Candidato a Miglior Corto al Tallinn Black Nights Film Festival, La Pescatora, fiaba cruda e sincera di Lucia Loré, canta del coraggio di Lea e della sua lotta quotidiana contro una realtà sempre più misogina e violenta
«Io non sono una sirenetta; sono una pescatora!»
«Ah, sì? E fammi vedere li baffi, allora!»
Lea vive in una comunità di pescatori nell’Italia meridionale. Proviene da una famiglia di umili origini: il padre, Ettore, è un pescatore ritiratosi dagli affari a causa della sua età avanzata. Lea ha un sogno: vuole seguire le orme dell’anziano genitore; desidera diventare una pescatora.
Lo sguardo sicuro di Lea scivola lungo la superficie del mare che l’accoglie assieme alla sua barca. Il suo spirito solitario è a proprio agio in mezzo a quell’infinita distesa d’azzurro perché, proprio come il mare, è libero ed indomabile. Nessuno può imprigionare la fiera pescatora.
«Non lo sai che le femmine da sole a mare non possono andare? Perché non aiuti tua madre come tutte le altre?»
Cosimo è un brutale pescatore dalla mentalità retrograda ed ottusa; i suoi occhi bestiali e minacciosi riflettono la rabbia che cova dentro di sé. Lui non vede di buon occhio la pescatora, anzi, la detesta e vorrebbe metterla a tacere perché è una donna e non può permettersi di fare il lavoro di suo padre, che è il lavoro di un uomo.
In questa cruda e sincera fiaba Cosimo è l’antagonista che vorrebbe vincere Lea, l’eroina, affinché smetta di seguire il proprio sogno rivoluzionario e “scandaloso”.
«Te lo ripeto per l’ultima volta: le femmine per mare, da sole, non possono uscire!»
Cosimo conosce solo due lingue, quella della violenza e quella della paura: malmena la pescatora sperando così di spaventarla.
Lea si ritrova così a vivere il momento in cui l’eroina sente che tutto è irrimediabilmente perduto; il momento in cui l’antagonista sembra aver vinto.
Arrivati a questo punto, come accade nelle fiabe, Lea potrebbe sperare nell’aiuto proveniente da qualcuno, ma la Pescatora non è una storia simile a quelle di un tempo.
La pescatora è rimasta sola; non può contare nemmeno sull’aiuto della propria famiglia. La madre, nonostante sappia dell’ingiustizia che sta subendo la figlia, cerca in tutti i modi di farle cambiare idea, di imprigionarla al posto che dovrebbe competerle, perché, se continuasse con questa “stramba” idea di voler fare ad ogni costo il mestiere del padre, tutta la famiglia verrebbe disprezzata e calunniata dall’intera comunità.
«Che dobbiamo fare? Non sai più niente tu? Tu, che sapevi tutto di tua figlia? Ignoravi che invecchiando avresti perso il rispetto di tutti? Diventando uno scarto, proprio come tua figlia!»
Lea cammina sulla spiaggia solitaria, recitando la preghiera del pescatore; prosegue fino a quando il suo corpo non è completamente immerso nelle acque. In questo primo battesimo simbolico la pescatora realizza che non ha bisogno di nessuno per reagire perché ha dentro di sé il coraggio e la forza per combattere non solo Cosimo ma un’intera comunità vittima ancora del pregiudizio e di tradizioni malsane.
«Io lo denuncio e da domani vado a pesca da sola!»
Come in ogni fiaba che si rispetti, alla fine, c’è la trasfigurazione e la ricompensa. Lea riceve dal padre un secondo battesimo simbolico: viene “incoronata” pescatora; non è più la ragazza di un tempo, è cresciuta, ha dimostrato coraggio nell’affrontare da sola gli ostacoli. Si è dimostrata degna del proprio sogno rivoluzionario e “scandaloso”. Lea è così simile ai cavalieri medievali che affrontavano ogni tipo di rischio e pericolo, mettendo anche a repentaglio la propria vita, per dimostrarsi degni di ricevere il beneficio tanto desiderato.
La talentuosa Lucia Loré, sceneggiatrice, regista ed attrice, in pochi minuti, riesce a confezionare un interessantissimo cortometraggio che difficilmente lascerà indifferente. La lucidità nella messa in scena e la potenza del messaggio (più attuale che mai, purtroppo!) coinvolgono lo spettatore che viene calato in una realtà meschina, grigia e misogina; una realtà dominata ancora dal preconcetto e dalla chiusura mentale e che violenta, sia fisicamente che psicologicamente, le donne.
La storia della pescatora racchiude secoli di ingiustizie ed abusi; un’arretratezza che sopravvive anche ai giorni nostri e che costringe le donne a vivere nell’ombra perché considerate deboli ed inferiori agli uomini.
È giusto parlare allora di progresso?
In questa realtà claustrofobica il coraggio della pescatora è una boccata di aria fresca, una ventata di speranza. C’è una speranza? È possibile un lieto fine, come nelle fiabe? Si può abbattere questo sistema marcio e corrotto, che si ripete sempre uguale da millenni? Sì, è possibile. Questo cortometraggio ce lo vuole ricordare.
Vuole ricordare che tutto parte da piccoli gesti quotidiani, dal coraggio che non si lascia intimidire dalla paura e dal supporto di quanti hanno compreso l’assurdità e la malvagità di questo modo di pensare.
Alla fine la pescatora ritorna al mare, il suo fedele compagno; naviga in quelle acque, verso un orizzonte che si spera essere (il più presto possibile!) portatore di cambiamenti.
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