La fine del 500 e gli inizi del 600 vedono a Firenze il declino dei Medici; Ferdinando II morì nel 1621 lasciando il potere nelle mani della moglie Maria Maddalena d’Austria e della madre Cristina di Lorena. La cultura aveva ormai assunto un ruolo marginale, provinciale e a Firenze sembrava essere svanita la perfezione dell’architettura e la maestria del colore. Esisteva però nella città fiorentina ancora una certa vitalità espressa nella musica e nelle Accademie.
Una tra le più importanti, soprattutto per la scienza, era quella del Cimento, fondata da Leopoldo de Medici del 1657 ed aveva come pupillo proprio il pisano Galileo Galilei.
Nelle stanze dell’Accademia per la prima volta si respirava l’aria vera degli esperimenti fatti con il metodo galileiano e anche il motto “Provando e Riprovando” mostrava come il metodo sperimentale stesse cambiando il modo di vedere la natura e tutti i suoi fenomeni. All’inizio si trattava di incontri e raduni di studiosi e seguaci delle teorie galileiane che seguirono le sue teorie anche dopo la sua morte creando una sorte di apostolato.
Venivano effettuati esperimenti sulle proprietà del calore, sulla propagazione della luce e del suono e si occuparono anche di astrofisica studiando in particolari i moti di Saturno. La maggior parte delle esperienze venivano conservate e trascritte in diari manoscritti e costituiscono dei passi molto importanti per l’evoluzione delle scienze naturali, matematiche ed astrofisiche.
Firenze era considerata ancora la culla, il luogo ideale per far fiorire nuove idee, la città dove il fermento artistico prendeva vita e diffondeva in tutto il mondo allora conosciuto, il senso della vera bellezza.
Proprio a Firenze nel 1616 Artemisia Gentileschi è la prima artista ad essere ammessa all’Accademia delle Arti del disegno di cui è membro anche Galileo Galilei dal 1613. Artemisia giunge nella principale città toscana dopo aver sposato un artista non molto noto, Pierantonio Stiattesi. Un matrimonio pensato non per amore e passione ma organizzato per proteggere, riparare, soltanto in apparenza, ciò che era successo a Roma e che aveva coperto di vergogna, maldicenze e disonore la giovane Artemisia la cui unica colpa era quella di fidarsi di un tale Agostino Tassi che le prometteva amore e una vita insieme ma che in fondo si rivelò un impostore e ladro di quadri. Artemisia però ha il coraggio di rialzarsi con l’appoggio del padre che ha la forza di denunciare l’accaduto alle autorità pur sapendo del destino nefasto riservato alla figlia già orfana della madre sin dalla nascita. La donna subisce la tortura più pericolosa per un’artista; le vengono infatti schiacciate le dita ma la sua forza d’animo non si piega, non si lascia ferire e con la fierezza di una leonessa, rinasce e si trasferisce a Firenze dove mostra tutto ciò che Orazio, suo padre, amico e collega di Caravaggio, le aveva insegnato ed esprime tutta la sua forza e la volontà di una vita ribelle e rivoluzionaria nelle opere.
Galileo scardina e capovolge il modo di studiare la Natura e i suoi fenomeni, con lui termina la non scienza o meglio è proprio lui il pioniere della fisica moderna ponendo anche le basi per la scienza naturale moderna. Galileo giunge trionfante a Firenze dopo aver pubblicato nel 1610 il suo Sidereus Nuncius, un trattato dove espone alcuni dei suoi studi in campo astronomico. Il cannocchiale magistralmente progettato e perfezionato con il tempo viene spesso puntato verso il cielo per osservare la volta stellata e lo porta a concludere delle ipotesi che lo indirizzavano ad una completa rivoluzione dell’astronomia aristotelica-tolemaica fino ad allora reputata la più veritiera. Grazie alle sue minuziose osservazioni Galileo riuscì ad individuare la rugosità della luna e realizzò degli acquerelli per ogni fase lunare che costituirono la prima raffigurazione realistica della luna della storia.
