I mutamenti dell’arte
Possiamo affermare che il primo vero momento di scardinamento della tradizione e delle regole corrisponda al movimento degli impressionisti. Quel movimento segna uno spartiacque tra due epoche distinte. Da un lato il figurativismo con tutte le sue regole, dall’altro si è affermata (seppur in un primo momento) la percezione dell’artista tramite l’impressione visiva (l’impressionismo) e successivamente si è passati all’espressione di idee e concetti ormai privi di vincoli, regole e consuetudini (postimpressionismo, espressionismo, dada, avanguardie, ecc.). Immaginatevi la possibilità per i nuovi artisti di non dover necessariamente seguire le regole di accostamento dei colori, della prospettiva, del disegno, dei soggetti e tutte le convenzioni della tradizione. In piena libertà espressiva, gli artisti hanno dato sfogo a qualsiasi impeto artistico esplorando in pochi anni tecniche e approcci mai sperimentati prima. Sicché anche la critica ufficiale ha inglobato questa modalità espressiva diventando parte integrante del mercato (la vera ragione del cambio di passo). Ma nel frattempo l’arte è diventata sempre meno comprensibile al grande pubblico, ed è cresciuta la figura del critico d’arte, un esperto in grado di comunicare agli altri ciò che l’artista vuole comunicare: una sorta di sacerdote che si frappone tra l’artista e i fruitori. Nel frattempo l’arte è riuscita a diventare popolare tramite i giornali, le riviste di settore, il cinema e i media in generale, che hanno trasformato il rapporto spirituale con l’arte in vero e proprio consumo. In questo nuovo mercato sono gli stessi galleristi a spingere le quotazioni e alimentare la curiosità del pubblico e l’importanza del settore, non necessariamente secondo un concreto interesse per ciò che l’arte racconta o rappresenta.
Monet, Impressione, levar del sole |
Così in questo processo di mutazione dell’arte si passa da un paradigma all’altro. Nel medioevo l’artista eseguiva l’opera senza neanche firmarla perché ciò che contava era l’opera in sé ma soprattutto il messaggio trasmesso, all’opposto di quanto avviene oggi l’artista non solo si firma ma è sempre più un personaggio esso stesso, un protagonista che ha un ruolo fattivo nella promozione della sua arte. Inoltre è cambiato anche il rapporto con i cosiddetti “fruitori” dell’arte, dato che in passato l’artista aveva bisogno di committenti ricchi, si rapportava con aristocratici (e uomini di chiesa) piuttosto colti i quali ricercavano temi e ritratti in base al gusto dell’epoca: questa storia ci è piuttosto nota dai libri di storia dell’arte. In epoca moderna, sostanzialmente dal periodo impressionista (quando cambiano le regole di approccio al mondo dell’arte) la platea dei fruitori si allarga divenendo molto più vasta, ma soprattutto molto meno qualificata. È noto il fatto che molti impressionisti vendevano quadri per pochi soldi a chiunque fosse disposto a dare loro un po’ di soldi o ad aiutarli, spesso l’acquirente era un locandiere o un amico. Ciò significa che l’arte è divenuta accessibile a tutti, non solo ai sovrani o ai papi e questo ha creato un mercato dell’arte con regole inedite per questo mondo: interviste all’artista, mostre, citazioni su riviste e servizi televisivi, vernissage ecc.
Salvador Dalí |
Un esempio di artista che ha fatto scuola è Salvator Dalì, che è riuscito a rendere l’artista un soggetto eccentrico che fa spettacolo e si fa moda e tendenza. Sicché è opportuno dire che l’artista del passato veniva giudicato in base a ciò che qualitativamente produceva, oggi a ciò che quantitativamente produce. Riproduzioni, poster e gadget, rientrano ovviamente nel medesimo concetto applicato ai contemporanei e agli artisti del passato che giocoforza sono stati risucchiati post-mortem in questo approccio.
La perdita di contenuto
Nel giungere al cuore di questo articolo è necessario rifarsi a quanto già descritto in un precedente articolo sul tempo lineare e sul tempo ciclico, in cui si presuppongono due interpretazioni in merito al tempo e alla storia. Se nell’interpretazione del tempo lineare si considera l’avanzamento della società e della storia umana come progresso, in quello ciclico il concetto è opposto e vede lo scorrere del tempo come regresso. Lo scrivente, sostiene l’interpretazione ciclica e gli effetti ad essa connessi. Infatti tra i fattori che darebbero credito alla tesi ciclica del tempo c’è la constatazione che l’avanzamento della tecnica e la cosiddetta “caduta nella materia”, renda l’uomo abile negli utilizzi pratici e organizzativi della vita, ma sempre più distante da un’interpretazione spirituale. Con quest’ultimo termine, “vita spirituale”, non intendo solo un collegamento con le religioni tradizionali, ma soprattutto un approccio emotivo all’esistenza. Della vita spirituale faceva parte la contemplazione dei luoghi, la capacità di imprimere attraverso la creazione artistica un’emozione forte dei significati profondi, anche e soprattutto tramite i simboli da cui scaturiva un pensiero complesso.
