Lamponi di piombo presenta”Oasi”. Singolo uscito a gennaio 2022 con l’etichetta Believe.
Prima di tutto presentiamo Le stanze dischi, una nuova realtà discografica indipendente, nata a Milano nel 2021. Standing ovations per chi cerca l’indipendenza di pubblicare cose valide anziché piegarsi al “sistema editoria italiano”. Un sassolino che non va tenuto dentro le scarpe, questo continuo inscatolarsi dentro sistemi di vendita musicale ed editoriale prestabiliti a priori.
Chi sono Lamponi di piombo.
E’ un esperimento dalle origini complicate: dalla Liguria alla Calabria, dal Veneto alla Sicilia, ci si ritrova nelle vie di Firenze, dove la band nasce ufficialmente, nel febbraio 2020, con l’intenzione di coniugare le esperienze musicali più variegate. Dai ritmi e dalle atmosfere dance, alle esperienze maturate anni prima nei templi della musica indie britannica, il tutto con un comune interesse per la musica elettronica e una spiccata predilezione per la forma della canzone pop. Ovviamente, con la fortuna che si ritrovano, meno di un mese dopo il mondo è scosso dalla pandemia, che li separa e li disperde rendendo difficile la scrittura dei primi brani.
Dai metodi di registrazione più disparati e dagli strumenti più assurdi, durante il primo lockdown, prende forma, insieme ad altre canzoni, il loro primo singolo. Tritolo, pubblicato il 5 Marzo 2021, è l’inizio di una storia in vari atti che porterà a conoscere ELLE, la maschera protagonista, il suo mondo, le sue paure e le sue emozioni, che sono quelle che ognuno di noi deve affrontare.
Il passo successivo è “Oasi”. Nata dal desiderio di esorcizzare la rottura del rapporto complesso raccontato già in Tritolo, Oasi tenta di addensare tutta la tradizione del Pop britannico e del movimento “dreaming” così cara al duo e di avvicinarsi ad una lirica più intima e introspettiva.
Per lui e per la band la musica è due cose (scordate il classico “bisogno di esprimere l’arte che ho dentro”): un mezzo per riempire il baratro dell’autostima grazie al palco e un tentativo per cercare di elaborare e sintetizzare la nostra evoluzione quotidiana.
Queste le informazioni di base.
Ho ascoltato con attenzione sia Tritolo, che Fast Food, brani usciti nel 2021, e l’ultimo, uscito il 14 gennaio, Oasi, di cui vi propongo il link al video su Youtube.
Per quanto riguarda il nome, io lo trovo fantastico: i lamponi sono frutti morbidissimi e dolci, aciduli, succosi, ma in questo caso sono di piombo, quindi grigi duri immangiabili e pesanti. Questa contrapposizione è un ossimoro interessante ed ingegnoso. Il primo termine ti attira, il secondo ti inchioda, e ascolti.
Tecnica musicale
Dal punto di vista strutturale la tecnica è molto buona, in due brani il segno distintivo è un inciso di apertura, un preambolo, che dura qualche secondo, dopo di che inizia il brano vero e proprio. Ottimi arrangiamenti e ottima tecnica musicale, questo si percepisce subito. C’è studio sui ritmi e dentro le armonie, ricerca. Ho potuto constatarlo al meglio in Fast Food che cambia il brano completamente a metà circa (durata totale 2 minuti).
Oasi (ma anche Tritolo) è un prodotto pop che potrebbe collocarsi benissimo nella classifica dei brani più venduti in questo momento, per i temi trattati, la musica, il sound e il modus di canto: la ritmica spezzata che va di moda in questi ultimi anni, insieme ad un certa modulazione della voce sulla parola. Ritmica spezzata della parola ma sul fondo armonia e melodia che tengono solido il brano.
E’ grazie anche al suono solido della strumentazione che il cantante può giocare sulle parole e sull’emissione della voce, portata in varie modalità.
Questa annotazione a volte si dimentica, quando sia musica che parola cantata si prendono troppe libertà stilistiche il brano perde compattezza e diventa difficile da ascoltare, salvo mirabili esempi di bravura che appartengono ai grandi musicisti.
Dal punto di vista vocale nei brani del 2021 vi è qualche incertezza, ma in Oasi viene brillantemente risolta, sebbene io abbia l’impressione (è una mia idea) che questa voce potrebbe arrivare a fare anche molto di più, con l’esperienza e lo studio, tenendo anche conto del fatto che fisicamente le corde vocali cambiano insieme al nostro corpo.
Estetica e immagine, il testo di Oasi.
La foto in copertina è emblematica: il protagonista porta una maschera, ed anche nel video si presenta con questo sacco di juta dagli occhi di panda. le parti scoperte del corpo sono tatuate e il modo di vestire è anonimo, un’omologazione di mille ragazzi come li vediamo per strada.
