Dall’American Dream all’American Nightmare: l’ultima opera del comico americano Sacha Baron Cohen è una spietata critica ad un’America da incubo
L’attore comico Sacha Baron Cohen è ritornato, questa volta più scatenato ed irriverente che mai. In piena pandemia, durante il lockdown, riesce ad ultimare il seguito del film Borat, uscito nelle sale nel 2006.
Borat – Seguito di film cinema (il titolo poi continua con: consegna di portentosa bustarella a regime americano per beneficio di fu gloriosa nazione di Kazakistan) racconta, senza peli sulla lingua, l’altra faccia, quella più cupa e spietata, dell’America.
Il giornalista kazako Borat Sagdiyev sta scontando una condanna ai lavori forzati a causa del suo ultimo reportage in America; il servizio, girato quattordici anni prima, screditò la gloriosa nazione del Kazakistan, gettando sull’intera popolazione solo vergogna ed umiliazione. Al giornalista però, rinchiuso in un gulag, viene offerta la possibilità di evitare la condanna a morte: dovrà ritornare in America per portare in dono a Mike Pence, il vicepresidente, una scimmia, la grande star del Kazakistan, Johnny. Dopo un lunghissimo viaggio attorno al mondo, Borat arriva finalmente negli Stati Uniti. Tutto sembra procedere secondo i piani fino a quando, invece della scimmia, gli viene recapitata, rinchiusa dentro una cassa di legno, la tanto disprezzata figlia Tutar. La missione sembra destinata al fallimento e questo comporterebbe la condanna a morte per il povero giornalista kazako quando, guardando un programma televisivo, decide di portare in dono a Pence la sua stessa figlia.
La comicità di Sacha Baron Cohen è difficilmente digeribile, basta dare un’occhiata ai suoi film precedenti per capire quanto sia sboccata, indiavolata e soprattutto senza freni. Borat – Seguito di film cinema non fa assolutamente eccezione e per questo motivo molti potrebbero criticarlo come un film eccessivamente volgare, inutile e soprattutto senza senso. Come se Cohen facesse film senza alcuno scopo, infarciti di una comicità grassa e irrispettosa. Eppure, dietro l’oscenità ed il linguaggio troppo scurrile adottato dal comico americano, si nasconde una precisa e chiara critica nei confronti di una nazione che di glorioso non ha più nulla: l’America.
Raccontare in maniera oscena la realtà che ci circonda ma che si fa ancora fatica ad accettare; mostrare con cattivo gusto una realtà mostruosa: Borat sicuramente strappa una risata ma si ride di una realtà vera, non fittizia, una realtà agghiacciante ed inumana. Pensiamo a registi quali Pier Paolo Pasolini e Ciprì e Maresco, i suoi discepoli spirituali; pensiamo ai controversi Salò o le 120 giornate di Sodoma e Totò che visse due volte, sono film di pessimo gusto ed osceni che ci sbattono in faccia, senza paura e senza filtri, una realtà degradata e degradante, bestiale e priva di ideali. Così la coppia di registi siciliani, Ciprì e Maresco, rispose alle accuse che seguirono la messa in onda dell’irriverente esperimento televisivo Cinico Tv:
Al tramonto della Prima Repubblica e all’alba della Seconda, abbiamo visto il mostruoso che di lì a poco avrebbe fagocitato tutti. Ai tempi di Cinico Tv erano in molti a criticarci per la comicità estrema, spesso al limite del cattivo gusto, dicevano. Ma alla fine il tempo ci ha dato spietatamente ragione e di lì a poco sarebbe venuta fuori un’Italia raccapricciante e volgare come mai era avvenuto prima.
Anche il linguaggio di Sacha Baron Cohen è di cattivo gusto perché rispecchia un mondo estremo, cinico e mostruoso. L’America allora diventa la fotografia di uno mondo allo sbaraglio, corrotto e soprattutto disumano. È un film che fa ridere, è questo il suo obiettivo principale, ma, come accade nell’umorismo pirandelliano, a questa deve seguire una riflessione necessaria per una presa di coscienza.
L’America è vista da sempre come la terra delle promesse. Francis Scott Fitzgerald, il figlio viziato dei ruggenti Anni Venti, nei suoi romanzi dipinge l’America delle grandi speranze, della «luce verde» che Gatsby, uomo apparso dal nulla, osserva tutte le notti dal pontile.
Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgastico che anno per anno indietreggia davanti a noi.
Per Jack Kerouac è l’America dei viaggi, spirituali e fisici, delle grandi strade che si snodano e che connettono vite ad altre vite.