Un elemento che contraddistingueva l’artista e l’erudito di un tempo era la capacità di penetrare i significati reconditi di un concetto e di trasmetterli attraverso codici di linguaggio stabiliti: attraverso le proporzioni, la matematica e la geometria. Si pensi a quanti libri e riflessioni ancora non esaustive ha prodotto l’opera di Leonardo che fondava la sua arte proprio su questi principi. Allo stesso modo Dante, Goethe, Giordano Bruno o Leon Battista Alberti, applicavano una conoscenza esoterica alle opere attraverso messaggi che stimolavano nel fruitore la necessità di capire e di apprendere nuove cose, ossia l’impulso ad una vita come crescita interiore. Allo stesso modo gli anonimi costruttori delle cattedrali gotiche hanno lasciato plurimi messaggi esoterico-alchemici che oggi non siamo più in grado di decifrare.
L'Ultima Cena di Leonardo |
Se manteniamo la prospettiva su questo aspetto, appare evidente come già dal Seicento l’arte tendesse a perdere i simboli e i temi religiosi, mentre iniziavano ad affiancarsi quelli legati alla vita quotidiana. L’evidenza diventa ancor più palese se si considera l’arte del Settecento, dell’Ottocento fino a giungere al Novecento. La scomparsa progressiva dei temi religiosi in una società laica non è di per sé un fattore negativo, e personalmente non intendo sostenere la tesi di “tornare all’arte sacra”, quanto di tornare ai grandi temi. Gli artisti hanno continuato a trasmettere messaggi e a esprimere l’essenza del loro tempo, ma si sono distaccati progressivamente dalla complessità e dalla profondità di pensiero. Non è un caso il fatto che le chiavi interpretative di un Botticelli o di un Piero della Francesca siano pressoché infinite, mentre sui grandi del Novecento il commento interpretativo si focalizza su aspetti legati sostanzialmente al proprio tempo, come le angosce tra le due guerre oppure sulle innovazioni tecniche apportate da quel nuovo stile artistico (che sia Pop art, Dadaismo, Cubismo o altro). Appare evidente come quella pregnanza di un tempo, quell’esigenza di penetrarne il mistero dell’esistenza e la natura umana non siano più una parte essenziale dell’uomo…
La contemporaneità
Nell’epoca attuale le opere sono caratterizzate da una semplificazione dei contenuti, essendo la stessa arte diventata sempre più popolare, ha dovuto gioco forza parlare a tutti. Anche in passato l’arte religiosa era popolare, illustrando la vita dei santi e gli episodi biblici, ma possedeva una doppia chiave interpretativa adatta al volgo e agli eruditi. Mentre la medesima cosa non può essere detta per l’arte attuale in quanto trasmette un messaggio univoco, chiaro o oscuro che sia. Inoltre i temi, le riflessioni e le speculazioni erano sempre legate alle grandi riflessioni senza tempo. I temi dell’arte quindi sono passati da quelli universali ai particolari di ogni giorno.
Un quadro di Picasso |
Si prenda Picasso, senza dubbio uno dei geni creativi del secolo passato. La sua arte sembra riempire tutte le possibili modalità espressive liberate dalla rivoluzione impressionista. Egli allarga i confini della sperimentazione artistica, ma non allarga quelli del significato introspettivo dell’uomo. Escludendo il caso di Guernica, dove è evidente un messaggio di critica al sistema e alla guerra, le altre opere non indagano il mistero dell’uomo. Picasso non fa filosofia, non si scrivono libri sul “Picasso-pensiero”, ma sulla sua vita o sui periodi rosa, blu e sugli aspetti tecnici.
Di Van Gogh ci interessiamo della sua tragica vita e dell’espressività dei suoi paesaggi accesi, ma questo artista non affronta i misteri dell’esistenza, al più i drammi del suo vissuto e della sua epoca. In Caravaggio non ricerchiamo un messaggio profondo ma una capacità drammatica ed espressiva, un’eccellenza nel coinvolgere il fruitore attraverso il realismo scenografico dei suoi quadri. Allo stesso modo se consideriamo altri nomi come: Wahrol, Burri, Fontana o Duchamp, ciò che raccontiamo di loro e della loro arte è il messaggio generico di una critica alla società, di un senso insofferenza o di inadeguatezza e come sempre l’innovazione tecnica apportata.
