6 gennaio 2022

Prendi il tuo dolore ed elevalo ad arte: John Lennon

John Lennon

Piccola rubrica per ricordare quanto sia necessario il caos per partorire una stella danzante

Nel 1970 si concluse definitivamente, ed ufficialmente, la sfolgorante parabola dei Beatles; l’album Let It Be, pubblicato quello stesso anno ma registrato nel 1969, mise la parola fine all’esperienza di un gruppo che aveva cambiato, e per sempre, il mondo della musica.

Nel 1970 John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr pubblicarono i propri lavori solisti, inaugurando così un nuovo periodo della loro carriera; periodo difficile perché attraversato, almeno inizialmente, da forti dubbi ed incertezze. Ricominciare non sempre è facile perché molte volte, senza nemmeno aver compiuto il primo passo, si è costretti a scontrarsi con gli ostacoli delle nostre fragilità e paure.

Soprattutto John Lennon comprese che, prima di voltare definitivamente pagina ed aprire una nuova fase della sua vita, doveva necessariamente chiudere i conti con il proprio passato e con i traumi che portava dentro di sé, fin dalla sua turbolenta adolescenza.

L’11 dicembre venne pubblicato l’album John Lennon/Plastic Ono Band, sicuramente il lavoro più intimo e più doloroso dell’ex Beatle che, senza censure, non esitò a mettere completamente a nudo se stesso, mostrando le sue più recondite paure e i suoi più strazianti dolori. La musica per John Lennon divenne una seduta psicanalitica, una valvola di sfogo, un modo per raccontare le proprie sofferenze e per rendere meno spaventosi i suoi demoni interiori. 

John Lennon Plastic Ono Band
 

Il primo trauma ad essere svelato - quello che più di tutti influenzò la sua vita - è la dolorosa mancanza provocata dal non aver potuto godere, soprattutto durante l’infanzia, di un sincero rapporto con la propria madre ed il proprio padre: John Lennon fu abbandonato dai propri genitori.           

Mother, you had me but I never had you
I wanted you, you didn't want me
[…]
Father, you left me but I never left you
I needed you, you didn't need me

Mother, il brano che apre l’album, è un’accusa che muove Lennon contro i genitori che non lo hanno voluto nelle loro vite e per questo motivo lo hanno abbandonato, senza affatto considerare che il piccolo John aveva bisogno di loro, dei loro consigli e della loro presenza. Questa accusa poi si trasforma verso la fine in una supplica urlata.           

Mama, don't go
Daddy, come home

È l’infanzia che gli è stata rubata e che non potrà mai riavere indietro. Il senso di abbandono si acuì poi a causa della scomparsa prematura di Julia, morta in un incidente stradale proprio nel periodo nel quale si stava riavvicinando al proprio figlio, il diciassettenne John. Mother si apre con rintocchi funebri di campana; l’album si chiude con la canzone My Mummy’s Dead dove il cantante dichiara:          

My Mummy's dead
I can't get it through my head
Though it's been so many years
My Mummy's dead

I can't explain
So much pain
I could never show it
My Mummy's dead

Questo abbandono da parte dei genitori influenzò molte scelte successive di John Lennon. Ad esempio, la mancanza di una famiglia tutta sua lo portò a desiderarne ardentemente una così nel 1962 sposò Cynthia Powell.           

Children, don't do what I have done
I couldn't walk and I tried to run

Sempre nel brano Mother Lennon sottolinea che il matrimonio fu la sua scelta più infelice perché a causa della sua giovane età non possedeva la maturità necessaria per costruire una famiglia: aveva provato a correre quando ancora non aveva imparato a camminare. Il rapporto con Cynthia finì nel 1968, dopo il viaggio in India l’ex Beatle confessò alla moglie tutti i suoi tradimenti. 

