A qualsevol lloc, un home de la meva edat i relativa experiència ha conegut l’amor i ha conegut l’odi. Ha viscut dies tristos i ha viscut fragments de bellesa. Ha conegut l’adversitat, la fraternitat i l’enemistat. Ha conegut alguna mena d’èxit i moltes derrotes. Allà mateix, al far, havia conegut les pitjors visions de l’abisme i de l’agonia |
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In qualsiasi luogo, un uomo della mia età e con la mia esperienza ha conosciuto l’amore e l’odio. Ha vissuto giorni tristi e frammenti di bellezza. Ha conosciuto l’avversità, la fraternità e l’inimicizia. Ha conosciuto alcuna forma di successo e molte sconfitte. Lì, al faro, avevo conosciuto le peggiori visioni dell’abisso e dell’agonia |
È proprio nel momento in cui pensiamo di essere arrivati all’apice della nostra esistenza, di aver vissuto la maggior parte delle esperienze possibili nella nostra vita che la realtà ci propone nuove opportunità, nuove visioni del mondo. Quella stessa realtà che il protagonista del romanzo, La pell freda, raggiunge approdando su un’isola apparentemente deserta, come se questa garantisse l’accesso a un nuovo mondo in cui tutto è possibile, perfino mettere in discussione la propria percezione, nonché la propria esistenza.
Albert Sánchez Piñol, scrittore e antropologo catalano, nasce a Barcellona nel 1965 e dopo una serie di pubblicazioni, realizzate a partire dal 2000, affermerà la sua notorietà nel 2002 grazie alla pubblicazione de
La pell freda (edito da Canongate Books). L’opera, composta da 17 capitoli, è la storia di un giovane ex combattente per l’indipendenza irlandese che, a seguito della sua esperienza bellica, decide di abbandonare la civiltà e di rifugiarsi, accompagnato dai suoi libri, in una piccola isola della Patagonia accettando l’incarico di registratore di eventi atmosferici. Il personaggio, un
uomo piuttosto solitario, ormai
deluso dall’umanità a causa della quale aveva “perdut tots els significats de la paraula esperança”(aveva perduto tutti i significati della parola speranza), finisce in un luogo altrettanto solitario e selvaggio in cui avrà la possibilità di riflettere sulla sua esistenza e sulle condizioni dell’essere umano, arrivando a svelare le zone più recondite ed intime della
sensibilità umana. Il romanzo realizza un percorso progressivo per cui il protagonista, inizialmente, affronta quello che è un luogo estremamente ostico e pauroso, caratterizzato dalla presenza di mostri, per poi cambiare gradualmente le proprie impressioni e sensazioni arrivando a comprendere e ad accettare, non solo quelle strane presenze ma anche quella stessa realtà ambigua e imprevedibile. Le vicende sono costantemente accompagnate da una sensazione di estrema angoscia che, attraverso un climax crescente, aumenta pagina dopo pagina portando il protagonista, e di conseguenza il lettore, a riflettere sul senso della vita e della morte: “matar és el mateix que deixar morir!” (uccidere è la stessa cosa che lasciar morire).
La consapevolezza della morte e la sua graduale accettazione coinvolgono inevitabilmente il lettore, avvolto da continue riflessioni profonde ed esistenziali, abilmente velate da un insieme di vicende soprannaturali che permetterebbero di circoscrivere il romanzo ad un genere fantastico o di avventura. L’avventura è sicuramente la parte centrale, la forza motrice del racconto che, in realtà, intende condurre il lettore ad una profonda indagine introspettiva, lasciando i pregiudizi e le false credenze lontani dall’isola. Il protagonista, di fatti, conoscerà il vero senso dell’odio, scoprirà nuovi aspetti dell’amore, e lati inimmaginabili del piacere carnale, grazie a una relazione amorosa intrattenuta con uno dei mostri, la “nimfa dels boscos amb pell de serp” (ninfa dei boschi dalla pelle di serpente). L’isola sembra scatenare nel protagonista delle emozioni, fino ad allora irraggiungibili, delle sensazioni surreali che raggiungeranno la loro massima espressione nel momento stesso in cui riuscirà ad avere un contatto fisico con la “nimfa”. Il rapporto sessuale con lei porta il protagonista a vivere una passione estrema, una sensazione mai vissuta prima che lo condurrà a un’alienazione dai reali piaceri terreni:
“Fins aquell moment el meu cos havia obtingut plaers així com un bon burgès ingressa capitals. Ella feia que a través del plaer fos conscient del meu cos, separant-lo de mi, destruint qualsevol relació entre la meva persona i el meu plaer, que podia percebre com si fos una cosa viva. […] tenia la sensació, més enllà del plaer d’haver conegut un dels cims de l’experiència humana”
(Fino a quel momento il mio corpo aveva ricevuto piaceri così come un buon borghese deposita capitali. Lei attraverso il piacere mi permise di essere cosciente del mio corpo, separandolo da me, distruggendo qualsiasi relazione tra la mia persona e il mio piacere, che potevo percepire come se fosse una cosa viva. […] avevo la sensazione, oltre il piacere, di aver raggiunto una delle cime dell’esperienza umana).
L’avvicinamento verso l’ignoto e il diverso determina un cambiamento significativo che condurrà lo stesso lettore a trasformare la propria prospettiva e a raggiungere una consapevolezza tale da abbattere ogni forma di paura nei confronti dell’alterità. Nella tradizionale lotta tra il bene e il male, quest’ultimo viene conosciuto, compreso e accettato. Sarà la stessa ninfa a scardinare l’assolutezza del pregiudizio rivelando il suo essere più intimo e profondo e dimostrando di essere vicina all'essere umano più di quanto non sembri inizialmente:
“Notava que dins meu creixia un amor nou, un amor que el far estava inventant”, (Notavo che in me stava crescendo un amore nuovo, un amore che il faro stava inventando).
La fine del romanzo capovolge ogni aspettativa, porta il lettore a dubitare dell’esistenza dei personaggi proprio quando quest’ultimi saranno coinvolti in un intreccio circolare di eventi, destinati a ripetersi senza fine, mostrando al lettore una verità spaventosa fatta di avvilimento emotivo, di perdita dell’identità e della percezione della realtà.
La profondità delle parole di Piñol non mi permette che consigliare la lettura di questo romanzo, una lettura coinvolgente caratterizzata da diversi livelli: quello più concreto, dell’avventura, capace di affascinare il lettore grazie ai vari elementi fantastici e imprevedibili, e un secondo livello rappresentato da una dimensione metaforica, identificabile nelle moltissime riflessioni introspettive sull’esistenza e sui rapporti umani, spesso avvolti da pulsioni esagerate e da passioni violente ed estreme. Il personaggio narratore, realizzando una continua meditazione metafisica sull’esistenza, rimanda all’idea di un uomo solitario, alienato dalla società deludente che, alla ricerca di una rinascita attraverso un rapporto diretto con la natura, vive una vera e propria perdita dell’identità (non è di fatti un caso l’assenza di un nome per il protagonista), arrivando ad uno smarrimento totale. Tale alienazione comporta la nascita di una sensazione di vuoto, di perdita del controllo fino alla follia e alla disperazione. In un profondo intreccio di pensieri e dubbi esistenziali, il lettore è portato a riflette su molti aspetti morali, etici ed esistenziali capaci di mettere in discussione preconcetti e idee normative alle quali spesso si è inconsciamente ancorati.
Melissa Pilotti
Libro bellissimo, l interpretazione data è di grande sensibilità, sublime
RispondiEliminaMolto bella la descrizione del libro.
RispondiEliminaComplimenti