Una serata in zona, la zona 8, zona cinese di Milano, da casa una bella passeggiata e si raggiunge questa perla di Milano, della subcultura metropolitana. Un piccolo teatro stabile e storico di Milano.
Questa sera mettono in scena Pirandello con Uno nessuno centomila, con adattamento di Renato Gabrielli, lo spettacolo è inserito nell’abbonamento Invito a teatro infatti c’è più gente del solito e anche l’età è più varia, ci sono tanti giovani intellettuali.
Prima dello spettacolo ci siamo accomodati al Bistrot del teatro e con pochi euro abbiamo bevuto un buon aperitivo, in un bell’ambiente a sfondo artistico con quadri alle pareti di arte astratta, colate di acrilico stile Pollock su bottiglie di plastica schiacciate o tela.
Alle 19.30 puntuale inizia lo spettacolo con tre attori: Mario Sala, che è quasi onnipresente all’Out Off, ed si dimostra bravissimo come sempre, che personalità interessante, la bellissima e giovane protagonista donna Stella Piccioni dai capelli lunghissimi e lucenti e il bravo protagonista Gaetano Callegaro che sarà Vitangelo Moscarda, l’Uno nessuno e centomila.
Lo spettacolo ha scenografie scarne ma salienti e ricche di arte con bellissimi quadri astratti proiettati sugli sfondi bianchi, qui sempre con poco spazio e tanta creatività i teatranti riescono a produrre spettacoli ricchi e interessanti.
In scena solo tre personaggi in uno, l’uno è sempre Vitangelo Moscarda, sono le sue tre incarnazioni che girano, parlano, si scambiano battute e creano la storia frammentata. Va in scena la storia di un uomo ordinario, che un giorno, per una banale osservazione della moglie, comincia a mettere in discussione la propria identità, anzi la destruttura pezzo dopo pezzo con un’ostinazione coraggiosa quanto insana.
Rivolgere lo sguardo alla propria coscienza significa intravederne con orrore la minaccia dello sdoppiamento, il baratro della disgregazione.
L’individuo per Pirandello non è vero se non fino ad un certo punto, al di là del quale egli non conosce altro di sé che il frantumarsi dell’interiorità in proteiformi parvenze. Anche per Pirandello l’io non è unitario. Quello che sembrava un nucleo irriducibile e monolitico si moltiplica come in un prisma. L’io esteriore non ha lo stesso volto dell’io segreto: è solo una maschera, che l’uomo inconsciamente assume per un adeguamento a comportamenti collettivi, ognuno a suo modo, in un gioco di mobili prospettive.
Per sua propria scelta l’adattatore Gabrielli ha scelto solo discorsi tratti direttamente dal romanzo pirandelliano, non riscritti né semplificati o attualizzati. La scomposizione del personaggio sta al centro, io chi sono e come mi vedono gli altri, tema centrale dell’opera… sul finire Callegaro, il protagonista, dice ”il nome è una epigrafe funeraria”.
Viene descritta a tratti la storia di Vitangelo con l’epilogo dell’ospizio, lui il banchiere, detto dagli altri due l’usuraio, accusato dai clochard meravigliosamente mal vestiti e riluttanti e gobbi in scena, che sono Sala e la Piccioni.
Bravi, è difficile riuscire a fare una breve opera recitata maestosamente su di un tema così difficile quello dell’identità e grazie al genio di Pirandello che ci ha insegnato a suo modo l’arte della psicanalisi, precursore, genio unico.
Serena Rossi
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