nomina di Lord Mountbatten a viceré delle Indie, il 1° gennaio 1947, all'assassinio di Gandhi, il 30 gennaio 1948, Stanotte la libertà ripercorre i tredici mesi che cambiarono per sempre il destino di quattrocento milioni di indiani. Lo suggerisco perché è un modo in più per conoscere la vera storia di questo popolo e capirne quanta sofferenza hanno vissuto eppure quanto forza e coraggio li contraddistingue.
L’India è immensa, purtroppo per ora ne ho visto solo una piccolissima parte. Vorrei vedere ad esempio Varanasi, che ho conosciuto tramite i racconti di mio padre, come una delle città più intense di questo magico continente.
A Varanasi potete ancora assistere ai funerali sul Gange dove gli uomini vengono bruciati sulle pire e dove vi entrerà nel naso e nell’anima l’odore di un corpo umano che abbandona la sua scatola terrena.
Le religioni sono molteplici, come i templi che le rappresentano, ma tutte convivono pacificamente, come sempre dovrebbe essere. Vi potrebbe capitare di incontrare uno sciamano e vedere attorno a lui chiome di capelli che penzolano dagli alberi. Non vi spaventate, nessun rito vudù. Sono il dono delle donne che gli hanno chiesto di togliere il malocchio ai loro figli e, in cambio, donano i loro lunghi e lisci capelli neri.
Ad ogni modo quando tornerete dall’ India, se sarete riusciti a farvi penetrare da tutta questa bellezza e da questa energia, non sarete più gli stessi e non vedrete l’ora di ritornarci.
Così, di ritorno da quel viaggio, oltre ad un grande magone, avevo anche compreso perché mio padre vi era tornato per ben sette volte.
2 commenti:
Bellissimo articolo con dettagli spiegati bene. Spirituale, emozionante e qualche volta anche denso...India non e' solo un viaggio, ma un'esperienza da avere almeno una volta in Vita. Grazie per raccontarci le vostre esperienze.
Brava Ilaria e grazie, ho viaggiato con te in questa grande nazione che ho conosciuto con gli occhi e i racconti di un'amica che ha amato, come te, i luoghi e la sua gente. Hai sollecitato il desiderio di viaggiare e il rimpianto di non esserci stata. Spero tu possa tornare presto e visitare tutto i territori di questo affascinante paese ancora rurale. Un caro saluto Cesi
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