9 novembre 2020

Raffaello Sanzio, instancabile amante della meraviglia

Raffaello

Mi concentro sul respiro, faccio un passo e sono all’interno del Pantheon a Roma. Il silenzio roccioso volteggia tra le pareti alte e spesse ma si scontra con l’eco dei secoli, della storia e con le miriadi di occhi che sono rimasti spalancati una volta conosciuta questa maestosa cupola che ha osservato sempre tutto dall’alto del suo oculo conservando e donando a tutta la costruzione, un velo di misticismo, di sacralità e divinità.

Proprio all’interno del Pantheon, in una delle edicole, è conservato il corpo o ciò che secondo alcuni studiosi ne rimane, del divino Raffaello Sanzio. L’epitaffio di Brembo recita: “Qui giace Raffaello. Da lui, quando visse, la Natura temette di essere vinta. Ora che è morto, teme di morire.

Una frase eloquente che ci mostra la profondità, la grandezza di un artista che nato ad Urbino, visita e frequenta le maggiori città d’arte del Cinquecento fino a conquistare la capitale dove, grazie all’amicizia e il tramite di Donato Bramante, Raffaello stringe una profonda, empatica amicizia con il pontefice Giulio II.

Raffaello respira l’arte sin dai primi passi; nella bottega del padre Giovanni Santi impara tutti i segreti dell’arte pittorica e realizza anche qualche opera per alcuni committenti urbinati. Raffaello però cresce anche tra le braccia amorevoli della madre che decide di non chiamare una balia ma allatta il suo bambino e diventa la sua unica e preziosa educatrice. Purtroppo però l’amore e il conforto dei genitori svaniscono presto perché Raffaello rimane orfano a soli undici anni ed è proprio da questo momento che la sua vita comincerà a diventare unica, straordinaria e densa. Rimanere soli di fronte ad un dolore penetrante come la perdita prima della madre e poi del padre, lo catapulta di fronte ad un precipizio, colpito da una ferita buia e scura dalla quale non poteva scappare, per poter superare quel vuoto doveva trovare qualcosa, un senso anzi il senso profondo della vita che lo avrebbe salvato ma che allo stesso tempo lo avrebbe riavvicinato all’amore dei suoi genitori. Raffaello comprende che l’unico modo per vivere e sopravvivere è ricercare, studiare e dedicarsi all’arte della meraviglia che ci permette di avere sempre lo sguardo vigile ed aperto e il cuore palpitante.

L’artista parte così da Urbino con il suo bagaglio di esperienze ed ispirazioni ma non smette mai di studiare, ricercare e comprendere. La sua è una ricerca tumultuosa, rivoluzionaria che rovescia e piega i canoni che fino ad allora avevano dettato le leggi delle raffigurazioni e delle scuole di pensiero. Nascono così le Madonne di Raffaello, le più dolci, naturali e materne che la storia dell’arte ricordi. La dolcezza e la presenza della mamma si riflettono sui visi delle Vergini così vere, tenere che scavalcano quelle precedenti diventando davvero un simbolo unico di amore. 

Madonna della seggiola

Raffaello però inserisce nei suoi quadri anche il rigore della prospettiva e sono molti i rimandi al mondo antico sia per i riferimenti architettonici che per le figure rappresentate che ci fanno ancor più comprendere il suo amore incessante per il sapere.

La sua meraviglia continua e viaggia alla ricerca del bello, delle radici dell’umanità fino ad allora conosciute. Raffaello infatti è stato uno dei primi artisti a dedicarsi intensamente agli studi dell’architettura romana e il suo maggior intento era quello di tutelare e difendere un patrimonio unico al mondo; una delle sue idee geniali era quella di progettare una ricostruzione materiale di Roma antica; lui un artista affermato, nominato “magister operis” della fabbrica di San Pietro, passava nottate insonni a studiare le pietre, i minerali nelle grotte umide e nei cunicoli bui e freddi della Domus Aurea di Nerone dove al lume delle torce, scopriva la magnificenza della pittura antica. 

La ricerca era il motore vero della sua vita, aveva compreso che quella era la sua strada, la sua orma divina lasciata sulla terra grazie alla quale poteva riempire e far fiorire quel vuoto lasciato dalla durezza delle esperienze attraversate da bambino. La Natura viene esaltata e sfumata in ogni sua opera riempiendo di meraviglia gli occhi e il suo abisso lasciando a noi immagini stupende, particolari diventati icone celebri, quasi pop come gli angioletti della Madonna Sistina

Raffaello studia, coglie i particolari ed approfondisce le tematiche e gli studi di Michelangelo e Leonardo riempiendo le sue immagini di corpi meravigliosi, umani, velati ed illuminati da una luce quasi divina. Tutto diventa dinamico, magnifico e vivo perché Raffaello vuole riempire di vita ogni suo passo, ogni sguardo.

Lui è un artista affermato ma non si ferma sui suoi successi, è un uomo di bell’aspetto, ricco, desiderato, amato e sognato da molte donne del tempo e lui si concede passionali e profonde storie amorose anche se il suo sguardo sembra soffermarsi sulla Fornarina che ritrae con gli occhi innamorati, penetranti ma timidi, indimenticabili e paragonabili soltanto a quelli della Gioconda.

Fornarina

Raffaello sembra catturare l’istante prima che nel viso della sua amata compaia un sorriso, un momento intenso carico di amore, attese e passione. Gli attimi, i simboli e la costanza guidano le mani di Raffaello e ci insegnano che anche noi oggi dovremmo imparare a meravigliarci sempre. 

La morte lo conquista dopo diversi giorni di febbre alta ed inutili salassi che lo logorano, lo sfiniscono e lo lasciano senza vita proprio un venerdì santo, il 6 Aprile del 1520. Una notte triste non soltanto per Roma ma per l’intera umanità; ancora una volta la Passione che viene celebrata ogni venerdì Santo, lo vede partecipe perché proprio questa lo aveva consumato a soli 37 anni.

Raffaello muore accanto alla Trasfigurazione, la sua ultima opera incompiuta non sapendo che per tutta la vita aveva trasfigurato, esaltato, ricercato, amato ed illuminato la sua natura divina.  

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