Tutti e quattro saltavano su a sedere e i loro volti rugosi si illuminavano di sorrisi di gioia dopodiché cominciavano a chiacchierare. Volevano molto bene al ragazzo. Era l’unica cosa allegra della loro vita e per tutto il giorno non vedevano l’ora che lui venisse a visitarli. Spesso anche il padre e la madre di Charlie entravano nella stanza e, in piedi vicino alla porta, rimanevano ad ascoltare le storie che i vecchi raccontavano; e così, per circa mezzora ogni sera, quella stanza diventava un posto felice e tutta la famiglia dimenticava di essere povera e affamata
Forse dietro quella carta sottile che ci separa dalla sorpresa, ognuno di noi, per un secondo, ha sperato e sognato di trovare il biglietto d’oro che il poverissimo Charlie Bucket, protagonista della storia “La fabbrica di cioccolato”, vide brillare tra le sue mani illuminando la minuscola casa di legno che divideva con i genitori e i nonni.
Roald Dahl è uno scrittore britannico ricordato soprattutto per i suoi racconti dedicati ai più piccoli. Comincia a scrivere a ventisei anni dopo aver portato a termine diverse operazioni come aviatore durante la Seconda Guerra Mondiale. Un incidente purtroppo lo costringerà ad un lungo periodo di riposo e a diversi episodi di cecità; Dahl verrà inviato successivamente come ambasciatore britannico, a Washington dove si occuperà principalmente di spionaggio e propaganda.
Sposa la famosa attrice Patricia Neal e con lei costruirà una numerosa famiglia con cinque figli: Olivia, Tessa, Theo, Ophelia e Lucy. La sua vita familiare è segnata da dispiaceri, lutti prematuri e da profonde problematiche legate all’idrocefalia che lo rendono orfano dell’amore ricevuto da bambino dai genitori di origine norvegese che lo crescono con gioia e la severità del collegio. Olivia infatti morì a sette anni per alcune complicazioni causate dal morbillo e anche la moglie venne colpita da un ictus e costretta ad un lungo periodo di convalescenza e recupero e nel 1990 la figliastra Lorina abbandonò la famiglia a causa di un tumore al cervello, soltanto qualche mese prima di lui.
Dahl prende spesso in considerazione il tema dell’orfano; i protagonisti delle storie si allontanano volontariamente o vengono separati dagli adulti “cattivi” o negativi grazie all’aiuto di un personaggio buono, umano ma anche magico.
Nella storia della Fabbrica di cioccolato Charlie trova l’ultimo biglietto fortunato che gli regalerà l’opportunità di far visita alla fabbrica di Willy Wonka, un visionario, finto distratto e stravagante proprietario che accoglie anche Veruca Salt, una bambina profondamente viziata dal padre, Augustus Gloop, un bambino avidamente goloso, Mike Tivù, un bambino che trascorre la maggior parte della giornata davanti al televisore e Violetta Beauregarde, una bambina che consuma tantissime gomme da masticare. I quattro bambini avranno un destino non proprio felice perché proprio a causa dei loro difetti e delle loro ossessioni si ritroveranno inghiottiti in un lungo tubo che trasporta cioccolato, gettati nella spazzatura insieme con alcuni scoiattoli, rimpiccioliti come una tavoletta di cioccolato o gonfi come dei palloncini a causa di un pasto sbagliato.
In questo Natale siamo tutti un po’ i protagonisti delle storie di Dahl perché ci ritroviamo spenti, ingrigiti, sospesi come Charlie e come lui vorremmo avere la possibilità di visitare la nostra fabbrica di cioccolato fatta di meraviglia, gratitudine e semplicità. Charlie riesce a vincere il concorso perché è capace di accontentarsi ed essere felice del poco che possiede e come ricompensa Willy Wonka decide di lasciargli in eredità la fabbrica di cioccolato all’interno della quale andrà ad abitare con tutta la famiglia che si dedicherà alla preparazione e ideazione di nuovi dolci deliziosi.
Quella barretta ricoperta dal biglietto dorato aspetta anche a noi o forse seguendo gli schemi delle storie di Dahl, una pesca gigantesca riuscirà a schiacciare tre zie megere che ci hanno abbattuto, punito ed annichilito per tanto tempo. Siamo orfani o forse poverissimi ma abbiamo la grande gioia del cuore, la grandezza della semplicità e la meraviglia negli occhi che ci fa sperare sempre di incontrare un giorno, la nostra Miss Honey per sfuggire alle cattiverie del mondo come riuscì a fare Matilde.
“Gli adulti sono troppo seri per me. Non sanno ridere. Meglio scrivere per i bambini, è l’unico modo per divertire anche me stesso”. Così scriveva Dahl perché nell’animo del bambino è nascosta la verità. Siamo così complicati quando a volte basterebbe essere lineari, semplici, puliti e sognatori come sono i più piccoli, nel cuore.
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