Osservazioni (semi) serie sul II canto dell’Inferno e sulla miniserie animata Over the garden wall
«Ma la modernità di Dante?», questo si domanda Carlo Verdone nel film Gallo cedrone; infatti non esiste autore più moderno di Dante Alighieri: le sue opere, in primis la Commedia, hanno ancora molto da insegnarci. La letteratura non ha età: i tormenti dell’animo umano non mutano, i sentimenti e le emozioni non cambiano aspetto nell’avvicendarsi dei secoli. Ecco perché, ad esempio, testi come il II secondo canto dell’Inferno possono descrivere alla perfezione un nostro stato d’animo, come se ci fossimo confidati con l’autore e questi avesse deciso di mettere tutto per iscritto!
Quanti nel corso della propria vita hanno dovuto affrontare un viaggio importante? Quanti invece sono in procinto di lasciare la propria terra, la propria zona di comfort, per dirigersi verso una nuova, distante mèta? Qual è l’emozione predominante? Sicuramente la paura ed il dubbio!
Nulla di allarmante, anche Dante provò questi stessi tormenti.
Tra l’uscita dalla selva oscura e la minacciosa porta infernale c’è uno splendido e necessario momento di pausa e di riflessione: Dante costruisce, con sapienza d’artista, un prezioso intermezzo – se così possiamo definirlo – nel quale mette a nudo tutta la sua fragilità e sensibilità di essere umano.
«Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno/ toglieva li animai che sono in terra/ da le fatiche loro; […]», è il tramonto, momento questo in cui tutti si riposano dalle loro fatiche; tutti tranne Dante. È ben consapevole del viaggio che dovrà affrontare e questo lo spaventa: «[…]; e io sol uno/ m’apparecchiava a sostener la guerra/ sì del cammino e sì de la pietate». In questo particolare frangente il poeta si sente solo («io sol uno») nell’affrontare quella che non esita a definire una vera e propria «guerra».
Ciò che preoccupa Dante è l’ignoto: tutto quello che potrebbe accadergli durante il cammino.
Quanti hanno paura del viaggio proprio perché questo è sempre legato all’ignoto e, si sa, l’uomo teme ciò che non può prevedere e programmare. L’incognita del viaggio terrorizza.
I dubbi sono così forti che improvvisamente dirà: «Ma io, perché venirvi? o chi il concede?/Io non Enea, io non Paolo sono;/me degno a ciò né io né altri crede». Dante sa di non essere Enea – il suo viaggio nell’oltretomba fu necessario per la fondazione dell’impero di Roma – né tantomeno l’apostolo Paolo – che ascese fino al terzo cielo per rafforzare la fede degli altri – e quindi non comprende perché proprio lui debba compiere il tortuoso cammino che attraversa i tre regni dell’oltretomba.
In quanti, prima della partenza, si sentono stretti dai dubbi in una morsa feroce? Pensieri che sussurrano che forse sarebbe meglio rimanere nella propria zona di comfort, nella propria terra che ben si conosce. Forse anche Dante avrà pensato che sarebbe stato meglio rimanere nei pressi della selva oscura che compiere un viaggio incerto e pericoloso.
«E quale è quei che disvuol ciò che volle/ e per novi pensier cangia proposta,/ sì che dal cominciar tutto si tolle,/ tal mi fec’io in quella oscura costa;/ perché, pensando, consumai la impresa/ che fu nel cominciar cotanto tosta.»
Il poeta fiorentino non vuole andare al di là del muro che circonda il giardino.
Attraversando i secoli arriviamo agli anni Duemila, più precisamente nel 2014 quando l’emittente Cartoon Network produsse una delle più belle miniserie animate: Over the garden wall.
È la storia di due fratelli, Wirt e Greg, che si smarriscono in una tetra foresta; minacciati dalla Bestia, affronteranno ogni pericolo pur di ritornare a casa. Over the garden wall è una splendida metafora della crescita: il viaggio che compiono nell’ignoto questi due fratelli è immagine del cammino che compie ogni essere umano verso l’età adulta. Il mondo di Wirt e Greg al di qua del muro è caldo e accogliente perché è un mondo che loro conoscono molto bene, mentre ciò che è invece al di là è ignoto e per questo terrificante.
Così è per Dante: si sta lasciando alle spalle la sua terra, la sua vita precedente e tutto ciò che rappresenta una sicurezza.
Eppure pensiamo per un attimo se Dante si fosse lasciato vincere dalla paura e avesse abbandonato Virgilio. Cosa sarebbe accaduto? Non avrebbe compiuto il viaggio che gli avrebbe fatto conoscere il peccato – Inferno – e quindi non avrebbe sentito la necessità di espiarlo – Purgatorio – e di conseguenza non avrebbe mai potuto godere della beatitudine dei santi – Paradiso; quindi non avrebbe mai potuto essere una guida verso la salvezza per l’umanità. Non solo: se avesse rinunciato non avrebbe incontrato i suoi amici e maestri – Brunetto Latini e Forese Donati – né i grandi eroi del passato – Giustiniano e Farinata degli Uberti – né i massimi esponenti della letteratura e dalla filosofia – gli spiriti magni confinati nel limbo. Non avrebbe mai potuto rivedere la sua amata Beatrice e non avrebbe mai potuto contemplare la gloria della Trinità, la cui visione è stata concessa solo a lui.
Quanto si sarebbe perso!
Anche Wirt e Greg ritorneranno a casa cambiati dopo aver compiuto il loro viaggio attraverso l’ignoto: più maturi e coraggiosi.
Perciò quando dovrai affrontare un viaggio i dubbi e le paure ti assaliranno, questo è certo, però come Dante, Wirt e Greg non pensare a ciò che ti stai lasciando dietro ma concentrati sulle opportunità che troverai: pensa cosa potresti perderti se solo decidessi di rimanere al di qua del muro del giardino!
1 commento:
Bellissima riflessione e meraviglioso accostamento!
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