Cretto di Burri |
In ambito musicale è noto come la piena maturità di questo genere sia stata espressa da compositori come Mozart, Beethoven o Bach. Mentre oggi la nuova musica classica, bene o male nota al pubblico è espressa dal genere minimale: Einaudi, Paart, Bosso, per citarne alcuni. Ma essi compongono pezzi che hanno successo proprio perché minimali, ossia tecnicamente più “semplici” e più adatti ai gusti di un pubblico meno sofisticato rispetto al passato.
C’è un altro aspetto che ci aiuta a comprendere la “novità” dell’arte moderna. Questa chiave ce la offre Kandinsky nel suo saggio Sulla forma dove scrive:
«L’arte di oggi esprime il mondo spirituale saturato fino al limite della rivelazione. Le forme di questa espressione si polarizzano intorno a due estremi: 1) rigorosa astrazione; 2) rigoroso realismo. Tali estremi aprono due strade che spesso conducono, in definitiva, a un solo esito. I due elementi sono stati sempre presenti nel mondo dell'arte; il primo trovava espressione nel secondo. Oggi sembra che essi si sviluppino secondo direttive distinte. Sembra che l’arte abbia posto un punto finale alla piacevole complementarietà di astratto e concreto, e viceversa».
Il figurativismo infatti ha perso quella pregnanza spirituale-universale, mentre l’astratto spesso è totalmente sganciato dalla materialità, rappresentando sensazioni o concetti “immateriali”. Tale scissione tra le due modalità espressive, mostra ancora una volta la cesura dell’uomo contemporaneo e le sue ripercussioni sul valore artistico in termini assoluti.
I fruitori dell’arte
I fruitori dell’arte di oggi non sono quelli di ieri. Basta leggere nelle pagine della Recherche di Proust per capire come l’alta borghesia della fine dell’Ottocento e inizi del Novecento fosse particolarmente colta e capace di intendersi di arte, letteratura, musica e lirica. La medesima cosa non si può dire oggi per la stessa classe sociale, sempre meno incline alla cultura e all’introspezione. Tuttavia l’arte ha oggi trovato nuovi fruitori che si sono estesi per numero ma non per qualità. Lo raccontano i numeri dei musei e la diffusione dell’arte, ma anche i comportamenti, sempre meno consoni alla contemplazione del bello e sempre più alla spettacolarizzazione. L’élite di una volta è stata sostituita dalle masse di oggi, abbassando la qualità dei fruitori ma nel contempo facendo veicolare il messaggio dell’arte a tutti. Sicché è giusto dire che a tutti è dato il privilegio di conoscere come avvenivano i ludii gladiatorii al Colosseo o di ammirare la Gioconda vis à vis, potendo inoltre approfondire l’argomento con documentari, conferenze e libri a buon mercato.
Questo allargamento quindi ha determinato un altro altro fenomeno su cui riflettere: il diplomato così come il laureato, posti davanti all’arte sembrano spesso indistinguibili per competenza e approccio, salvo quando si tratta di laureati in materie umanistiche e specialisti dell’arte. Fino a pochi decenni fa un dottore, un avvocato o un ingegnere oltre ad avere una competenza specifica, rappresentavano un’élite culturale che fruiva l’arte con passione e gusto mentre oggi tutto diventa indistinto e socialmente indifferenziato. Cosa è cambiato nel giro di pochi anni? E’ semplicemente avvenuto uno svuotamento della formazione scolastica e universitaria, è involuta culturalmente la società nel suo complesso (chi si ricorda i programmi culturali della RAI negli anni ‘70?), ma soprattutto è esploso il declino del sapere umanistico sostituito da quello tecnico. Un ingegnere meccanico o un dottore mostrano gli stessi rudimenti di storia dell’arte di un perito chimico o di un informatico.