 

Inoltre questi traumi scatenarono in John Lennon la necessità di sentirsi accettato, per questo motivo decise di diventare una rockstar: per non essere di nuovo abbandonato. Purtroppo però, dopo lo scioglimento dei Beatles, rivisse la minaccia di questa paura, come sottolineato nella canzone Isolation.           

We're afraid to be alone
Everybody got to have a home
Isolation

I Beatles non esistevano più e molto probabilmente non si sarebbero mai più riuniti in futuro; quindi Lennon doveva seguire la propria stella, sviluppare la sua personalità artistica che il gruppo aveva per troppo tempo soffocato. Tutto questo, però, lo terrorizzava perché forse gli ammiratori non lo avrebbero più apprezzato e seguito.

Per di più Lennon era maturato, non era più un ragazzino, non era più un Beatle, aveva cominciato a guardare con più indulgenza il mondo degli adulti, fatto di insicurezze e di molti errori.          

I don't expect you to understand
After you've caused so much pain
But then again, you're not to blame
You're just a human, a victim of the insane

Di conseguenza le sue future canzoni sarebbero state diverse, più mature, perché avrebbero trattato nuove e più sentite tematiche: da quelle politico-sociali (Working Class Hero) a quelle religiose (I Found Out). Ecco fare capolino la paura di essere abbandonato da tutti quelli che non avrebbero accettato questo cambiamento.           

I don't believe in magic
I don't believe in I-Ching
I don't believe in Bible
I don't believe in Tarot
I don't believe in Hitler
I don't believe in Jesus
I don't believe in Kennedy
I don't believe in Buddha
I don't believe in Mantra
I don't believe in Gita
I don't believe in Yoga
I don't believe in Kings
I don't believe in Elvis
I don't believe in Zimmerman
I don't believe in Beatles 

Senza alcuna ombra di dubbio il brano più bello, e quello più controverso, scritto da John Lennon è God, gioiello dell’album. È questa un’amara e dolorosa presa di coscienza: John è ormai cresciuto, è diventato un adulto. Guarda al sé del passato, al John adolescente pieno di sogni, che viveva nel culto delle grandi personalità (Gesù, Kennedy, Elvis Presley, Bob Dylan), appassionato di filosofia, attratto dalle varie forme di spiritualità, soprattutto quelle orientali, che viveva un sogno condiviso con altri tre ragazzi come lui. Ora tutto questo non c’è più («The dream is over»), fa parte del passato.          

I was the Walrus
But now I'm John

Lennon ora deve ripartire da John. Crescere è sempre doloroso ma è necessario se si vuole andare avanti. 

 

L’album, nonostante il dolore che attraversa ogni brano, si apre a spiragli di speranza. John Lennon sa che ce la può fare, che questo dolore un giorno passerà per sempre. Come afferma in Hold On:          

Hold on, John
John, hold on
It's gonna be alright
You're gonna win the fight

Lennon sa che può sopportare i propri demoni interiori grazie anche alla presenza e al supporto della sua compagna, Yoko Ono, e all’amore che nutrono l’uno verso l’altro.  Sì, perché l’amore può aiutare a sopportare e vincere qualsiasi momento, anche quello più doloroso.          

I just believe in me
Yoko and me
And that's reality

Parlare di questo album non è semplice perché è ricco di contenuti e suggestioni ed ogni brano, soprattutto God, si apre ad ogni ascolto a nuove ed interessanti interpretazioni. È un album emotivamente coinvolgente e commovente perché l’autore senza paura mette a nudo se stesso. Spoglia è l’anima di John Lennon, spoglio è l’album: gli arrangiamenti sono semplici, privi di fronzoli, di orpelli e di abbellimenti; i brani sembrano scritti di getto e registrati di fretta, come se il dolore sentisse la necessità di uscire fuori al più presto dal cuore di Lennon. 


Quest’album ricorda il potere dell’arte capace di rendere meno mostruoso qualsiasi dolore.

            Emmanuele Antonio Serio 

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