Mary Shelley appare nella maggior parte delle immagini arrivate fino a noi, come una donna sottile con lo sguardo timido ma chiaro e profondo. Studiando la sua biografia quello che mi ha maggiormente colpito è stato vederla bambina, nascosta dietro una delle poltrone di casa ed ascoltare Coleridge declamare La Ballata del Vecchio Marinaio. Ho sentito l’atmosfera cupa e nebbiosa che deve aver avvolto la sua mente che immaginava la maledizione lanciata dall’albatros ucciso dal marinaio e costretto ad attraversare mari e fantasmi alla ricerca della salvezza e del vero sé.
Mary Shelley è cresciuta così, avvolta dai discorsi degli intellettuali che frequentavano spesso la casa del padre William Godwin; lei aveva perso sua madre appena dieci giorni dopo la nascita e anche se la sua infanzia può essere definita felice, questa mancanza l’aveva segnata nel profondo ed emergerà nel carattere ma anche nei suoi componimenti.
Mary Shelley |
Mary assorbe tutta l’atmosfera del romanzo gotico, il genere narrativo nato nella seconda metà del Settecento che unisce elementi oscuri e del terrore ad altri profondamente romantici. L’ambientazione di questi testi è solitamente caratterizzata da luoghi misteriosi, paesaggi maledetti spesso posseduti da antiche profezie. I personaggi che animano le storie sono difficili da definire perché hanno dei comportamenti ambigui, sinistri e sono facili prede di passioni violente o tormentati da profonde ferite amorose.
La scrittrice incarna perfettamente tutto quello che poteva definirsi gotico perché la sua vita è caratterizzata da amori folli che la spingevano a viaggiare o meglio scappare da un paese all’altro dell’Europa. Proprio durante una di queste fughe, Mary si ritroverà insieme al suo amato Persey Shelley, in Villa Diodati con un gruppo di amici alcuni dei quali frequentavano assiduamente Byron e si perdevano spesso in lunghe serate nebbiose e piovose a raccontare storie di fantasmi. Nella stessa villa si discuteva di scienza e dei progressi dell’elettricità e della fisica e durante una di queste sere, Lord Byron propone di scrivere una storia del terrore a ciascuno dei suoi ospiti e Mary Shelley cominciò a comporre il suo Frankestein.
Il testo venne poi pubblicato in forma anonima nel 1818; il romanzo non ebbe un buon riscontro da parte della critica letteraria del tempo ma i lettori si appassionarono molto alla storia del dottore “maledetto” e della sua mostruosa creatura.
Mary è stata illuminata dai principi dell’evoluzionismo e dagli esperimenti di chimica che spesso venivano discussi e presentati durante le lunghe chiacchierate con gli amici intellettuali ed aveva sicuramente discusso e conosciuto le idee di Rousseau e il concetto del “buon selvaggio” secondo cui l’uomo per natura è buono ed è la società che lo rende malvagio, narcisista ed egoista.
Il suo romanzo “Frankestein” viene considerato come il Prometeo moderno riprendendo appunto la storia mitologica di Prometeo che rubò il fuoco agli dei per darlo agli umani e la sua azione rappresenta in qualche modo, l’origine della condizione esistenziale dell’uomo. Prometeo infatti rappresenta la ribellione, la sfida alle autorità e alle imposizioni dettate dall’alto. Il dottore svizzero Victor Frankestein ambizioso e profondamente conoscitore del corpo umano ha deciso di dare vita ad una creatura assemblando tra di loro le parti fisiche ricavate dalla sezione macabra di cadaveri. Sotto il camice candido del dottore si nasconde quindi la mano di Prometeo che vuole quasi sostituirsi al divino con l’intenzione di donare la luce, la scintilla della vita a pezzi di carne che ormai hanno perso ogni goccia di sangue e di ossigeno e giacciono a terra freddi e inanimati.
La creatura ha un aspetto terribile, ripugnante ma nonostante ciò ha un’indole benevola e prova dei sentimenti quasi umani; per la società però rimane un mostro che non potrà mai essere accettato per le sue sembianze spaventose.
Il mostro quasi umano è infelice, si sente solo e il Dottor Frankestein decide di dare vita ad un’altra creatura ma quando sta per terminare il lavoro, rimane inorridito dai suoi gesti e la distrugge prima di darle vita. E’ proprio ora che il mostro “benigno” diventa malvagio e vuole vendicarsi del male che il dottore gli ha provocato scatenando una serie di uccisioni che lo trasformeranno in una creatura terrificante.
Chi si nasconde sotto quel camice? Il dottore che ambiziosamente dona la fiaccola della vita ad un mostro o l’uomo che visto quello che stava facendo torna indietro perché ha capito di aver commesso un errore o meglio un passo che di umano ha ben poco?
Quanti di noi oggi indossano il camice candido del Frankestein ambizioso? Spesso ci ritroviamo a voler modificare, piegare e segnare la Natura che silenziosa ma imponente ci segue ma che a volte si ribella e risponde a voce alta perché vede la malevolenza delle nostre mani. Dietro a quel camice però, in quelle maniche si nascondono anche le mani volenterose della ricerca, di chi passa notti e giorni in un laboratorio desiderando di trovare la risposta giusta, la salvezza da alcune malattie che ci hanno abbattuto, decimato, spezzato e ridotto quasi ad automi.
Questi Frankestein nella storia dell’umanità sono stati una benedizione perché hanno osservato e non stravolto, studiato e non massacrato la natura che ha in sé tutte le risposte; l’ingegno umano e lo studio appassionato e profondo hanno salvato migliaia di persone e generazioni che quasi inconsapevolmente oggi aprono bustine e lasciano sciogliere nell’acqua una miscela curativa che è costata sacrificio ai grandi scienziati di ogni tempo.
Oggi abbiamo bisogno di questi Frankestein coraggiosi che usano la torcia di Prometeo per illuminare il progresso senza compiere passi affrettati o poco umani; oggi in questa infinita pandemia siamo abituati, assuefatti ad immagini terribili, a file interminabili di morte che abbandonano la terra in silenzio e in completa solitudine; annaspiamo coperti dalle mascherine alla ricerca della salvezza e cerchiamo in tutti i modi di aggrapparci a quel minuscolo ciuffo d’erba verde che vediamo in cima.
Tutto ciò che piega malevolmente la natura crea un disagio perché siamo parte di un equilibrio che dovremmo custodire, proteggere sempre e non sbilanciare; ogni orma umana rimane per secoli e ogni respiro si confonde con quello degli alberi; dobbiamo crescere abbracciando il susseguirsi delle stagioni credendo nella Fratellanza e nel lavoro instancabile dei Frankestein moderni e benevoli.
Lascio a voi una domanda…Chi è il vero Frankestein?
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