23 agosto 2021

Molière e L’école des femmes: la plurisecolare battaglia femminista

Che cosa significava nascere donna nel XVII secolo? Chissà se qualcuno si è mai chiesto quali fossero i gusti di una donna, cosa le piacesse e cosa invece non preferisse affatto, a cosa pensasse quando era in silenzio e cosa sognasse di diventare da grande.   

Siamo nella Francia del 1600 e nelle proprie case, le donne organizzavano e animavano i salons letterari dove si raccoglievano i principali intellettuali francesi. Questa cerchia composta da uomini e donne dell’alta aristocrazia dell’epoca e anche da scrittori e intellettuali di estrazione borghese, fu il primo passo verso l’emancipazione femminile.  

All’epoca, il termine più appropriato per definire quelli che oggi chiamiamo salons era ruelles. La ruelle rappresentava letteralmente lo spazio che c’era tra il letto e la parete della camera da letto della maîtresse de maison. In questo luogo, la dama accoglieva i suoi amici, le élites socio-culturali dell’epoca, i prìncipi, gli scrittori, i poeti. Tra le diverse ruelles si possono ricordare quelle della Marquise de Rambouillet e di Mlle de Scudéry.

In questo clima fervido si inserisce la commedia di Molière, L’école des femmes del 1662. Un misto di modernità e amarezza, di gioia e dolore, di teatro comico e a tratti tragico che sono poi, le caratteristiche del genio di Molière, oltre che di questa commedia. Molière riuscirà ancora una volta, a farci ridere e sorridere di noi stessi e dei nostri difetti, riuscirà a farci riflettere su quanto l’uomo possa essere misero.

La scena è una piazza circolare che con la sua geometria ci porta ad una prima casa, nella quale troviamo una scala che arriva ad una stanza. Nel corso della commedia, questa stanza diventerà una cella, una prigione. Poi, c’è un’altra casa che non si vedrà nella commedia. Entrambe sono di proprietà del protagonista, un uomo cinico e un innamorato ossessivo e possessivo che approfitterà della debolezza di Agnese, la vittima ingenua delle sue trame. Il protagonista si chiama Arnolfo e rappresenta il ‘’barbon’’, ossia un personaggio in là con gli anni e che ha determinate caratteristiche: è tirannico, autoritario, pieno di sé e maschilista. Vittima della sua paura di essere tradito da una donna, Arnolfo fa rapire Agnese da bambina e la rinchiude prima in un convento e poi nella sua casa. La donna è destinata a sposare un uomo dispotico e a vivere nell’ignoranza, lontana da tutto e tutti, lontana dai salotti letterari dei quali le donne sono invece, il motore principale. Arnolfo vuole dominare Agnese sul piano economico, sociale, culturale e psicologico. A suo avviso, infatti, una donna che frequenta i salotti letterari e che pertanto è acculturata è una minaccia per l’uomo, poiché può tradire. Una donna ignorante che sa solo coudre et filer (cucire e filare), non rappresenta una minaccia, poiché non frequentando il mondo esterno, non può tradire. Eppure, Arnolfo non ha messo in conto che l’uomo è un animale dotato di istinto e intelligenza, ma soprattutto di un cuore che insegna molto di più di una scuola e fa compiere gesti che mai avremmo pensato di poter compiere. Questo è quanto cercherà di fargli comprendere Crisaldo, l’esatto opposto di Arnolfo. Crisaldo comparirà in questa commedia solo tre volte, ma è il personaggio più importante poiché avvia il dibattito ideologico sul rapporto tra i due sessi nel matrimonio e sull’educazione delle giovani donne. Crisaldo crede fermamente nel potere educativo dei loisirs mondains e nel valore educativo del teatro, nella libertà dell’altro sesso, nell’esprit e nella beauté (intelligenza e bellezza). Arnolfo, al contrario vuole che la sua donna sia di un’ignoranza estrema, che non comprenda le sottigliezze linguistiche.

Je prétends que la mienne, en clartés peu sublime
Même ne sache pas ce que c'est qu'une rime;
Et s'il faut qu'avec elle on joue au corbillon1,
Et qu'on vienne à lui dire, à son tour: «Qu'y met-on?»
Je veux qu'elle réponde, «Une tarte à la crème»;
En un mot, qu'elle soit d'une ignorance extrême;
Et c'est assez pour elle, à vous en bien parler,

De savoir prier Dieu, m'aimer, coudre, et filer.