Un altro aspetto che coinvolge il mondo contemporaneo ed è il diffuso “inquinamento” dei media, della moda e dei soldi. Artisti come Banksy sono conosciuti un po’ in ogni parte del mondo, così come si parla di Cattelan o di Botero a causa di ciò che ci è passato davanti anche senza volerlo. Ma se dovessimo chiedere agli stessi fruitori le ragioni del loro interesse potrebbero appellarsi più che altro alla volontà di provocazione che questi artisti producono, o magari a ragioni pseudo estetiche: potrebbero rispondere che quell’opera starebbe bene nel loro salotto di casa! Laddove c’è un messaggio, come ad esempio in Bansky, esso è in genere critico verso una società che si compiace di questa critica senza tuttavia realmente crederci. In fondo il pubblico di oggi non ha più gli strumenti e l’esigenza di ricercare un significato importante in queste opere, non solo perché ritenuta non più necessaria, ma anche perché l’uomo contemporaneo ha perso il senso profondo del vivere, non è più abituato a pensare e attraverso tale spirito del tempo l’arte stessa si conforma divenendo muta, priva di ideali, di messaggi e di idee. Le opere d’arte non parlano più all’uomo, non colpiscono più la sua anima perché tali emozioni non fanno più parte del sentimento d’oggi. Basti pensare a come la poesia, che cinquant’anni fa aveva dei lettori e degli appassionati, oggi non ha più alcun pubblico inducendo le case editrici ad un taglio netto delle nuove pubblicazioni.
Un'opera di Banksy |
L’arte contemporanea, così criptica, assurda e spesso incomprensibile, non toccando più i tasti dell’animo umano, racconta se stessa tramite concetti. Tali concetti sono assolutamente personali, spesso espressi come un moto che emerge da un’intuizione o un guizzo dell’inconscio che si esprime senza regole né schemi. Così diventa necessaria la figura del critico d’arte (che abbiamo accennato in precedenza), un intermediario-guru tra il pubblico e l’artista. Questi diventa l’unico in grado di rendere più o meno intellegibili i sottili significati espressi dagli artisti, poiché egli è uno specialista, ha studiato e conosce gli artisti… Pertanto è la forza e il carisma del critico d’arte a fare spesso la differenza per un artista. Il critico d’arte racconta le opere secondo una rappresentazione scevra d’un giudizio assoluto e inoppugnabile, a causa di un relativismo post modernista che pervade tutto, e si appoggia all’assenza di regole nell’arte. Non si può quindi contestare l’opinione di un critico perché non c’è un criterio assoluto su cui valutare un’opera. Non un difetto di prospettiva, di colore, di forma o di composizione: tutti questi aspetti un tempo noti a chiunque non valgono… Emblematico è il caso di Francesco Bonomi su Cattelan di cui abbiamo parlato in un precedente articolo. Egli racconta l’artista con iperboli e giri di parole incomprensibili se non assurde rendendo anche la mia personale critica del tutto inefficace.
Conclusioni
In conclusione l’arte così come l’intero mondo della cultura, mostrano una palese influenza al paradigma attuale, del tutto proteso (come detto) alla tecnica e alla velocità. Un fenomeno che anche Alessandro Baricco ha analizzato definendolo come “l’avanzata dei barbari”. Il concetto di barbari così diviene la metafora del pensiero dominante d’oggi, tramutatosi (con l’avvento del digitale) in una corsa nel Game (sempre per restare ancorati a quanto raccontato da Baricco) ossia una forma mentis veloce, reattiva, poco profonda e incoerente. Questi nuovi barbari, perfettamente integrati e di successo nel mondo attuale hanno rapidamente soppiantato i vecchi parrucconi del sapere novecentesco fondato sui libri, sullo studio e sulla concentrazione. L’estremismo raggiunto oggi ci consente di agguantare il senso di questo ragionamento. Se un tempo l’arte e la cultura necessitavano di rigoroso studio e dedizione, ma anche di profonda immedesimazione nei processi conoscitivi, oggi tutto ciò sembra aver perso di significato facendo emergere l’esatto contrario. Così ciò che attualmente consideriamo arte contemporanea, e che magari ha un ottimo riscontro di pubblico, a conti fatti non ha più la pregnanza contenutistica di un tempo. Ed è esattamente in questo svuotamento di contenuti e di sostanza che l’intero processo del presente si fonda e che, immersi nel paradigma attuale, non riusciamo a valutare nel giusto modo.
In merito a quanto da me affermato se ne può trovare riscontro nelle molteplici manifestazioni della creatività, fin troppo spesso viziate da un’intrinseca sensazione di spaesamento e disarmonia. L’arte contemporanea pertanto risulta incomprensibile, perché da qualsiasi punto di vista la si voglia vedere crea una discrasia tra ragione e sentimento. Tale discrasia è alla base di un senso di incompletezza dell’esperienza artistica che necessariamente abbisogna di un moto onnicomprensivo per cui, nel prediligere la materialità, la tecnica e la ragione estromettendo l’aspetto spirituale, inconscio e irrazionale, tutti aspetti ormai noti della nostra epoca.
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