La sua ragazza non sembra accorgersene, per lei va bene così. In effetti se ne sta andando ma il testo non parla della mancanza dell’amore di lei quanto della solitudine del protagonista, che si sente un’oasi nel deserto, un uomo solo che riflette sui suoi errori e sulla sua vita, dove lei entra marginalmente, come compagna o amica. Anche nel video si vedono i due che giocano, lui ha la maschera e per lei non fa differenza chi ci sia dietro quella maschera, non lo vede.
Trovo l’uso della maschera efficace e rivelativo: in primis sembra suggerire che bisogna ascoltare la voce del cantante senza essere vincolati alla sua immagine (contrapposizione totale ai “quadri” di Achille Lauro, che poi quadri non sono in quanto si muovono, sono certamente meglio dire sceneggiature, dove l’immagine conta più della musica) ed anche, questa maschera, è un richiamo colto, alle maschere del teatro greco, da cui nascono la definizione di personaggio e persona, e pirandelliane, un simbolo dell’anonimato in cui siamo immersi, come un limbo liquido dove non è visibile il volto, forse perché nessuno, come la ragazza del nostro protagonista, vuole guardarlo, il volto degli altri esseri umani.
Intervista
Ciao, è un piacere per me fare questa intervista.
Come vi chiamate di nome, quanti siete, e che strumenti suonate?
Io sono Silvano, ma Syd, dopo tanti anni, ormai è diventato più di un abbreviativo/soprannome: nemmeno mi giro se non mi chiamano così. E lui è Michele.
Insieme siamo i Lamponi di Piombo. Siamo nati come musicisti “all’antica”: insieme abbiamo militato in alcune formazioni, io come chitarrista ritmico/cantante e Michele come bassista. Sono questi i nostri “veri strumenti”, quelli con cui ci siamo fatti i calli sulle dita da ragazzini, con cui abbiamo passato ore e ore e da cui, ancora oggi, tiriamo giù le melodie di base e i riferimenti chiave per le nostre canzoni. È chiaro che, rispetto ad una band, un duo ha esigenze diverse; quindi, negli anni, siamo stati costretti a mettere le mani anche su altra roba, come le tastiere, la batteria e in alcuni periodi anche su alcuni strumenti a fiato.
La vostra età?
Siamo coetanei. Quest’estate compiremo entrambi 29 anni.
Da quanto suonate da soli e da quanto insieme? Avete studi di conservatorio o self made?
Come detto, per entrambi la musica è stata qualcosa di fondamentale, indispensabile per trovare una collocazione e capire chi si è, fin dall’adolescenza e pure prima: direi che giunti quasi alla soglia dei 30 anni abbiamo passato metà della nostra vita a suonare e cantare...che non è poco.
Nessuno di noi ha veri studi di musica, Conservatorio, accademie etc.
La totalità di ciò che facciamo viene dalla nostra voglia di scoprire nuove sonorità e accordi mettendo le mani sullo strumento, ma non ci definirei dei self-made: alla fine ci siamo creati un nostro percorso di studi, leggendo, guardando, imparando da altri musicisti, produttori etc.
Il nostro motto è “tu dacci una tuba e anche se non la sappiamo suonare…noi ti tiriamo fuori una canzone”.
Riuscite a suonare assieme nonostante le distanze? Conciliate vita e lavoro con la musica?
Al momento non siamo separati, il che ovviamente semplifica le cose, visto che abitiamo a due isolati di distanza. Prossimamente potrebbero esserci un po' di problemi su questo fronte, dal momento che Mik gestisce un’attività a Firenze e che io come ricercatore mi sposto molto in giro per l’Italia, e prossimamente per L’Europa.
Ma separarci non ci spaventa: riusciamo a lavorare a distanza, come per “Tritolo” durante il primo lockdown , dal momento che io sono un grezzo che lavora sull’idea e Mik è colui che prende il ceppo delle melodie e dei miei testi e lo “intaglia” fino a costruire una vera canzone. Il trucco è tutto lì: ci conosciamo e facciamo musica da anni insieme. Quando mando un semplice giro di chitarra con 4 frasi e un ritornello, Michele sa sempre dove voglio arrivare, così come quando lui mi manda una base io capisco quasi subito che tipo di voce e di melodia alla voce lui si aspetta su quel pezzo. Ciò che ci manca in mezzi e preparazione l’abbiamo sempre compensato con l’alchimia tra noi.
Lamponi di piombo è un ossimoro che io trovo molto interessante: da dove nasce questa scelta?