[…] e sento tutta quella terra nuda che si srotola in un’unica incredibile enorme massa fino alla costa occidentale, e a tutta quella strada che corre, e a tutta quella gente che sogna nella sua immensità
Per Elio Vittorini, Cesare Pavese, Italo Calvino e Giaime Pintor rappresenta l’Oriente favoloso, l’Eldorado, la landa mitica. L’America è la realizzazione di ogni sogno. Con queste parole Vittorini, nel suo Diario in pubblico, parla dell’America:
L’America è oggi […] una specie di nuovo Oriente favoloso, e l’uomo vi appare di volta in volta sotto il segno di una squisita particolarità. […] Ma le particolarità vi giungono da ogni parte, e vi si incontrano: aromi della terra: la vita vi si afferma coi gesti più semplici, e senza mai sottintesi ideologici, intrepidamente accettata anche nella disperazione e la morte.
Nel 2020 Sacha Baron Cohen invece dichiara la morte della «luce verde» e lo fa attraverso gli occhi di un giornalista kazako.
L’America è la terra del culto della perfetta forma fisica e della bellezza. Tutar, secondo la quale il sogno americano si realizza in Melania Trump, è costretta a sottoporsi a dei trattamenti di bellezza, soprattutto un intervento chirurgico ai seni, perché solo così potrà essere notata ed apprezzata. La stessa politica di Trump dà eccessiva importanza all’immagine.
L’America è la terra della misoginia e del maschilismo. Agghiaccianti sono due scene: la prima è quella del ballo delle debuttanti, quando Borat domanda ad un padre quanto varrebbe secondo lui Tutar e questo, con nonchalance, risponde 500 dollari; la seconda coinvolge Rudy Giuliani, ex sindaco di New York, che non disprezza assolutamente le avances di Tutar, sebbene questa abbia dichiarato prima dell’intervista di essere una minorenne (anche se l’attrice nella realtà è più che ventenne). Per non parlare dell’influencer che consiglia a Tutar qualche trucco per diventare una mantenuta.
L’America non è la terra progressista che tutti immaginiamo. In alcune scene, anche molto forti, sempre con protagonista Tutar, si sottolinea come si faccia ancora oggi difficoltà a parlare della sessualità. La scena del ballo della fertilità e quella del comizio, dove la figlia di Borat parla della masturbazione, svelano come nonostante molti si definiscano “moderni” non esitano però a scandalizzarsi quando si parla della sessualità, percepita ancora come un argomento tabù sul quale è meglio tacere.
L’America è la terra del compromesso. Borat compra una gabbia per sua figlia, per realizzare un suo desiderio, e il venditore, sebbene imbarazzato, pur di vendere, accontenta le folli richieste del kazako. Il chirurgo che asseconda Borat anche se questi vuole sottoporre ad un intervento chirurgico la figlia minorenne. Oppure il pastore protestante che dichiara «Dio non sbaglia mai» quando Tutar lo inganna dicendogli che è incinta del padre e vuole abortire (in realtà la scena è tutto un equivoco perché la figlia di Borat ha per sbaglio ingerito un piccolo bambino giocattolo datole dal padre). In ultimo, sempre collegato all’equivoco del gadget, quando in un bagno di un locale pubblico Borat ordina alla figlia di buttare il bambino facendo credere ai presenti che Tutar ha da poco partorito e che deve sbarazzarsi del neonato. Nessuno fa nulla, tutti tacciono, tutti pensano ai propri affari.
L’America è la terra delle fake news. Tutar su Facebook scopre l’esistenza di gruppi che dichiarano che l’Olocausto non è mai avvenuto; durante la pandemia Borat conosce due fanatici di estrema destra che credono alla famigerata teoria complottista QAnon.
L’America è la terra della violenza. Durante un convegno Borat mascherato sale sul palco e canta una canzone violenta contro Obama, i giornalisti ed i cinesi, ritenuti responsabili di aver creato il virus in laboratorio, e tutti quelli che sono presenti lo seguono in coro, emozionati, in visibilio. La stessa violenza è anche alla Casa Bianca, violento è il seguito di Trump. Dopo aver fallito con Pence, Borat e Tutar cercano qualcun altro che abbia contatti con il Presidente, scoprendo che tutti quelli a lui vicini sono stati accusati di crimini: tra questi il controverso Epstein.
Insomma Borat - Seguito di film ci parla dell’America, del mondo intero, del XXI secolo, di tutti noi. È la morte della «luce verde». Eppure un film come questo è necessario per comprendere la realtà delle cose e per decidere di cambiarle. Tutar, la donna nella sinagoga, la casalinga che fa da tata alla figlia di Borat rappresentano una possibilità di rinascita, la possibilità che la «luce verde» possa ritornare a brillare come un faro nella notte. Borat è l’impietoso documentario di un mondo che sta per crollare, è l’invito ad abbattere un sistema marcio e vecchio, è l’esortazione ad impegnarsi a ricostruire un futuro migliore.
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