 

Io pretendo che la mia, poco sublime per intelligenza,
Non sappia neppure cosa sia una rima;
E se si trovasse a giocare al corbillon,
E qualcuno, quand’è il suo turno le dicesse «Che ci metti?»
Io voglio che lei risponda «Una torta alla crema»;
In una parola, che sia di un’ignoranza estrema;
Ed è sufficiente per lei, per dirla nel modo giusto,
Che sappia pregare Dio, amarmi, cucire e filare.


Crisaldo è il motore rivoluzionario di questa commedia, colui che incarna la visione più avanzata e progressista. Per Crisaldo, la distinzione tra il bene e il male non è innata nell’uomo, bensì risiede nell’educazione che Arnolfo nega ad Agnese. Una donna istruita conosce la distinzione tra il bene e il male e quindi, se tradisce il proprio uomo, lo fa consapevolmente. Una donna cresciuta nell’ignoranza, non sa cosa sono il bene e il male e quindi, tradisce il suo uomo inconsapevolmente. 

Tuttavia, Arnolfo lungo tutto l’arco della commedia non ascolterà le parole di Crisaldo e continuerà a prendere delle precauzioni per fare in modo che Agnese non si innamori, non abbia una personalità e non abbia alcun gusto. Addirittura le consegnerà un libretto di massime, Massime del matrimonio o i doveri della donna sposata, con esercizio giornaliero contenente più di dieci massime o regole che una brava donna applica durante il matrimonio e che Agnese avrebbe dovuto leggere ripetutamente per ricordarle.

Arnolfo, quindi cercherà in ogni modo possibile di ostacolarla, fino a diventare vittima dei suoi stessi tranelli, fino a comprendere che tutte le precauzioni prese sono state inutili. Infatti, all’involuzione e alla perdita delle sicurezze di Arnolfo, corrisponde l’evoluzione, la rinascita e la presa di coscienza di Agnese. Votata all’obbedienza e al silenzio, Agnese si innamorerà di un uomo, Orazio. Basterà loro solo uno sguardo. Da quel momento in poi, Agnese si renderà conto di esistere, si allontanerà sempre di più da Arnolfo e capirà di avere un cuore che batte, di essere innamorata di un uomo che la lascia libera di essere. Inizia in questo modo la sua lotta contro Arnolfo e sarà aiutata da un grande maestro, l’amore.

Se Agnese riuscirà a salvarsi sta a voi scoprirlo, ma l’immortalità di questa opera ci obbliga a chiederci quanto sappia essere misero l’essere umano e quanta miseria, le donne di tutto il mondo dovranno ancora subire prima di essere libere per sempre. Nascere donne nel 1600 significava combattere contro la legge dei padri che pretendevano di sapere cosa fosse meglio per la propria figlia, dei mariti che le donne non avevano scelto. 

Oggi qualcosa è cambiato, ma perché si sente parlare ancora di "mestieri per le donne" e "mestieri per gli uomini"? In alcune regioni dell’Italia del Sud, ancora si vocifera che una donna perfetta sia quella che si occupa della casa, che lava, cucina e stira. Se invece, una donna perfetta fosse quella in carriera, che non sa cucinare e che invece è felice? Giunge il fortissimo eco delle donne del Medio Oriente che sopportano in silenzio e coperte fin sopra la testa, tutto l’orrore che crolla loro addosso.

La paura dell’emancipazione femminile è onnipresente e di Arnolfo nelle nostre vite ne abbiamo almeno tre: Arnolfo fidanzato, Arnolfo padre, Arnolfo marito. Tuttavia, esistere è un verbo asessuato e saremo pienamente libere, solo quando le donne di tutto il mondo lo saranno a loro volta.  

La parola corbillon significa letteralmente ‘‘cestino, paniere’’ e indica un gioco molto famoso nelle cerchie mondane dell’epoca, dato che queste non erano solo un luogo in cui si faceva letteratura, ma erano anche spazi di divertimento, di evasione. Il gioco del corbillon prevedeva la formazione di parole che finissero in -on e che quindi facessero rima con corbillon. Una persona particolarmente ingenua e che ignora l’uso ludico del linguaggio, alla domanda: corbillon, qu’y met on? risponderebbe: une tarte à la crème.

 Raffaella Donési

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