Domanda ricorrente, risposta solita: ci piacerebbe avere storie entusiasmanti ma la verità è che non ha un vero significato, se non quello di esser appunto un ossimoro, ricalcando così anche la differenza che c’è tra noi dal punto di vista artistico e caratteriale (ma non saprei dire chi è il lampone e chi il piombo). Oltre a venire frequentemente storpiato – “lampioni” è l’errore più comune – ci è piaciuto perché ha avuto una genesi molto simile alla nostra musica: una sera stavamo cercando un nome e di finire un pezzo insieme ad un paio di amici e mio fratello… tentavamo di fare una cosa ben precisa e poi alla fine ne è venuta fuori una completamente diversa. Qualcuno potrebbe ridere del fatto che nemmeno una cosa così semplice ci è venuta bene… ma a noi va più che bene così. Adoriamo il nostro nome e il modo in cui è nato.
Che ritorno vi aspettate dal brano Oasi?
Non credo che ci aspettiamo nulla di preciso: se dicessi che mi aspetto di diventare famoso per Oasi perché è un grande pezzo sembrerei presuntuoso… se dicessi che non mi cambia nulla se la gente l’ascolta o meno sarei bugiardo, perché tutti i musicisti sono un po' egocentrici e desiderano che la loro musica raggiunga e piaccia a più persone possibili. L’unico ritorno che desideriamo davvero è dare un’impronta di serietà a ciò che facciamo per spostare tutta l’attenzione sulla musica: sarei contento se raggiungessi questo obbiettivo anche solo con una persona sulla Terra. Vorrei che Oasi facesse comprendere che la nostra musica non nasce mai come un sottofondo e non dovrebbe esserlo. Devi dedicare la tua concentrazione a ogni canzone, ascoltare con attenzione e scrupolo…se ti serve una base per scalmanarti e fare le stories con le amiche solo per farti vedere… forse ti conviene ascoltare qualcos’altro.
Perché il protagonista ha questa maschera? Cosa significa per voi?
ELLE è un personaggio complesso… non so più nemmeno come e quando è nato…forse c’è sempre stato… e continua ad evolversi: sta diventando sempre più una creatura autonoma con un’estetica e un’etica sua. Certo ricordo quando gli ho dato un volto… quando ho scritto “Tritolo” uscivo da un momento molto complesso e pieno di dolore considerato che avevo perso quello che consideravo il grande amore della mia vita. Probabilmente mi vergognavo delle mie stesse emozioni, o comunque di mostrarle così schiettamente, senza filtri, mettendo a nudo i vari momenti che avevano strutturato la mia storia. Ecco, ELLE è stato la cura: la maschera si è addossata tutto il disagio, tutta la difficoltà, tutta la paura, permettendo a chi ci stava sotto di esser solo libero di cantare, o meglio di sputare un suono, che fosse il più autentico possibile. Una volta iniziato così…non era più possibile farne a meno…ed eccoci qui.
Come giudicate il panorama musicale italiano nel quale voi vi inserite (pop – rock – vario) ed in quale posizione vi sentite di collocarvi al suo interno?
Non credo che possiamo collocarci in nessun panorama in realtà: siamo troppo “modesti” o forse solo troppo desiderosi di restare fuori da certi schemi, per poter mettere al centro la musica, per stare in una, o semplicemente in “scena”. Proprio l’idea di scena mi sembra totalmente inadatta: la musica si ascolta… e se si vede, si vede con il cuore, non certo ammirando l’ennesimo teenager con i pantaloni larghi che si atteggia a bad-boy per far gridare adolescenti, ragazzine ed aspiranti ragazzine ormai troppo cresciute.
Inoltre, uno dei principali, se non il principale, punto di forza della nostra musica è anche una grande debolezza sotto il profilo marketing: per oltre un decennio abbiamo fatto musica in inglese, siamo cresciuti e ci siamo istruiti con la musica inglese e siamo quasi totalmente digiuni di musica e scena italiana. Non stiamo dicendo che sia meglio quello che abbiamo ascoltato o facciamo rispetto a quest’ultima, semplicemente è una cosa che in genere, salvo eccezioni, non ci interessa.
Penso che il sistema oggi, ma è cosa nota, sia troppo schiacciato sull’apparenza: si dice che il Music Business sia così e ci si deve adattare… ma onestamente penso sia una scusa. Si fa tutto questa continua promo sull’immagine semplicemente perché la produzione musicale negli ultimi vent’anni è decuplicata, ma non si vuole riconoscere che, banalmente, molto di ciò che esce non è granché, mediocre per non dire peggio.
I giovanissimi sono i più segnati da questo: di solito non suonano uno strumento, non passano le sere della settimana nei pub disastrati a guardare chi suona da anni e ha tecnica e conoscenza della melodia e dell’armonia, o suona altri generi e può così farti scoprire cose che non credevi neppure possibili. Basta spendere denari in sponsorizzazioni e se diventi virale per 2 giorni è fatta, questa è la mentalità. Penso che il manifesto di questa banalizzazione sia l’abbondanza dei featuring: ce ne sono centinaia al giorno. Paghi uno perché faccia una strofa e ti dia così un pezzetto della sua notorietà. Così la base la compri con l’arrangiamento, il mix lo paghi, anche il master e poi ti affitti la strofa dell’artista “grosso” di turno: e le canzoni hanno alla fine 10-12 mani. Penso sia degradante e sbagliato: una canzone è una cosa intima, totalmente personale.