Proprio a Firenze, nel periodo compreso tra il 1620 e il 1630, Galileo dà vita ad una vera e propria bottega di artisti galileiani, una generazione capace di condividere le suggestioni e le vive immagini offerte dalle lezioni dello scienziato.
Galileo ed Artemisia sicuramente si incontrano e si conoscono all’Accademia; tutto è documentato da una corrispondenza epistolare che lascia trasparire una certa confidenza e la fiducia che l’artista riponeva nello studioso pisano. Lei è l’unica donna che assiste alle spiegazioni di Galileo e che con occhi attenti, assorbe ogni preziosa parola e rafforzando e rinnovando la sua conoscenza ed amore per la luce e le ombre così tanto espresse da Caravaggio. Ora a supportare le sue pennellate e sfumature c’era anche la scienza e la nuova teoria nata dagli studi innovativi, rivoluzionari di Galileo. Artemisia sembra proprio omaggiare le scoperte riguardo le fasi lunari nel dipinto Betsabea al bagno dove le quattro fanciulle simboleggiano le quattro fasi ben descritte negli acquerelli di Galilei.
Betsabea al bagno |
Nelle rappresentazioni di Artemisia è forte il senso di riscatto, di vendetta quasi come se volesse donare a ciascuna protagonista delle sue tele, lo stesso coraggio e volontà di rinascere ogni volta. Le sue eroine, i suoi tratti sono veri, espressivi e magnificamente ombreggiati non soltanto all’apparenza perché portano a galla tutta la forza espressiva di una donna che ha combattuto con le sue ombre ed è riuscita a domarle facendo uscire la meravigliosa luce dell’anima.
L’arte si lega ancora alla scienza nel quadro intitolato Giuditta che decapita Oloferne. In una stanza buia, illuminata soltanto da una candela, Giuditta grazie alle sue conoscenze ed abilità riesce a far ubriacare e successivamente uccidere Oloferne, il generale degli Assiri. Un quadro crudo, vivo dove la veste della donna si scontra con il pallore della sua pelle ma quello che rende galileiana questa tela sono le tracce di sangue che coprono il materasso e il cuscino perché seguono delle traiettorie ben precise secondo gli studi di fisica del pisano.
Giuditta che decapita Oloferne |
Il vero omaggio di Artemisia a Galileo prende forma nella sua Aurora, un’opera commissionata da Filippo Arringhetti, filosofo neoplatonico e discepolo di Galilei che gliela richiede nel 1613. La dea Aurora appartiene all’iconografia neoclassica e viene rappresentata su un carro dorato trainato da due destrieri mentre la notte se ne va davanti a lei. Alle sue spalle in genere troviamo raffigurato il vecchio marito Titone che aveva ricevuto da Giove l’immortalità ma non l’eterna giovinezza per cui Aurora si ritrova con un uomo che invecchia senza morire mai. In alto nel cielo sono presenti tre donne che raffigurano le stelle, una delle quali versa rugiada in un’urna.
Aurora |
L’Aurora di Artemisia è una dea del tutto particolare perché non traina un carro che apre le porte al giorno perché lei stessa è la luce, la forza della “Dea dalle dita di rosa” sta nella sua capacità di allontanare il buio come aveva fatto lei stessa nella sua vita per far trionfare la luce del giorno che porta con sé tutta la volontà e la speranza di un nuovo inizio.
Nel 1635 Galileo si trova agli arresti domiciliari nella casa di Arcetri, è ormai anziano ed è stato costretto all’abiura, il 9 ottobre riceve una lettera di Artemisia con la richiesta riguardo due quadri che l’artista aveva inviato al Granduca Ferdinando II da cui non aveva avuto nessun riscontro. La lettera denota la fiducia e la confidenza che Artemisia riponeva in Galileo; i due destini rivoluzionari si erano spesso incontrati, intrecciati, illuminati portando alla luce ciò che soltanto un pensiero innovativo e la passione fervente possono mostrare al mondo superando gli schemi fissi e gli stereotipi di ogni epoca.
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