Imbécile! – de son empire
si nos efforts te délivraient,
tes baisers ressusciteraient
le cadavre de ton vampire!
Charles Baudelaire, Le vampire
Nosferatu il vampiro, capolavoro del cinema dell’orrore, prima trasposizione del noto romanzo Dracula, può essere letto come la messinscena dei lati più perversi e pericolosi che abitano l’animo umano.
Vari sono i punti che rendono interessante questo lavoro, attorno al quale, nel corso dei decenni, si sono legate varie e tetre leggende, una di queste, ad esempio, racconta di un viaggio nei Carpazi di Murnau per scovare un vero vampiro.
Il primo punto è l’immagine che viene proposta del vampiro. Bela Lugosi e Christopher Lee, tra i tanti, hanno dato vita ad un conte pieno di fascino tenebroso e magnetico; il vampiro di Murnau, invece, è calvo, ha il naso aquilino e le orecchie a punta, i denti davanti, simili a delle zanne, gli conferiscono l’aspetto di un roditore. Il conte Orlok non è affatto affascinante, anzi, il suo aspetto è grottesco e ripugnante. Il vampiro rappresenta il male assoluto e questa malvagità dell’animo si riflette nella sua figura sgraziata.
Un’altra caratteristica che lo differenzia dagli altri vampiri è l’assenza di umanità e razionalità. Si pensi, ad esempio, al Dracula di Francis Ford Coppola: è capace di provare emozioni, tra tutte l’amore quando rivede nella fotografia di Mina la donna amata secoli prima. Nosferatu, invece, non prova nessun sentimento, quando scatta la mezzanotte, ed esce fuori la sua vera natura vampiresca, le braccia e gli artigli si irrigidiscono e i suoi movimenti innaturali ricordano quelli di un robot. Il conte Orlok è puro istinto animale. Non è un caso che la sua natura viene accostata a quella dei predatori: ai topi, alle piante carnivore e ai polpi. Il vampiro risponde solo al proprio istinto.
Ed proprio sull’istintualità che giocano sia il romanzo che il lungometraggio, trasformando una storia dell’orrore in qualcosa di più profondo. Chi è Nosferatu? Esso non è altro che la parte istintuale dell’essere umano, quella che più lo rassomiglia agli animali e che è considerata immorale. Di conseguenza il vampiro è una creazione della società perbenista che si sforza di mettere a tacere quegli istinti considerati pericolosi. Ecco perché Nosferatu fa paura.
Il vampiro può essere ucciso solo se una vergine si sacrifica, facendo dimenticare al mostro il sorgere del sole. Ellen, la moglie di Thomas, risponde al modello. Nelle scene finali, quando ha ferma la decisione di sacrificarsi, si alza dal letto ed apre la finestra per far capire al conte che si concederà completamente ad esso. L’intera scena è permeata da uno strato di sottile sensualità, l’aprire la finestra ricorda molto quei segnali amorosi che danno le amate ai propri amanti. Poi la cinepresa si sofferma sullo sguardo cupido del conte, simile a quello degli amanti che bramano ardentemente. Il momento poi del sacrificio, quando Nosferatu si avventa sul collo di Ellen, è quello dell’amplesso. Ellen ha aperto la propria purezza verginale (rappresentata dalla camera da letto) permettendo alla parte istintuale del proprio animo (il conte Orlok) di prendere il sopravvento.
Non è la prima volta che il vampirismo si lega alla sessualità, si pensi ad esempio alle liriche in cui Charles Baudelaire paragona la propria donna ad un insaziabile vampiro. Nosferatu è attratto dal sangue, la prima cosa che nota nella foto di Ellen è il suo collo: incarna l’impulso sessuale del feticista.
Ma Nosferatu è anche il signore della notte; Ellen quando si concede muore: esso rappresenta anche l’istinto di distruzione, studiato da Sigmund Freud nel saggio Al di là del principio di piacere del 1920. È un tema classico quello dell’eros che si lega alla morte, lo si ritrova, ad esempio, nelle liriche del già citato Baudelaire, nelle novelle di Edgar Allan Poe, fino ai quadri di Egon Schiele. Il conte Orlok concretizza tutti quegli impulsi oscuri e perversi dell’animo umano, sia erotici che di morte, condannati come scandalosi.
Il vampiro esprime anche altro, quel lato oscuro dell’animo umano (fatto di odio e malcontento) che avrebbe portato, anni dopo, la Germania e l’Europa sull’orlo del secondo conflitto mondiale. La pellicola di Murnau venne filmata agli inizi degli anni Venti, pochi anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale; la Germania ne era uscita pesantemente sconfitta: gli accordi di Versailles le avevano imposto il pagamento di oltre centotrenta miliardi di franchi e la cessione di colonie e di territori a favore di altri Stati. La parabola della Repubblica di Weimar era attraversata da forti agitazioni e malcontenti, basti ricordare il Putsch di Kapp, del 1920, e quello di Monaco, nel 1923. Un’ombra minacciosa si aggirava per la Germania.
Nosferatu è un pericolo incombente che si profila all’orizzonte. Durante il suo viaggio verso Wisborg, rinchiuso dentro una bara piena di terra marcia e roditori, la macchina da presa cattura l’immagine della nave che viaggia a vele spiegate, bastano questi pochi fotogrammi a dare l’idea di una minaccia in avvicinamento ed ineluttabile. Si pensi poi al momento in cui il conte sta raggiungendo la camera da letto di Ellen: Murnau riprende la sua ombra proiettata sul muro da una fonte di luce, basta questo piccolo accorgimento a sottolineare il pericolo che Nosferatu materializza. Una minaccia stava avvicinandosi alla Germania del primo dopoguerra.
Terribile scoprire che alla sua uscita Nosferatu fu interpretato come un film antisemita, l’odio nei confronti degli ebrei era molto forte presso l’opinione pubblica che li raffigurava come dei cospiratori “succhia-sangue”. Tra gli ammiratori della pellicola ci fu un certo Julius Streicher, editore di un noto settimanale antisemita e collaboratore di Adolf Hitler.
L’incubo di Nosferatu era appena agli albori.
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