Certe volte non permettiamo agli altri nemmeno di fare i cori in sottofondo. Preferiamo venga un po’ peggio un passaggio ma che la canzone rimanga tutta nostra, piuttosto che cedere al compromesso che qualcun altro metta le mani sulla nostra musica in corso d’opera.
La musica è di chi la vive, mentre la scrive e mentre l’ascolta, e di nessun altro.
All’interno dei gruppi, anche minigruppi, c’è sempre qualcuno che prende decisioni anche per gli altri, chi è fra voi?
Forse io, ma non è questione di rapporti di potere o di leader. Più che altro viene dal fatto che io sono certamente quello più emotivo e coinvolto nelle cose che facciamo. Faccio da 0 a 100 in un secondo perché in realtà parto già da 75. Michele è la parte più razionale, pondera sulle cose e valuta pro e contro: ma quello che fa è vitale e imprescindibile. Mi corregge quando eccedo per troppo entusiasmo; semplicemente spesso prendiamo una piega che sembra venire più da me perché, mentre lui si prenderebbe qualche secondo per pensare io ho già risposto, cambiato idea e risposto di nuovo. Ma alla fine da quel momento senza il suo apporto razionale non faremmo nulla oltre il primissimo passo: possiamo dire che io scelgo il sentiero da imboccare, ma lui poi finisce per guidare la marcia… ma anche questa è una semplificazione ingiusta e non vera.
Direi che siamo una perfetta diarchia: ci bilanciamo molto bene ed entrambi diamo sempre la più massima rilevanza alla posizione dell’altro. Ci fidiamo ciecamente l’uno del parere dell’altro e sappiamo che tutto ciò che siamo e facciamo è frutto di un lavoro 50 e 50.
Avete uno o più manager che vi seguono?
Da quest’estate abbiamo firmato il nostro primo contratto con Le Stanze Dischi: è un’etichetta neonata, di piccole dimensioni; quindi, direi che più che vari manager abbiamo degli amici, quasi una seconda famiglia, che ci guida giorno dopo giorno. Ci stanno aiutando moltissimo a crescere. Hanno capito che ELLE è un personaggio vivo, a sé, che ha bisogno di crescere continuamente. Per questo le sonorità e il nostro futuro andranno a distaccarsi molto da Oasi. Abbiamo fatto una cosa e crediamo sia venuta bene: ora vogliamo farne un’altra… e dopo poco un’altra ancora. Andrea, Simo, Davide e Ale l’hanno capito e ognuno, con la sua diversa esperienza e il proprio background sta dando un contributo fondamentale.
I vostri progetti futuri quali sono? Sanremo è finito da poco: vi attira quel tipo di situazione (dove comandano le case discografiche)?
Andiamo giorno per giorno. L’obbiettivo rimane sempre quello di portare la nostra musica a più persone possibile e che loro se ne innamorino.
Speriamo di far uscire un nuovo singolo tra Marzo e Aprile: sarà una cosa grossa perché segnerà un nuovo corso tanto nelle sonorità, quanto nella lirica e nell’estetica di ELLE… perciò vi conviene non perdervelo.
Sul festival: inutile negare che Sanremo sarebbe una vetrina immensa e utilissima per la nostra notorietà. Riflettendo un secondo però direi che la nostra musica e la nostra attitudine come artisti non è certamente la prima scelta per le etichette discografiche attuali… ma è già successo che artisti che non si sono accodati al carrozzone della musica del momento, ma hanno continuato a rimanere loro stessi, hanno alla fine imposto la linea: magari toccherà ai Lamponi di Piombo questa volta. Major che dominano o meno noi crediamo sempre che la spontaneità sia l’unica forma d’arte più bella della musica, e a che alla fine paghi sempre.
Grazie a te e che ci sia sempre buona musica ad accompagnarvi.
Vi ringrazio e vi saluto, augurandovi fortuna e successo.
Il passaggio sul featuring mi trova molto d’accordo, come pure tutta l’apparenza di cui siamo bombardati, la musica è suono, non immagine, le cose non vanno confuse.
Ed inoltre credo che ELLE a colpirà nel segno e farà successo, un personaggio persona, che non ha bisogno di vestirsi da maschera perché è esso stesso una maschera, che come poc’anzi ho scritto, definisce la persona.
Nessun commento:
Posta un commento
Si ricorda che i commenti sono soggetti ad approvazione dell'amministratore, pertanto potrebbero essere necessari alcuni giorni prima di visualizzarli.