L’emakimono assume, quindi, un carattere particolare nel contesto artistico: per la prima volta il pubblico non ha una singola tavola, o immagine, da osservare, ma si ritrova a srotolare lentamente queste lunghe strisce, e osservare così le scene l’una dopo l’altra. Come un libro, l’emaki viene apprezzato maggiormente da chi lo tiene e lo srotola con le proprie mani, e in un certo senso richiama la relazione intima spettatore/oggetto, tipica dei manoscritti medievali europei – questo richiamo si fa più evidente innanzi alle delicate e dettagliate scene del Genji monogatari emaki e dell’Ise monogatari.
Molta della creatività giapponese proviene da influenze esterne che hanno generato un impulso creativo tale da estendere e reinventare nuove forme d’arte. La stessa cosa è accaduta con gli Emakimono o Emaki, un’opera di narrativa illustrata diffusasi in Giappone tra l’XI e il XVI secolo. Gli Emaki infatti provengono dalla Cina per poi acquisire caratteristiche proprie nel paese del sol levante. Esse venivano riprodotte su carta disegnata o dipinta su rotolo. Per leggerli si srotolavano i rotoli e si andava avanti. Gli Emaki raccontavano amori, battaglie o leggende della tradizione e divennero presto un fenomeno culturale molto diffuso.
Questo argomento in Italia è poco noto, almeno al grande pubblico, ben più abituato ad avere familiarità con altri aspetti della cultura giapponese come la cerimonia del tè, gli ukiyo-e (le stampe giapponesi), i manga e molto altro. In questo mondo variegato di tradizione e cultura orientale si inseriscono proprio gli Emaki, il cui approfondimento è curato da Marco Milone nel suo ultimo libro Per un’introduzione sugli Emaki.
Il libro si sofferma sull’argomento in maniera chiara e competente, di tanto in tanto col supporto di immagini che aiutano indubbiamente la comprensione del testo. Essendo, come espresso nel titolo, un’introduzione si tratta di un testo adatto anche ad un pubblico nuovo all’argomento. Fondamentale è la conoscenza dei termini che accompagnano la spiegazione delle tecniche e dei diversi formati. Una forma d’arte che Marco Milone racconta dal periodo Nara fino al periodo Meji, ossia fino ai primi del Novecento.
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